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Il fascino della violenza: il successo delle serie criminali

Con l'uscita della seconda stagione di Suburra, cogliamo l'occasione per parlare del successo del genere

La pistola è puntata alla tempia. Il metallo scalcia contro la carne, come un giorno di festa. La minaccia è lanciata, il proiettile saluta e l’uomo muore. Una scena dura che viene accolta dal pubblico con un quieta accondiscendenza. Tra tutti qualcuno proverà anche gioia: alla fine era il cattivo dei cattivi a morire. E poco importa che colui che abbia sparato non sia da meno, che non stia per diventarlo. Si applaude la morte come il climax di una puntata al cardiopalma. Suvvia, è violenza per finta. È tutto finto. Anche se ciò che rappresentano nelle serie è ispirato a vicende davvero accadute, non possiamo che apprezzare. A cosa è dovuto questo fascino per il male della società? Perché serie criminali come Suburra, Gomorra, Narcos, El Chapo, e chi ne voglia aggiungere potrebbe cantare una lista molto lunga, riscuotono così successo nel pubblico?

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Suburra

Una buona storia e buoni attori

 

Quando si sceglie di addentrarsi nel marcio e di descriverlo è meglio che chi lo faccia abbia lo stomaco per farlo. E soprattutto sappia cosa stia facendo. Raccontare una storia di violenza solo per il puro piacere della violenza potrà soddisfare a tratti, ma prima o poi stanca. Dopo troppo sangue non rimane che voltare lo sguardo. Per farlo senza uscire dal confine tra autocompiacimento e informazione c’è bisogno di una storia solida, che sappia cosa raccontare e come. Il male vince, ma non per sempre. O meglio, l’agente del male non è immortale. Nel momento in cui impugna un’arma stringe un patto. La prende come fedele sposa sapendo che potrà tradirlo. Alla fine tradisce sempre. E quando lo sguardo si poggia a terra è doveroso che quello sguardo appartenga ad un attore in grado di saperlo portare, di saper insegnare che il rimpianto è il peso peggiore infine. Una buona serie che vuole raccontare la criminalità, a tratti esaltata, deve poggiare su un cast di ottimi attori. E alla fine si apprezza la performance. Così sembrerebbe.

L’assuefazione alla violenza

Ormai un prodotto vale l’altro nel mondo dell’intrattenimento. I gusti, i consigli degli amici e la passività con cui si viene colpiti dai cataloghi hanno assuefatto la mente e annebbiato gli occhi. Si guarda per guardare e molto spesso per finire. Raramente si guarda per capire. E si diventa più lenti, più pigri, più stanchi, più assuefatti. Le intenzioni della serie muoiono nella voracità dell’intrattenimento. Il messaggio veicolato attraverso la violenza diventa quest’ultima e nient’altro. Un bel discorso intimidatorio porta a casa la statuetta, lasciando i veri vincitori da parte. E non serve neanche fare un riferimento alla società in cui viviamo, dove crimini e male vengono sbattuti in prima pagina ad ogni ora della giornata. Cambia il nemico, ma non l’arma. Il messaggio è tutto in una famosa citazione (rimaneggiata): “vediamo violenza ad ogni angolo di strada, in ogni abitazione … e la tolleriamo, la tolleriamo perché la consideriamo comune, insignificante, la tolleriamo mattina, pomeriggio e sera”. La società si evolve, e con essa tutto ciò che contiene.

NARCOS
Narcos

Il fine ultimo è il vero vincitore

 

Non serve fare la morale. È conoscenza tacita ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, e da quale lato pendere. Il fine di serie di questo tipo è empatizzare. Portare lo spettatore a tifare per un personaggio che nella vita quotidiana la società ha insegnato ad odiare. È cattivo, ma se c’è uno più cattivo di lui allora bene. È il fascino del male. Raccontare contesti di vita che conosciamo solo per letture o sentito dire, e far capire che due strade oltre la porta di casa esiste un’altra realtà. Sommersa da costrizioni e patti con il diavolo. È lì che serie così vincono. Dalla commistione tra buona storia, buoni attori e risveglio dall’indolenza quotidiana. Sono come uno schiaffo alla coscienza per spettatori che si faranno schiaffeggiare. Perché per la stragrande maggioranza dei casi rimarrà l’empatia di una stagione, ma per alcuni sarà uno schiaffo. L’unico modo per svegliarsi dal torpore è capire, conoscere, e serie di questo genere ne danno la possibilità. Coglietela.

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Mattia Russo

Laureato in Comunicazione, Marketing e Pubblicità per farla breve, e aspirante giornalista. Curioso per natura, dalla vena impicciona, tendo a leggere qualsiasi cosa, con un'inclinazione al fantasy. Non sono uno che ama i silenzi e parlo troppo. Pace.

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