Vikings è al culmine della seconda stagione, epico, eroico, leggendario, sappiamo come combattevano in Norvegia, nel passato, e sappiamo cosa cantavano i bardi e gli scaldi, non sappiamo bene come suonavano però. Ahinoi, forse non lo sapremo mai. Ma che musica c'è in Norvegia?
Mentre rincorriamo le parole tessute da Snorri e le loro misteriose regole, possiamo comunque cercarne la musica che questa terra ha tessuto nel tempo. Le tradizioni, e quello che musicisti moderni hanno preso e deciso di ricreare. Qui vi parleremo di qualche suggestione musicale con cui scoprire la Norvegia: certo non c’è la pretesa di imparare un’intera tradizione musicale, più di cominciare un viaggio. E magari vedere dove porterà, non aspettatevi solo Metal quindi!
Si parla più di villaggi, e di feste di paese, che non di déi. Oppure di notti solitarie, di poche persone attorno ad un fuoco: questo per esempio è il clima mentale che ci evoca il primo disco di cui vogliamo parlare.
Kveldssanger, degli Ulver. Sono stati, e sono tuttora, un gruppo bizzarrissimo: partiti da un black metal che parlava di foreste e fiabe minacciose, Kristoffer ‘Garm’ Rygg e compagni Lupi (è quello che significa ‘ulver’) hanno attraversato il folk, l’elettronica, l’ambient e la musica classica senza mai smettere di cambiare pelle. Con questo disco hanno imbracciato un suono intimo, evocativo e caldo: chitarre, violoncello, flauti e cori maschili. L’atmosfera è lenta e raccolta, notturna,e anche quando si suona una danza Halling c’è più il piacevole tepore protettivo di un fuoco che non la frenetica voglia di ballare. Le voci sono profonde e le note austere: facciamo uno sforzo di immaginazione e ci immaginiamo la vita di un’ideale Norvegia medievale, dei suoi uomini e donne temprate dal freddo e dalla vita dura, dei lupi che si aggirano nelle foreste. Kveldssanger continua ad affascinare tuttora, e lo troviamo un ottimo biglietto da visita per il folk scandinavo tutto.
Forlatt, di Vàli. Il misterioso artista/gruppo Vàli, della cui identità non si sa praticamente nulla, è un piccolo cult: fino a quest’anno, in cui è uscito il secondo album, aveva all’attivo solo questo Forlatt di nove anni fa. Se all’inizio può non sembrare tanto lontano dal mondo sonoro degli Ulver (del resto gli strumenti sono quelli) provate a chiudere gli occhi e seguire la musica, le voci di donna che ogni tanto si affacciano, i lamenti più acuti degli archi. Se gli Ulver hanno dipinto un mondo terreno e duro, dove la natura che circonda l’uomo è inclemente, questo mondo di Vàli sembra cercare di più i climi fatati delle leggende e dipingere un mondo vario, dove c’è spazio sia per timide danze che per incantesimi.
Gula Gula, di Mari Boine. Sarebbe in realtà un’ingiustizia chiamarla ‘musica norvegese’,perché con Mari Boine ci imbattiamo nella questione delicata della popolazione Sami (quelli che chiamiamo Lapponi.) La Boine, dall’ingannevole voce di ragazza, è da sempre impegnata a denunciare le discriminazioni che i Sami subiscono all’interno della società norvegese, e la sua musica è piena di richiami alla tradizione Sami in cui è cresciuta. Il joik, canto tradizionale che spesso fa uso di vocalizzi invece che di parole, viene accompagnato da influenze jazz, percussioni vivaci e chitarre dal suono lucente: il risultato è una musica tribale piena di vita, impetuosa e dolcissima ad alternanza.
Runaljod, di Wardruna.E qui si può appagare chi cercava qualcosa di solenne, mitico e adatto a rievocare miti e antichi racconti. Il progetto Wardruna nasce per creare musica rituale incentrata sulle rune, come i titoli spesso suggeriscono: e i suoni rincorrono esattamente quest’atmosfera. Tamburi minacciosi e ossessivi risuonano continuamente; la voce di Gaahl, altro nome importante della scena black metal, recita imperiosa e i canti di uomini e donne si susseguono.Violini risuonano, suoni di ruscelli e vento tessono il sottofondo, toni bassi dominano e l’atmosfera è di mistero e ricerca di una sapienza antica.
Peer Gynt, di Edvard Grieg. Difficile parlare di musica norvegese senza passare per Grieg, anche solo per i motivi del Mattino e della Sala del re della montagna che tutti conosciamo. Certo, legarlo alla tradizione è strano: in fondo il Peer Gynt che Grieg ha messo in musica è un lavoro teatrale di Ibsen, non certo una leggenda vecchia di secoli. Ma Grieg mise molto della cultura norvegese nella propria musica, anche se odiava i nazionalismi eccessivi (lo stesso Re della montagna lo scrisse con intento di parodia.) Ci resta comunque una serie di musiche che sanno di cieli chiari e viaggi che forse non avranno una buona fine.
L'album Fever Ray di Karin Dreijer Andersson invece viene dalla vicina Svezia e lo nominiamo proprio perché racchiude il singolo "if i Had a Heart" che è la canzone che fa da sfondo agli stupendi opening credits di Vikings!
In sostanza, ci sarebbe tantissimo da dire ancora, e tanti altri nomi da fare, per esempio i Gaate o i Folque, il pop orecchiabilissimo del violinista Alexander Rybak o gli innumerevoli gruppi metal che, senza fare veri album folk, hanno spesso e volentieri usato intermezzi per arricchire la loro poetica pagana. O ancora di più si potrebbe parlare delle altre nazioni scandinave, specie Svezia e Finlandia, e i nomi preziosi che hanno attinto dalle tradizioni musicali: dagli Hedningarna ai Gjallarhorn ai Tenhi, Moonsorrow e così via.
Insomma c'è un mondo rigogliosissimo di suoni sotto il freddo. Se vi siete incuriositi, siate sicuri: il viaggio è solo iniziato.