LUCCA – Valerio Lundini mette una pezza anche a Lucca Comics & Games 2022: il comico romano presenta il suo libro e incontra i fan, che tracciano una coda lunghissima fuori dal Salone dell’Arcivescovado per l’evento “L’intervista impossibile”. Ma la pazienza ripaga: Alessandro ‘DocManhattan’ Apreda intervista Lundini, per poi lasciare spazio per le curiosità dei fan.
Valerio Lundini a Lucca Comics & Games 2022
Dagli spettacoli romani, al successo di Battute e di Una Pezza di Lundini, la comicità surrealista e imbarazzante di Valerio Lundini ha conquistato tantissimi fan. Che si sono messi in coda per incontrarlo e per acquistare il suo nuovo libro Foto Mosse di Famiglie Immobili, edito da Rizzoli Lizard dopo il successo l’anno scorso di Era Meglio il Libro.
Su un podio in una sala circondata di ritratti degli Arcivescovi di Lucca, Valerio Lundini racconta il suo nuovo libro con la sua comicità esplosiva. Dopo aver dato il benvenuto con fare quasi timido, Lundini inizia a sfornare battute ogni frase, una valanga di risposte divertenti e commenti taglienti.
Ma prima dice ad Apreda: “Fallo vedere il libro. No, questo è quello vecchio” e si fa passare la copia che ha comprato un ragazzo in prima fila. “Il nuovo libro non ce l’ho, me lo presti?”
Un libro comico fin dalla dedica
Lundini inizia spiegando che il libro “L’ho dedicato a mia figlia Lucilla, indagata” per una serie di reati lunga una pagina. “Io non ho una figlia ma lo trovo divertente. Perché è assurdo, sono adolescente. Anche se adesso ho 36 anni e quindi potrei avere una figlia che sarebbe mia coetanea. Cioè coetanea di quando l’ho partorita”.
La stranezza di dedicare il proprio libro suscita stupore, specie quando va in programmi televisivi a presentare il libro. “Mi hanno chiesto tre cose: non parliamo di Memo Remigi, ma è vera questa figlia e un’altra che non ricordo bene”.
Anche il titolo in realtà sembra un gioco di parole divertente, ma Lundini minimizza: “I titoli li metto a caso. Però questo sembra una cosa che c’è un pensiero dietro“.
Valerio Lundini a Lucca Comics & Games 2022: un libro per raccontare quello che non si può in TV
Lundini continua spiegando che le sue idee per creare romanzi arrivano dappertutto. “Nel primo libro avevo scritto di un ostello in cui mi ero trovato male. Non volevo fare la recensione, ma su Tripadvisor qualcuno faceva dei bei commenti quindi ho fatto una brutta recensione io. E mi hanno risposto in maniera molto piccata. ‘Beh, guardi l’acqua era potabilissima’. Poi mi sono immaginato un dialogo continuo, che non penso si possa fare su Tripadvisor, un botta e risposta. Ma questo è il vecchio libro, fammi le domande su quello nuovo!” ammonisce sorridendo il suo interlocutore.
Ma a volte l’ispirazione arriva dalle incomprensioni. “A volte ascolto una canzone in inglese e capisco una cosa diversa. Per esempio, sentivo Chuck Berry che diceva I’m so glad it wasn’t me, ma invece non era quello. Io però ci ho scritto una canzone con quel significato. Con il libro ho fatto lo stesso. Perchè io di solito leggo le prime pagine, poi mi distraggo e smetto di leggerli. E vado avanti io raccontarli“.
Ma dice che non ha un’ispirazione diretta quando si tratta del nuovo libro. “Io purtroppo leggo pochissimo, non riesco a finire i libri. Degli italiani che fanno racconti ironici mi piace Maurizio Milani, che è quello che piace agli addetti ai lavori. Adoro i tre libri di Rocco Tanica, Alessandro Gori è uno dei migliori. Ho letto un libro di BJ Novak, i racconti di Woody Allen sono meglio dei film (che invece sono penosi). Ma non sto dicendo quelli che mi piacciono, solo quelli che ho finito“.
Lundini spiega poi che l’esigenza di scrivere un libro arriva anche dalla necessità di creare storie che non potrebbero stare in tv. “Spesso i racconti sono cose che volevo fare come opere teatrali e sketch sul mio programma, ma erano difficili. In uno c’era Sean lennon, il figlio di John e Yoko Ono, ma non era facile scritturarlo. Con i libri è più facile, puoi anche far pensare cose ai personaggi per esempio. E poi alcune cose si basano su questioni temporali che non puoi fare se non nello scritto“.
Far ridere, senza porsi aspettative
La comicità di Lundini non sempre arriva a tutti, ma questo non crea problemi al comico romano. “Io parto dal presupposto che il libro tanto non lo leggono. Ma anche in televisione ho fatto così. Il mio programma nasce nel 2020 sotto il Covid (proprio ‘prodotto da’), andando in terza serata d’estate. L’ho fatto perché piacesse solo a me, anche perché chi se lo sarebbe guardato. Ma poi l’hanno spostato a settembre ed era carino vedere cose che avevo fatto due mesi prima. Un po’ mi ha commosso. Mia figlia Elodie piangeva accanto a me, poi l’ho lasciata in macchina con il caldo… fortunatamente si rifanno, no?”
Quindi una chiave per far ridere ‘alla Lundini’ e fare qualcosa che faccia ridere soprattutto se stessi. “Il libro tanto chi lo compra già spende dei soldi, se arriva a metà vuol dire che gli sta piacendo. Poi infatti da lì inizia a peggiorare. Però l’ultimo racconto è carino”.
Valerio Lundini a Lucca, trovare la comicità ovunque sia
Nessun tema tabù, ma senza sentirsi un martire della comicità. “Io non voglio fare quello che dice ‘no ma la gente non lo capisce’. A parte che tanto non fa ridere leggere i libri, a voi fa ridere? Io ho fatto un paio di racconti in questo libro sulla morte di Gigi Proietti, un altro sulla morte di un regista”.
Ma “Ci tengo a dirlo che questo io narrante è un po’ indecente, non sono io. Infatti l’ho fatto chiamare da qualcuno ‘Michele’, così si capisce che non sono io. Però vi assicuro che l’ultimo racconto è carino. Parla di questa discoteca trasgressivissima in cui non ti fanno entrare a Berlino. Io non ci sono mai stato, però ho ambientato la storia lì. Un’avventura all’insegna della trasgressione, in cui mi fanno entrare perché avevo la Bull Boys e lo zaino dell’Invicta. E dove a mezzanotte mettono la musica del Ciclone. La cosa bella è che non puoi fare fotografie, quindi nessuno ha prove che ho scritto a caso. Tanto il mio pubblico non ha la faccia che lo fanno entrare al Berghain”.
Non è vero che non si può più dire niente
Lundini spesso divide con il suo umorismo, con qualcuno che non capisce quando sta scherzando. Per esempio molti hanno trovato fuori luogo la sua gag al concerto del Primo Maggio, dove la sua canzone per la Pace era talmente potente che Putin (“ma vi do questa esclusiva, non era lui”) chiama per fermare il conflitto in diretta.
“Spesso non capiscono il mio umorismo. Lecito, giusto, normale. Al Primo Maggio mentre facevo quella canzone ero positivo al Covid, questa è la prima volta che lo dico pubblicamente. Ma ho la sensazione che un po’ tutti ce l’avevano. L’unica cosa di cui mi pento è che ho contagiato Ambra Angiolini che purtroppo ci ha lasciato. Un applauso“.
Ma Lundini non aveva paura di venir censurato. Anzi, “l’unica cosa di cui ho paura che la persona che schiaccia play sulla telefonata registrata si distragga”.
E quando gli chiedono se è vero che non si possa più dire niente, che esiste la ‘dittatura del politicamente corretto’, Valerio Lundini racconta al pubblico di Lucca che non è affatto così. “Questa è la domanda più fatta dopo ‘cosa hai fatto in quarantena’. Secondo me è più uno spauracchio, alle persone piace dire di poter essere censurati. Rispetto al passato possiamo dire molte più cose. Questo mito che non si possono fare le cose nasce su Twitter, ma le persone che ti insultano nei commenti non sono censura. A parte Memo Remigi, o il caso di Bigazzi che è il cuoco che si mangia i gatti. Cosa che io faccio regolarmente e comunque lavoro in RAI. Per il resto mi sembra che al massimo rischi qualche insulto online e qualche tiratina di orecchie.
“Quelli che fanno gli eroi dicendo ‘io lo dico allo stesso’ non li capisco, non ci sono dei grandi rischi. Forse le bestemmie. Non che io vorrei che Carlo Conti bestemmiasse sulla RAI. Secondo me la censura al massimo è uno stimolo, so che in Toscana le bestemmie no, qui è parte della vita quotidiana, ma nel resto di Italia non vogliono che si dicano”.
Far ridere è facile
Quando Apreda gli fa notare che qualcuno dice che assomiglia a Robert Downey Jr, dice “Assomiglio a Robert Downey Jr, ma solo quando metto la maschera di Iron Man. Alle medie dicevano Max Biagi, qualcuno ha detto Luca Kessisoglu“. Ma al di là dei paragoni Hollywoodiani, Lundini non pensa di dover diventare un attore anche drammatico. Perché non è vero che è più facile far piangere che ridere.
“Non è così difficile far ridere. Alla fine fai ridere anche se dici una sciocchezza come che Ambra Angiolini è morta. La parte drammatica è difficile perché alcuni film italiani sono bruttamente drammatici, rischiano di essere patetici. Ma io direi che la distinzione fra comico e drammatica è una cosa del passato. Un film drammatico senza un filo di ironia diventa patetico, se non si prende un po’ in giro non sembra più reale. Così come i film divertenti hanno spesso un sottotesto drammatico. Proprio questo rende completa una storia. Nel cinema italiano mi manca quel filone di Sordi o del primo Verdone, con quel tocco drammatico nel film comico. Se una cosa è scritta bene funziona anche se è commedia“.
Valerio Lundini a Lucca 2022, un artista poliedrico (?)
Quando dal pubblico gli fanno notare che sa passare da un medium all’altro, lui ci scherza sopra. “Grazie per il poliedrico, in realtà provo a fare tutto in maniera medio-buona. Io ho difficoltà quando c’è grande aspettativa. Di solito provo a magnificare, se mi chiedono com’è il libro dico ‘è un capolavoro’, quindi sembra una battuta. Nel fare il mio show non ero agitato, mi viene ansia da prestazione se mi invitano in cose d’altri. Anche il suonare lo faccio solo con la mia band“.
I Vazzanikki, il cui nome suscita sempre punti interrogativi. “Il nome della band I Vazzanikki ci fu suggerito da Greg mille anni fa, stavamo facendo battute di questo genere, tipo ‘I Reni Grandi’. Abbiamo scelto un po’ a caso i Vazzanikki. Ma non serviva a nulla perché non lo trovavano su internet. Mettevano il trattino fra i e Vazzaniki, che mi faceva arrabbiare. Loro pensavano che il gioco di parole c’era solo con il trattino. Potevamo essere qualcosa in meno dei Sugar Free, ma prima del programma non l’hanno capito. C’era il nome sulla batteria“.
La quasi omonima della band ha scoperto da poco di questo gioco di parole. “Iva Zanicchi ha scoperto da poco chi siamo, perché ha sentito che ci annunciavano al Primo Maggio e ha detto ‘ma io sto a casa’. Mi hanno detto che qualcuno è venuto a vederci pensando fosse lei. A Ostia una signora, mentre facevamo il soundcheck, ha detto I Vazzanikki e lei ha detto ‘chi sono?’. Quindi aveva capito anche lei la battuta. Non è così difficile”.
Dai fumetti, ai podcast, al musical
Valerio Lundini spiega che stare a Lucca lo mette a suo agio, anche perché è stato un fumettista in erba. “Ho fatto un corso alla Scuola Romana dei Fumetti, che è a Roma (a Verona hanno lo stadio romano, quindi poteva stare anche a Verona). Ma facevo più fumetti prima di andarci, quando ho imparato a farlo sono diventato molto più severo. Tavole a fumetti non ne faccio da tempo. Io vorrei fare solo quello, però non ho tempo e sono troppo severo con me stesso“.
Ma non sono i fumetti il suo sogno nel cassetto. “Io vorrei scrivere un musical, ma vorrei farlo con i soldi che ci mettono a Broadway. Prima dell’idea mi serve il budget, se hai tanti soldi ti vengono più idee. Ma sto aspettando di aspettare un sacco pieno di dollari con un segno del dollaro sopra, poi lo scrivo”.
Invece, per il momento non vuole fare come molti sui colleghi e puntare sul mondo dei podcast. “I podcast per funzionare servono tante puntate, ho paura di rompere le scatole. Forse lo farò, per adesso mi piace fare cose più brevi. Però mi piace fare l’ospite, se li fai tutti è come se ne avessi uno tuo. Raccoglierò tutte le puntate e il podcast che ci esce lo chiamo Ospite. Questa è la mia prima idea nuova che ho da anni”.
Il mondo del cinema
Dal pubblico chiedono a Lundini se alla fine l’ha visto il film Siccità, di Paolo Virzì. Un richiamo a Una Pezza di Lundini nell’ultima stagione. “Io lo sapevo già che il film Siccità ci fosse. Spiego per chi non seguiva il programma: Emanuela Fanelli aveva girato questo film con Virzì. Ma questo continuava a non uscire, prima per la pandemia poi non sapevamo perché. E quindi avevo il dubbio che Emanuela non l’avesse fatto. Da quel dubbio è nato lo stimolo per la puntata in cui lei si arrabbiava perché non credevo l’avesse fatto. Ma molti pensavano che il film non esistesse per davvero, anche quando Virzì è venuto nel programma con Emanuela. Quando è uscito mi sono arrivati un trilione di messaggi ‘oh esiste davvero’. Tra l’altro ancora non l’ho visto. Voi sì? Com’è? C’è Emanuela?”.
Ma lui al momento non si sente pronto a mettersi su un set a fare la regia di un film. “Non ho mai avuto l’idea per una sceneggiatura lunga. Ho fatto di recente un film da co-protagonista, ma non era scritto con me. Siamo io e Sergio Castellitto, lui truccato da centenario. Volevo capire quanto era difficile fare un film: ho visto, è una ca***ta, si fa”.
Tuttavia, restano alcuni punti di attrito. “Io ho il problema che chiamo telecamera la telecamera, che agli operatori al cinema li fa arrabbiare perché non è il termine tecnico. Non sono pronto, per una questione lessicale soprattutto”.
Per il momento però resta il libro di Valerio Lundini: Foto Mosse di Famiglie Immobili. Che se provoca anche solo una frazione delle risate che il suo autore ha ottenuto a Lucca, sarà un grande successo.
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