A differenza di molti altri artisti, Tullio Pericoli, non è uno che fa il misterioso rispetto al proprio lavoro: lo spiega, lo analizza fin dove sa, lo rivela fin dove può, ma lascia comunque che qualche mistero rimanga. Per questo motivo, quando si osservano i suoi paesaggi rarefatti o i suoi ritratti è sempre interessante ascoltare cosa il pittore ha da dire al riguardo, magari sfogliando uno dei suoi libri.
Pericoli è nato a Colli del Tronto, all'estremo margine meridionale delle Marche, l'altra sponda del fiume è infatti già Abruzzo. Questo suo essere uomo di confine geografico si riflette anche a livello professionale: non appartiene a nessuna corrente artistica e a nessun gruppo, il suo lavoro non può considerarsi racchiuso nell'ambito della sola pittura. Ha disegnato a lungo per i giornali, ha una rubrica di satira con Emanuele Pirella su La Repubblica, è stato uno scenografo ed un regista teatrale. Nel suo studio di Milano, in mezzo alle matite, ai pennelli ed ai colori, si trovano anche strumenti isoliti per un pittore, come spazzole per gatti, pennelli con fili di ferro e borotalco. Eppure ogni cosa sembra trovarsi naturalmente al proprio posto.
Nelle prime righe di Storie della mia matita, Pericoli scrive: Migliaia di anni fa gli uomini vivevano sulla terra credendo di essere dentro un dipinto, un grande dipinto, opera perfetta di un ignoto maestro. Quando uno di loro prese un tizzone annerito dal fuoco e tracciò una linea su una parete di pietra tutto cambiò: gli uomini capirono che non erano dentro un dipinto, ma quel dipinto lo potevano ricreare su una parete. Disegnare e dipingere diventava una grande gioia, la gioia, appunto, della creazione.
Questa visione del segno come espressione viva della materia e del mondo come un grande dipinto che scaturisce dalla matita, si traduce nelle centinaia di vedute di paesaggi disegnati da Pericoli nel corso dei decenni.
Chi osserva i paesaggi disegnati da Tullio Pericoli si accorge che insieme costruiscono un vero e proprio racconto di quella terra e dei suoi segreti, e spesso ai margini di alcuni di essi compare il pittore stesso: i paesaggi escono dal pennello, ma sono visti e ripensati dall'artista che dipinge anche se stesso mentre li realizza. Lo strumento da disegno, la matita, diventa come un sesto dito, una parte integrante e viva del proprio corpo e della propria mente.
In realtà sarebbe sbagliato parlare di pittura di paesaggio. Pericoli non si è ispirato a Lorrain, a Constable o agli impressionisti. Egli piuttosto, guardando in prospettiva o dall'alto, riduce appezzamenti di terreno, fazzoletti di terra arata, boschi, colline e cieli a variazioni interminate di un patchwork che si stempera in astrazioni successive; e mentre astrae tuttavia interroga la materia che esplora. scriveva Umberto Eco, amico stretto di Pericoli.
La nostra amicizia ha quasi una data di nascita, che ho ritrovato in una lettera del 14 giugno 1977 - ricorda Tullio Pericoli, al quale Umberto Eco aveva scritto per chiedergli l’originale di una vignetta apparsa nell’allora rubrica a fumetti del Corriere della Sera, poiché in essa Pericoli aveva rappresentato per la prima volta proprio Eco. Da allora, l’artista ha riprodotto le sembianze di Eco moltissime altre volte.
La sua faccia era, per me, un esperimento continuo e lui lo sapeva, infatti quando si tagliava la barba mi chiedeva quasi scusa. Mi ricordo addirittura che in una sera di Capodanno gli ho rifatto la barba – se l’era tagliata – con un tappo di champagne carbonizzato, perché senza barba, non riuscivo neanche a guardarlo. Poi se l’è fatta ricrescere.
Quindi non solo paesaggi, ma anche ritratti, principalmente di scrittori ed intellettuali. Pericoli ha la straordinaria capacità, con pochi tratti della propria matita, di riuscire a catturare l'anima stessa della persona da lui rappresentata. Col ritrarre un volto, di fatto ritrae un pensiero, una visione del mondo, uno stile poetico o narrativo. Perchè alla fine ogni persona è come un piccolo mondo a sé stante, per Pericoli. Un mondo con i propri paesaggi ed i propri climi. Per questo i paesaggi di Pericoli saranno sempre così vivi nella propria sintesi, ed i ritratti saranno delle finestre su interi mondi.
Poco dopo i tragici avvenimenti di Charlie Hebdo, Tullio Pericoli fece per Il Sole 24 Ore un disegno in cui si vedeva una matita dalla cui punta usciva il mondo nella sua rappresentazione ridotta e simbolica. In primo piano c'era proprio lo strumento con il quale era stato realizzato: la matita, offesa e spezzata nelle mani degli autori di Charlie Hebdo, assassinati dai terroristi. Non si uccide una matita. – afferma Pericoli – Da una matita può uscire il mondo intero e dunque anche noi, che siamo fatalmente legati a quella matita che per prima ci ha disegnati.
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