Lo scorso 5 giugno è uscita la quarta ed ultima stagione di Tredici (Thirteen Reasons Why), serie originale targata Netflix ed ispirata all’omonimo libro di Jay Asher.
La serie, pubblicata per la prima volta sulla piattaforma nel 2017, ha riscosso molto successo e nel corso degli anni, nel bene e nel male, ha fatto parlare di sé. Purtroppo diverse scelte da parte dei produttori e degli sceneggiatori hanno fatto storcere il naso a moltissimi fan, svalutando l’intera serie che era iniziata egregiamente con la prima stagione.
Andiamo ad analizzare cosa è andato storto con Tredici.
All’interno dell’articolo troverete spoiler relativi ad ogni stagione della serie, dalla prima alla quarta!
L’inizio di Thirteen Reasons Why: Hannah Baker e le cassette
La prima stagione ha come protagonista Hannah Baker, una giovane liceale che si è tolta la vita in seguito a numerosi atti di bullismo. La giovane, prima di togliersi la vita, ha registrato delle cassette in cui spiega i tredici motivi per i quali ha deciso di prendere quella drastica decisione.
Successivamente le cassette sono state spedite a tutte le persone colpevoli di averla, in qualche modo, bullizzata. La vicenda poi si sposta su Clay Jenses, un ragazzo timido che conosceva Hannah e che, per uno strano caso del destino, ha ricevuto le cassette.
La prima stagione è stata un vero e proprio successo. I temi trattati sono vari e molto delicati, a volte crudi e difficili da digerire. Un’attenzione simile a temi importanti come questi, ricorda molto una serie del lontano 2007: Skins.
La prima stagione si è trovata al centro di un vortice di applausi e critiche, che ovviamente non mancano mai. Venne accusata, innanzitutto, di aver trattato temi troppo delicati (quali depressione, violenza fisica, atti di bullismo e anche suicidio) senza mettere un warning iniziale.
La cosa è stata successivamente risolta: all’inizio di ogni episodio troviamo un video in cui gli attori principali affermano che questa serie potrebbe non essere adatta a coloro che stanno attraversando un periodo brutto o hanno a che fare con problemi simili. Dovrebbero, quindi, guardarla insieme ad un adulto.
Oltretutto ogni episodio termina con un numero di emergenza e un sito per tutti coloro hanno bisogno d’aiuto.
Le critiche da parte del pubblico sono però state pesanti principalmente per una delle scene più crude, quella in cui vediamo chiaramente la protagonista compiere atti di autolesionismo. La scena, dopo pochi mesi, è stata tagliata e sistemata. Questa scelta credo sia stata avventata. Nel libro, Hannah ingerisce delle pillole mentre nella serie hanno scelto di mostrare al pubblico qualcosa di più crudo.
Lo scopo dei produttori era quello di mostrare al pubblico quanto fosse difficile prendere quella decisione. Volevano mostrare loro che il suicidio non è una soluzione e che vi erano modi migliori per affrontare la situazione. Bryan Yorkey, showrunner della serie, ha affermato:
“Il nostro scopo nel rappresentare la brutta e dolorosa realtà del suicidio in modo così dettagliato nella prima stagione, era quello di dire la verità sull’orrore di un tale atto e assicurarsi che nessuno avrebbe mai voluto emularlo“.
Ammetto però che il finale ha lasciato di stucco anche me, quindi comprendo il motivo per cui abbiano accettato di sistemarla. Molte persone, specialmente quelle più sensibili a questi temi, potrebbero soffrirne.
Alcune persone si sono anche lamentate del fatto che, secondo loro, le motivazioni date dalla protagonista non sono valide per togliersi la vita (escludendo lo stupro da parte di Bryce). È praticamente impossibile dare giudizi su situazioni del genere se non le hai vissute. Ed è per questo che tacere, il più delle volte, è la scelta migliore.
Nonostante le critiche, la serie è stata anche acclamata. Molte persone vittime di depressione e che hanno vissuto situazioni simili, si sono sentite capite e in qualche modo rassicurate. Hanno addirittura mandato lettere agli attori e produttori, ringraziandoli del meraviglioso lavoro svolto.
Personalmente ho trovato la prima stagione davvero ben realizzata ed emozionante. Ho apprezzato moltissimo la narrazione e i vari sbalzi temporali, tra flashback e momenti presenti, sottolineati da un netto cambio di colore ed intensità. Colori vibranti per il passato e colori più spenti per il presente, un po’ ad indicare lo stato d’animo dei personaggi.
Avendo guardato la serie in lingua originale, sono anche rimasta sorpresa dalla bravura di tutti gli attori, nessuno escluso. I temi sono stati duri, ci sono alcuni episodi che io stessa ho faticato a guardare, sia perché mi rivedevo in alcuni personaggi, sia perché erano semplicemente poco piacevoli da vedere.
L’adolescenza, per molti, non è stato un periodo semplice.
Nonostante ciò, ritengo che i temi siano stati trattati egregiamente. Decidere di fare una serie TV in cui si trattano argomenti del genere, non è facile. Non è poi semplice rappresentare la vita di un adolescente perché si tratta di un periodo difficile, pieno di cambiamenti e ci si trova, a volte, con l’acqua alla gola.
Ritengo che Tredici, con la prima stagione, sia riuscita nel suo intento e che abbia realizzato una stagione unica, dolorosa ma anche in grado di far aprire gli occhi, non solo degli adolescenti ma anche degli adulti.
Tutto sommato, Tredici ha avuto un ottimo debutto. La storia, narrata attraverso le cassette di Hannah, ha un tocco particolare ed è stata interessante, intrigante e unica nel suo genere. È riuscita a tenere il pubblico incollato allo schermo, perché episodio dopo episodio voleva saperne di più.
Questa prima stagione, almeno dal mio umile punto di vista, si è rivelata un vero tornado di emozioni. Non è per nulla semplice parlare, o quanto meno mettere in scena in modo realistico malattie mentali. I produttori ci sono riusciti.
L’annuncio di una seconda stagione, tra dubbi e felicità
L’annuncio di una seconda stagione è stato strano. Ammetto di essere stata felice ma allo stesso tempo mi chiedevo che senso avesse: Hannah è morta quindi su cosa si sarebbe basata questa seconda stagione? L’intera stagione ruota attorno l’atteso processo contro Bryce Walker, colpevole di aver stuprato Hannah, Jessica e molte altre ragazze.
Nel corso della stagione vediamo ancora la presenza di Katherine Langford, interprete di Hannah, sotto forma di allucinazioni del povero Clay. Il ragazzo non riesce a superare la morte della ragazza, di cui era innamorato. Questa stagione mette in luce nuovi aspetti di Hannah, aspetti di cui non era a conoscenza nemmeno Clay, che ne rimane deluso e distrutto.
Per non farci mancare nulla, ovviamente il processo di Bryce non si conclude come speravamo. Il ragazzo ottiene solo diversi mesi di libertà vigilata e nulla di più.
Per molte persone questa stagione “non s’aveva da fare”. Io, dopo averla terminata, mi sono ricreduta. Sì, molti elementi stati forzati, buttati sulla brace ‘tanto perché era necessaria una nuova stagione’. Tutto sommato, però, alcuni hanno funzionato bene.
Il processo a Bryce, ad esempio, è servito in qualche modo per dare giustizia a Hannah e tentare di risollevare la madre, completamente distrutta dalle cassette e dalla perdita della figlia. Hannah in versione allucinazione-fantasma ci ha permesso di capire quanto Clay fosse rimasto colpito, nel profondo, dalla morte della ragazza. Quanto in realtà stava soffrendo e come teneva tutto dentro di sé.
La situazione di Justin, invece, è servita per mostrarci i reali motivi dietro i comportamenti del ragazzo, per poi dare al pubblico un personaggio in grado di redimersi nel corso delle stagioni. Più avanti la riprenderemo.
Ciò che però non ho apprezzato è stato questo improvviso cambio di rotta, quasi, nei confronti della protagonista Hannah. In seguito alle vicende che ci vengono raccontate, come l’appuntamento con Bryce o la relazione segreta con Zach, la ragazza perde credibilità e personalmente non mi è sembrato giusto.
Thirteen Reasons Why Netflix: scene d’impatto e finale inutile
Tutto sommato questa seconda stagione in qualche modo è servita per sistemare alcune questioni e, diciamocelo, per colpire nel profondo del cuore i fan. Ho trovato estremamente d’impatto tre scene, in particolare: quella del ballo scolastico, il discorso di Clay al funerale di Hannah e la scena del bagno con Tyler.
La prima è stata un vero e proprio colpo al cuore. Ciò che mi ha toccato nel profondo, a parte la canzone, è stata la tempestiva reazione di Tony nel voler cercare a tutti i costi Clay e il ragazzo, in grado di trasmettere così tanto dolore con un semplice sguardo. Le doti recitative di Dylan Minnette (Clay) superano ogni aspettativa, sono da premiare.
Il funerale anche è stato duro da vedere. Il discorso di Clay è stato diretto e conciso, pieno di amore e sincerità. Quando Clay riesce a lasciare andare Hannah, credo che anche il pubblico abbia provato un lieve senso di leggerezza.
Per quanto riguarda la scena del bagno, è stata tosta, tremendamente difficile e pesante da vedere. Diciamo che può essere considerata la goccia che ha fatto traboccare il vaso di Tyler: solo che, anziché seguire le orme di Hannah, ha deciso di prendere in mano la situazione – o un fucile.
Questo, quella scena finale, quella in cui Tyler vuole fare il Tate Langdon della situazione e punta il fucile addosso a Clay mi ha fatto pensare: “Mannaggia, una terza stagione. E mo che si inventano?” Ero già partita prevenuta e ho fatto bene.
La terza stagione e il cambio di rotta
https://www.youtube.com/watch?v=oMxTK3-hgeo
Non so se sono rimasta più stupefatta dal finale della seconda stagione, che annunciava l’arrivo di una terza, o dal trailer della terza stagione che ha lanciato una bomba di spoiler assurda.
Questa terza stagione, a parer mio, è dove tutto è andato storto nella serie Thirteen Reasons Why di Netflix. Tutto ciò è assurdo perché, oggettivamente parlando, si presenta come una stagione intrigante, un ottimo prodotto giallo mistery che tiene incollati allo schermo della tv per tutto il tempo.
Il problema, però, è che non c’entra assolutamente nulla con gli eventi narrati nella prima stagione e che, con difficoltà, sono stati riproposti nella seconda.
Questo terzo capitolo è un totale flop per il semplice fatto che si parla di tutt’altro. Si perde completamente di vista il senso delle prime due ma soprattutto della prima stagione, si butta fin troppa carne al fuoco e vengono aggiunti personaggi ambigui.
La terza stagione in poche parole ruota attorno al quesito che Netflix ci ha lanciato a mo’ di bomba nel trailer: chi ha ucciso Bryce Walker? Chi ha avuto il coraggio di uccidere uno dei protagonisti principali dalla prima stagione, colpevole di tanti crimini violenti? Chi lo sa, tutti o nessuno.
Fino alla fine della stagione non avremo la più pallida idea di chi possa essere il colpevole perché, chi più chi meno, tutti hanno un movente. E questo è interessante, perché la curiosità aumenta e non si sa per chi tifare: al contempo, però, continua a distaccarsi troppo dall’argomento principale.
Personalmente ciò che non ho apprezzato in primis è stato il voler far passare, a tutti i costi, Bryce come una persona buona e senza colpe. Anche questa stagione, come le prime due, è caratterizzata da vari sbalzi temporali: flashback e momenti presenti.
Nei flashback conosciamo meglio Bryce e la sua situazione e lo si fa passare un po’ come il ‘bonaccione’ di turno. Con quello che ha fatto a più ragazze e il modo in cui si è comportato, trovo sbagliato farlo passare come qualcuno che in realtà non era.
Oltre a ciò, anche il fatto di dover rovinare un personaggio come Alex (responsabile per la morte di Bryce) non l’ho trovato giusto. Come Clay, anche lui ha affrontato delle situazioni pesanti, a partire dal suo tentato (e fallito) suicidio quando alla fine della prima stagione si è sparato un colpo in testa.
Diciamo che la scena della morte di Bryce e le circostanze sono state un po’ buttate lì per caso e, nonostante le motivazioni potessero essere comprensibili, non ho trovato sano dare la colpa ad Alex. In realtà non ho trovato sensato eliminare Bryce in sé per sé. Come non ho trovato sensato buttare la colpa su Monty.
Sono la prima ad affermare che, insieme a Bryce, è uno dei personaggi che avrebbe dovuto pagare per le proprie colpe però non così.
Vari personaggi sono stati rovinati nel corso della stagione, Justin ed Alex per fare un paio di esempi. L’unico invece che ha avuto una crescita interiore di spessore è stato Tyler. Vista la fine della seconda stagione, direi che ha fatto passi da gigante.
La terza stagione, in fin dei conti, è stata un susseguirsi di eventi collegati male tra loro e un tentativo di portare avanti il brand di Thirteen Reasons Why di Netflix. Il finale ci fa intendere che una quarta stagione era dietro l’angolo e poi, dopo l’annuncio ufficiale, abbiamo scoperto che si trattava dell’ultima. E adesso?
Attenzione: nella prossima sezione saranno presenti spoiler della quarta ed ultima stagione. Se ancora non l’avete vista, interrompete la lettura.
Thirteen Reasons Why Netflix: l’ultima stagione, tra lacrime e batticuori
Ho iniziato la quarta stagione spinta dalla curiosità di sapere cosa avrebbero mostrato e con poche aspettative, lo ammetto. Non lascio mai una serie a metà, anche se una stagione è stato un completo disastro. La curiosità è sempre più forte.
Si comincia con un funerale e già questo mi ha fatto storcere il naso. Perché tutte queste morti? A chi toccherà questa volta? Personalmente dovevo (e devo) ancora superare la morte di Jeff della prima stagione quindi, fate voi i calcoli.
Questa quarta stagione si è rivelata una particolare sorpresa. Non è di certo la migliore, perché i produttori hanno dovuto continuare a sviluppare e concludere questioni appartenenti alla terza stagione però sono riusciti, in un modo interessante, a ricollegarsi agli eventi della prima.
Il protagonista torna ad essere Clay. Fin dalla prima stagione sapevamo che il ragazzo aveva difficoltà psicologiche e che la morte di Hannah lo aveva scombussolato molto: non sapevamo però fino a che punto. Nel corso della stagione Clay entra in un vero e proprio vortice di depressione, caratterizzato da attacchi maniacali e di cui non ricorda nulla.
Ammetto che ci sono rimasta male, poiché i produttori hanno buttato tutto addosso a lui, si è dovuto fare carico di così tante cose che lo hanno portato ad un crollo. Ho trovato ingiusto che si sentisse più in colpa lui per la morte di Bryce e Monty, piuttosto che Alex.
Sì okay, anche Alex ha avuto i suoi momenti ma è riuscito a cavarsela meglio rispetto a Clay. Lo trovo strano.
Il filo che unisce tutto
Tra Alex che scopre di essere in realtà attratto dai ragazzi, Justin che torna dalla riabilitazione, Tony che rivede la sorellina e altri eventi intensi, questa stagione ha segnato una svolta rispetto alla precedente.
Anche qui sono state buttate sulla brace molte, parecchie cose, anche temi che in parte non c’entravano nulla. Solo che, rispetto a prima, ha funzionato meglio. Ciò che ha scombussolato Clay, portandolo alla depressione e al crollo, è stata la morte di Hannah, evento di cui non ha mai parlato con nessuno nello specifico. Fortunatamente riesce ad aprirsi con il suo psicologo ed è così che, in qualche modo, ci si ricollega alla prima stagione.
Si trova il nucleo di tutto: la morte della ragazza e i suoi effetti collaterali. Sebbene fosse assente fisicamente in questa stagione, la ragazza viene nominata più volte e riusciamo finalmente ad entrare nella testa di Clay. Il ragazzo si è fatto carico di troppe cose e non è riuscito a gestirle. Ad un certo punto rivela che quando i suo amici hanno bisogno, lui si precipita da loro.
Questo è stato il suo errore, mettere sempre davanti gli altri senza pensare alla propria salute mentale. Dovrebbe essere di lezione per tutti, finché non riusciamo a stare bene con noi stessi, non possiamo pretendere di stare bene con gli altri o di aiutarli.
La performance di Dylan Minette, in questa stagione, è fenomenale. Sono rimasta completamente senza parole.
Scelte dolorose
Nel corso di quattro stagioni abbiamo visto alcuni personaggi perdere la vita e altri attraversare percorsi difficili, per poi uscirne come persone migliori. Alcuni, più di altri, hanno affrontato un percorso personale d’impatto ed intenso. A questo proposito non posso fare a meno di chiedermi, per quale motivo hanno dovuto rovinare un personaggio simile?
Se avete una risposta, vi prego, sono tutta orecchie. Ho trovato assurdo e a dir poco doloroso eliminare il personaggio di Justin Foley.
Nel corso di quattro stagioni è stato uno dei pochi in grado di redimersi completamente, uno dei pochi che nonostante alti e bassi è sempre riuscito ad alzarsi, anche più degli altri personaggi.
Non è stato agevolato come gli altri, la sua situazione familiare, ciò che ha dovuto fare per sopravvivere in strada e la morte di Bryce, lo hanno segnato. Finalmente era riuscito a migliorare se stesso, a trovare una famiglia e degli amici, a sistemare la sua relazione sentimentale. È l’unico, insieme a Tony, che è riuscito a stare dietro a Clay e a supportarlo. Sarebbe andato al college e ne era entusiasta.
Cosa fanno i produttori dopo tutte queste belle notizie? Gli fanno avere un mancamento durante il ballo scolastico, nel momento in cui il ragazzo finalmente comprende di essere amato da molte persone. Il mancamento è dovuto al fatto che Justin non sta bene, ha contratto l’HIV e per questo non arriverà al college, non riuscirà nemmeno a diplomarsi e tutto ciò è semplicemente triste.
Ero arrabbiata ma dopo aver visto il video che trovate qui sopra, credo che la situazione si sia leggermente placata. Non so come spiegarlo, credetemi non è semplice, so solo che perdere un personaggio come Justin è stato doloroso ma forse anche necessario per comprendere alcune cose.
Quando riuscirò a capire cosa, prometto di farvelo sapere. Per ora prendete dei fazzoletti e godetevi l’intervista di Brandon Flynn e la sua immensa passione per il personaggio di Justin.
Un finale degno di essere visto
Il discorso di Clay, durante la cerimonia del diploma, è stato più intenso e toccante di quello fatto al funerale di Hannah ed è il filo che si collega alla prima stagione. Riassume, in un certo senso, tutto ciò che è successo durante queste quattro stagioni, mostrando a tutto il mondo che si può sopravvivere.
Clay ci ricorda che “anche nei giorni peggiori, la vita è qualcosa di spettacolare”.
Dopo la cerimonia, ci troviamo in palestra. Tutti in procinto di festeggiare, felici e spensierati. La scena si sposta su Clay che non perde il vizio di vedere fantasmi ovunque. Questa volta vede Justin e Bryce, lontano, che sorridono.
Il ragazzo inizia a parlare con Justin e gli chiede per quale motivo, anche in versione fantasma nella sua testa, si trova con Bryce. Justin risponde che i due si volevano bene, erano fratelli e che si può voler bene a qualcuno anche se ha fatto cose brutte, si possono perdonare le persone, anche coloro che ti hanno ferito di più.
Ed ecco comparire Hannah, che ci permette di comprendere a pieno le quattro stagioni. Si tratta del momento in cui Clay si rende conto di non aver mai smesso di amare la ragazza e che questa cosa non ha mai smesso di fargli del male. Nonostante fosse convinto di averla perdonata nella seconda stagione, questo dolore lo lacerava dall’interno.
Il ragazzo ha cercato di ignorarlo e tenerlo segreto a tutti, anche a se stesso, ma alla fine non ci è riuscito ed è esploso. Si tratta dell’effetto farfalla, in un certo senso. Dopo aver visto il fantasma di lei, per l’ultima volta, finalmente riesce a dirle definitivamente addio.
Alla fine i ragazzi originali, della prima stagione, sotterrano le cassette e la serie finisce come era iniziata, con Clay e Tony in macchina, questa volta però verso il college.
Cosa ci ha lasciato questa serie?
Facendo una somma di tutte e quattro le stagioni, personalmente ritengo che questa serie sia comunque uno dei migliori prodotti in circolazione del suo genere. Gli errori ci sono stati e ne abbiamo parlato anche troppo probabilmente, ma il segno che ha lasciato nella maggior parte degli spettatori e negli attori/produttori, è indelebile.
Una storia che è iniziata con uno scopo, che ad un certo punto ha perso la diritta via e che, alla fine, è riuscita a ritrovarla. I messaggi trasmessi sono tanti, intensi e trovo anche difficile riuscire a trovare spiegazioni concrete. Mi dico che, alla fine, non ci sono.
È una di quelle serie che ti tocca dentro e si fa spazio nel cuore, nonostante i difetti, le scelte sbagliate e quelle che ci hanno fatto strappare i capelli dalla rabbia.
La passione degli attori, dei produttori e il loro impegno nel mettere in scena una serie simile, bastano a renderla speciale ed unica. Come avete letto, se siete arrivati fin qui (miei eroi), sono molte le cose che non ho apprezzato e probabilmente ne ho anche dimenticate altre, però questa serie mi ha trasmesso più cose belle che brutte. Pertanto, si è guadagnata un posto nel mio cuore.
- Asher, Jay (Autore)