The Room e Tommy Wiseau, il vero Artista del Disastro
22 Febbraio 2018
2 minuti
Correva l'anno 2003 e sulla Highland Avenue di Hollywood comparve un cartellone pubblicitario destinato a diventare iconico. Ad una prima occhiata, dava l'idea di essere la promozione di un film horror, suggestione causata dallo sguardo inquietante dell'uomo ritratto su di esso e dal titolo stesso della pellicola. Nella parte alta, un numero di telefono da chiamare, a cui rispondeva una voce registrata che, dopo aver ringraziato per il supporto, elencava le (due) sale che proiettavano l'opera. È così che inizia la storia di The Room, primo film diretto da Tommy Wiseau, asceso negli anni allo status di cult movie, fino ad ottenere la definizione con cui è diventato famoso: "il Quarto Potere dei film brutti".
Recentemente, il film è approdato nella cultura mainstream grazie a The Disaster Artist, film diretto e interpretato da James Franco, che sta raccogliendo un discreto successo sia di pubblico e di critica. Fonte di ispirazione principale è il libro omonimo scritto da Greg Sestero, interprete di Mark in The Room, e basato sulla sua esperienza durante le riprese e sulla sua lunga amicizia con Tommy Wiseau. In occasione quindi dell'uscita italiana del film di Franco, abbiamo voluto riprendere in mano questo piccolo grande cult e parlarne un po' insieme a voi. Cercando di non dilungarci troppo, perché tra verità e leggenda, su questo film le storie da raccontare sono davvero tantissime.
Prima però facciamo un breve passo indietro ed esploriamo la figura di Tommy Wiseau, perché una discreta parte del fascino di questa storia si trova proprio qui. Già perché questo personaggio è estremamente misterioso. "Penso che la vita privata debba restare privata e la vita professionale debba essere la vita professionale" ha dichiarato in una recente intervista ed è sempre rimasto fedele a questo credo, al punto che non ci sono informazioni precise e/o affidabili sulla sua nazionalità, sulla sua età e addirittura sul suo nome, che potrebbe non essere Wiseau. Tra i tanti misteri, uno dei più curiosi è quello che riguarda la fonte della sua apparente ricchezza.
Nonostante un numero limitato di location ed effetti speciali, l'assenza di grandi nomi nel cast e in generale di voci di costo solitamente influenti, The Room è costato circa sei milioni di dollari tra promozione e produzione a causa di diverse scelte poco accorte del regista e della continua sostituzione di diversi attori e membri della troupe. Tutto questo è stato finanziato autonomamente da Wiseau con fondi di provenienza ignota, dato che i lavoretti che afferma di aver fatto prima di intraprendere la via del cinema non giustificano assolutamente una cifra simile. Tra le spese folli del film entrate nella leggenda, un posto d'onore ha il cartellone di cui abbiamo parlato in apertura. Infatti, sebbene The Room sia stato nelle (due, ricordiamo) sale per circa due settimane, la pubblicità del film è rimasta esposta per ben cinque anni, diventando anche una sorta di attrazione locale, per un costo stimato di 300.000 dollari. Ma è finalmente venuto il momento di parlare del film vero e proprio.
The Room è fondamentalmente la storia di un tormentato triangolo amoroso tra Johnny, la sua futura sposa Lisa e il suo migliore amico Mark. Una storia piuttosto classica e semplice, che viene però infarcita di dettagli che all'inizio confondono, ma superato il primo impatto scatenano l'ilarità per la loro assurdità e involontario nonsense e non finisce qui! Personaggi che compaiono dal nulla e altri che spariscono all'improvviso dal racconto, subplot apparentemente importanti che non portano assolutamente da nessuna parte, una recitazione esageratamente sopra le righe, battute ripetute talmente tante volte da perdere di senso, cambi di umore estemporanei dei protagonisti e molto altro ancora.
I fan più accaniti dell'opera hanno creato una serie di tradizioni precise da rispettare alle proiezioni dedicate, spesso aperte dallo stesso Wiseau con la declamazione di un sonetto di Shakespeare (sì, succede davvero). Si va dall'obbligo di contare le volte in cui Johnny e Mark sono definiti migliori amici, agli inviti a mettere a fuoco la telecamera fino al lancio di cucchiaini verso lo schermo, che merita un chiarimento più approfondito. Tra le tante storie assurde dalla produzione (riportate anche nel film di James Franco) si racconta infatti che lo scenografo avesse voluto inserire delle cornici per dare più calore al set principale, ma Wiseau, impaziente di iniziare a girare, non gli diede il tempo di sostituire le foto già presenti al momento dell'acquisto. Il risultato è un appartamento affollato di immagini incorniciate di cucchiai, che vengono così "omaggiati" dai fan.
Come anticipato, potremmo stare ore e ore a parlare dei tanti momenti assurdi di The Room, davanti e dietro le quinte (sapevate che in una delle prime versioni dello script si scopriva che Johnny era in realtà un vampiro?), ma speriamo di aver stimolato già abbastanza la vostra curiosità, così optiamo per chiudere con un pensiero positivo. Come rimarcato da James Franco in un'intervista, per quanto strano e assurdo sia come personaggio, da un certo punto di vista Tommy Wiseau è un uomo da ammirare per la forza con cui ha creduto nel suo sogno, nella sua idea di fare cinema, contro tutte le difficoltà e a prescindere dall'apprezzamento del risultato finale. Alla fine è forse proprio questo il vero marchio che definisce un artista. Poco importa se, in questo caso, è un Artista del Disastro.
Anzi no, un ultimo aneddoto prima di chiudere davvero, per darvi un'idea definitiva di cosa siano The Room e il suo autore. Nessuna spiegazione, nessun chiarimento, solo una istantanea. Mark, che tutti sappiamo essere il migliore amico di Johnny, prende il suo nome da un attore molto amato da Tommy Wiseau: Matt Damon.
Ama il cinema in ogni sua forma e cova in segreto il sogno di vincere un Premio Oscar per la Miglior Sceneggiatura. Nel frattempo assaggia ogni pietanza disponibile sulla grande tavolata dell'intrattenimento dalle serie TV ai fumetti, passando per musica e libri. Un riflesso condizionato lo porta a scattare un selfie ogni volta che ha una fotocamera per le mani. Gli scienziati stanno ancora cercando una spiegazione a questo fenomeno.
Utilizziamo i cookie per essere sicuri che tu possa avere la migliore esperienza sul nostro sito. Se continui ad utilizzare questo sito noi assumiamo che tu ne sia felice.OkCookie Policy
Commenti