Ci sono cose da sapere. Non sempre, ma tante volte, prima di vedere un film, bisogna informarsi, documentarsi, prepararsi. Non perché il film sia difficile, anche, si, può capitare, ma tante volte bisogna prepararsi per godere meglio del film, vuoi perché questo si basa su una cultura che non conosciamo, vuoi perché da per scontate delle conoscenze, vuoi perché si dimentica di dire delle cose, oppure, perché c’è un passato, forse migliore, che riguarda quella stessa pellicola. Diventa quindi importante essere in grado di avere un metro di paragone.
Con The Lone Ranger succede qualcosa di simile, Lone Ranger ha un passato, sia radiofonico che televisivo, passando anche per fumetti e cinema, un passato piuttosto antico, quasi quanto il genere Western cinematografico.
Chiaro che il paragone non regge, nel western cinematografico si è detto e fatto più o meno tutto; non ultimo Cowboys contro Alieni, che rende grosso modo l’idea di fin dove ci si è spinti. Bastava meno.
Ma The Lone Ranger ha un passato che non va sottovalutato, non va dimenticato e soprattutto va apprezzato. La sua genesi è simile a Greenhornet, genesi dell’idea, non del personaggio. Lone Ranger nasce infatti per radio, nel 1933 (non a caso data in cui inizia la vicenda nell’attuale pellicola, visto che bisogna documentarsi!?) solo 3 anni prima di GreenHornet per mano degli stessi autori George W. Trendle e Fran Striker.
Lone Ranger si presenta come leggenda e questo concede una certa elasticità nella gestione della storia originale, non c’è quindi da essere troppo fiscali su come vengono presentate le vicende. Nel nuovo film Jerry Bruckheimer/Gore Verbinski è lo stesso Tonto a farcelo capire con ambigue varianti o digressioni.
Ah già, non sapete chi è Tonto, non vi siete documentati… Tonto è la spalla indiana di Lone Ranger, interpretata da un Johnny Depp molto simile a se stesso in qualche altro film di Bruckheimer (carattere che gli viene così bene da diventare effettivamente irrinunciabile per il nuovo standard comico di casa Disney). Ma non è solo Depp a ripetersi, in effetti lo schema di eroe un po’ impacciato e spalla che sa il fatto suo è lo stesso che troviamo tra Calabrone Verde ed il suo assistente Kato (di questo, già che siete li a far niente, consigliamo di leggervi lo spin-off a fumetti di Kevin Smith).
Ma chi è Lone Ranger? Lone Ranger è uno spirito, un non-morto o semplicemente uno che pensa di esser morto, un uomo dal rigido codice morale che sfrutta il suo vivere da leggenda per migliorare il mondo del selvaggio west. A farla facile una specie di Zorro. Ma non vogliamo confondervi.
Rigido codice morale… ecco un aneddoto esemplificativo: quando firmarono il contratto Clayton Moore e Jay Silverheels, gli interpreti della serie originale, presero il loro ruolo di modelli per i bambini molto sul serio e hanno fatto del loro meglio per vivere secondo il codice etico di Lone Ranger, esiste addirittura un decalogo che riportiamo qui di seguito.
Lone Ranger crede che:
– per avere un amico, un uomo deve essere uno.
- tutti gli uomini sono uguali e tutti hanno in sé il potere di rendere migliore questo mondo.
- Dio ha dato la legna, ma ogni uomo deve raccoglierla per avere la luce.
- bisogna preparasi fisicamente, mentalmente e moralmente per lottare, se necessario, per ciò che è giusto.
- un uomo dovrebbe dare il meglio di se con quello che ha.
- 'il governo del popolo, dal popolo e per il popolo' vivrà sempre.
- gli uomini dovrebbero vivere secondo la regola di ciò che è meglio per tutti.
– presto o tardi… da qualche parte… in qualche modo… dovremo rendere conto di quello che abbiamo fatto.
– tutte le cose cambiano, ma la verità e la verità soltanto, vive per sempre.
– nel Creatore, il mio paese, il mio prossimo.
Ma entrando più nel dettaglio si scoprono anche delle interessanti regole di sceneggiatura elaborate da Striker e Trendle, linee guida che descrivono chi e cosa è il Lone Ranger, naturalmente alcune di queste sono state dimenticate oppure ironicamente evidenziate nella nuova pellicola e vi divertirete, come ci siamo divertiti noi, a ritrovarle nel nuovo film:
The Lone Ranger non si vede mai senza la sua maschera o un travestimento.
Senza perdere di vista la logica narrativa, The Lone Ranger non viene mai catturato o detenuto per un certo periodo di tempo da uomini di legge, questo per evitare il suo essere smascherato.
The Lone Ranger utilizza sempre una grammatica perfetta e precisa, completamente priva di slang e frasi colloquiali, in ogni momento.
Quando deve usare le pistole, The Lone Ranger non spara per uccidere, ma solo per disarmare il suo avversario nel modo più indolore possibile.
The Lone Ranger non vince mai contro ogni logica, cioè: non lo si vede sfuggire ad una raffica di proiettili semplicemente cavalcando verso l'orizzonte.
Anche se The Lone Ranger offre il suo aiuto a singoli o piccoli gruppi, l'obiettivo finale della sua storia non manca mai di suggerire che il loro vantaggio è solo un sottoprodotto di una maggiore realizzazione, lo sviluppo del west.
Gli avversari sono sempre americani per evitare critiche da gruppi di minoranza.
I nomi dei personaggi antipatici sono scelti con cura, mai costituiti da due nomi se può essere evitato.
The Lone Ranger non beve o fuma e i Saloon sono sostituiti da Café, con camerieri e cibo al posto di baristi e liquori.
I criminali non sono mai mostrati in posizioni invidiabili di ricchezza o di potere, e non appaiono mai eccessivamente “stilosi”.
Reid (il vero nome di Lone Ranger) decide di usare solo i proiettili d'argento, per ricordare a se stesso che la vita è preziosa e, come i suoi proiettili d'argento, non va sprecata o buttata via.
Insomma, aspettatevi un bel “filmone” che mischia Wild Wild West di Willy Smith a Pirati dei Caraibi, tanta acrobazia e poche altre aspettative, non rimarrete delusi.
Vi divertirete davanti alle gag di Tonto e al difficilmente riconoscibile William Fichtner nei panni dello storico nemico “Butch” Cavendish.
Tra le altre cose, a far suppore un possibile sequel/prequel, la partecipazione poco sfruttata di Helena Bonham Carter, che non sembra essersi ancora tolta il costume di scena di Les Miserables. Infine concludiamo con una riserva nei confronti di Hans Zimmer che seppur poco convincente e non troppo efficace come in occasioni passate, ringraziamo per la didascalica citazione al Maestro Ennio Morricone.
Noi ci stiamo incamminando verso l’orizzonte, fissate la nostra silhouette per qualche minuto e poi andate anche voi a vedere il film. Buona visione!