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The Judge: Robert Downey Jr. in difesa

Con The Judge (regia David Dobkin) non troverete un pesante thriller giudiziario o lunghe e intricate procedure in cui si esaltino tutte le fasi dei pachidermici tribunali americani.
Questo film parla di un ritorno alle origini, l’ambientazione e il titolo sembrano più che altro un pretesto per questa rinnovata parabola del figliol prodigo.
Certo, siamo in casa di avvocati e giudici, Hank Palmer (Robert Downey Jr) è un rampante e aggressivo avvocato di successo, nel pieno di un divorzio dalla sua avvenente e atletica moglie (nonché infedele) che sentitasi trascurata dal marito – che lavora troppo – ha pensato bene di andare a pescare un suo ex compagno di classe su Facebook per consolarsi da questa dorata solitudine.
Hank è un avvocato sgradevole, perché è ricchissimo, non perde mai una causa e difende sempre e solo danarosi e colpevolissimi clienti, dato che gli innocenti di certo non possono permettersi la sua parcella. Giusto per convincerci al cento per cento di che razza di bastardo sia fa persino la pipì sulle scarpe di un avvocato avversario, impegnato in una causa per rivendicare i diritti di poveri lavoratori frodati sul proprio fondo pensione.
Il quadro a questo punto è chiaro, anche se il film è tenuto totalmente in piedi dalla verve e dalla personalità di Tony..herr..di Downey che davvero deve farne di cotte e di crude per risultare fastidioso.
Al culmine della sua splendida carriera Palmer riceve la notizia della morte della madre e quindi, lasciando una figlia a casa, parte da solo per tornare nella sua casa di infanzia in Indiana.
Scaricata l’inutile moglie (comparsa un minuto e mezzo a dir tanto), Palmer ritrova la sua cittadina di nascita da cui era fuggito gambe in spalla pressoché intatta: la sua ex ragazza (Vera Farmiga) che sbava appena lo rivede, ancora arrabbiata per la sua partenza ma che lo ha sempre amato e non lo ha mai dimenticato.
Certo se non consideriamo un piccolo exploit in cui ha avuto una figlia da un’avventura di una notte per dimenticare Hank (o almeno questa è la versione ufficiale). Figlia ventenne con cui, per non farci mancare nulla, un ignaro Palmer ha un incontro ravvicinato, -giusto per aggiungere un pizzico di pepe e scandalo-, appena tornato in città.
Hank ha un rapporto orrendo con la sua famiglia. Con il padre non parla e il fratello Glen (Vincent D'Onofrio) non lo considera minimamente. L’unico che sembra contento di vederlo è l’altro fratello Dale, che si nasconde dietro la sua cinepresa con cui filma qualunque cosa, nel disperato tentativo di ricucire la famiglia appigliandosi ai vecchi filmati d’infanzia.
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Glen da ragazzino era bravissimo a giocare a baseball e avrebbe avuto una promettente carriera come giocatore, ma ecco che un incidente automobilistico provocato proprio da Hank gli ha rovinato per sempre il braccio.
I pesi sulla coscienza di Hank si fanno consistenti mentre vediamo questa sfilza di colpe e responsabilità palleggiate da un membro della famiglia all’altro.
Hank in seguito all'ennesimo litigio con il padre Joseph (Robert Duvall) sta per andarsene per sempre quando già imbarcato sul volo che lo riporti ai fasti della vita cittadina, riceve una chiamata che lo informa che l’integerrimo padre è stato accusato di omicidio. (Cliché alert)
Sorpresa: a quanto pare Joseph ha volontariamente investito un detenuto appena uscito di galera dopo 20 anni, assegnatigli proprio dall'anziano giudice. A questo punto, non senza un sentito tira e molla, Hank si farà carico di difendere il padre dalle accuse, cercando di mettere in campo tutta la sua a abilità forense.
La seconda parte del film proseguirà nell'amara scoperta della malattia dell’anziano giudice e del processo che per la prima volta lo vede come imputato proprio nel suo tribunale, nella sua cittadina, senza che questo pieghi la sua risolutezza e la sua fede totale nella legge.
Le due generazioni, padre e figlio, e i due diversi stili giudiziari oltre che l'abisso che separa le due concezioni di legge e giustizia, sembrano separare irrimediabilmente i due uomini, ma questa vicenda tragica li aiuterà a ritrovare se stessi e il loro rapporto.
L’ostilità, la motivazione psicologica e umana, di Joseph nei confronti del suo secondo figlio Hank verrà spiegata con una struggente rivelazione al banco dei testimoni alla fine del film.
Un ottimo Duvall che purtroppo però assume un ruolo un po’ macchiettistico: il giudice tutto d’un pezzo rispettato dalla comunità in cui amministra la giustizia, vittime ma anche colpevole giustificato.
Robert Downey Jr. non esce dal ruolo à la Tony Stark, senza armatura, ma in giacca e cravatta, occhiali da sole e la solita spavalderia.
Il risultato è un po’ scarso, si sarebbe potuto fare di più, invece si è preferito andare sul sicuro, con personaggi bianchi e neri pennellati a tratti netti, andando a stimolare i buoni sentimenti e a toccare le corde del pubblico più di buona forchetta con una trama un po' troppo scontata ma che piace senza lasciare il segno.

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Francesca Giulia La Rosa

Trekker, whovian. Non amo le etichette (a parte queste?). Traduttrice, editor a caccia di errori come punti neri nel tessuto della realtà. Essere me è un’esperienza profondamente imbarazzante.

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Commenti

  1. Tre Cani in fallout 4?
    Tre Cani in una serie tv?
    Qualunque sia la risposta, basta che ci sia Tre Cani, tutto è bello

  2. Dopo aver recentemente giocato Fallout e Fallout 2, il “firmato Bethesda” mi infastidisce un po’…… Ma in fondo va bene lo stesso! Serie di Fallout Yeeeee!!!

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