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Thanksgiving, buon appetito da Eli Roth | Recensione

Dal fake trailer ad un film fatto è finito. Il Ringraziamento non è mai stato così rosso sangue.

Era il 2007 quando abbiamo visto per la prima volta Thanksgiving di Eli Roth sul grande schermo, o quasi. L’occasione era, in realtà, il Grindhouse di Rodriguez e Tarantino, i quali commissionarono a Roth un fake trailer, ovvero il trailer di un film inesistente. Il risultato fu proprio Thanksgiving: uno splatter grottesco e caciarone ambientato durante una delle festività più importanti per gli americani, dove si celebrano i valori della famiglia e serenità, l’esatto opposto di Halloween, generalmente scenario prediletto per le ambientazioni horror.

La genialità, in fondo, risiedeva proprio nella cornice scelta da Eli Roth, dove uno spietato killer si divertiva a terrorizzare una cittadina del Massachusetts, decapitando, torturando e cucinando… ma no, non tacchini. 

Thanksgiving Recensione Fake Trailer

All’epoca il regista americano aveva già mostrato di che pasta fosse fatto. Quello stesso anno al cinema era uscito Hostel II, torture movie che insieme al suo predecessore aveva messo a dura prova persino gli stomaci più abituati ai sottogenere splatter e gore. Per non parlare del magnifico esordio con Cabin Fever, dove Roth aveva cominciato ad inserire anche dei sentori di critica sociale assolutamente tipici del genere. 

A distanza di 16 anni, con questa recensione di Thanksgiving, il trailer dalle geniali trovate diventa una pellicola sopra le righe, divertente, piena di sangue e con qualche spunto di riflessione interessante che, però, non viene sfruttato fino in fondo.

E buon Thanksgiving anche a voi!

Thanksgiving Recensione Eli Roth Min

L’incipit della nuova pellicola di Eli Roth è uno dei migliori in assoluto, tanto per l’idea quanto per la resa. L’aspetto più terrificante di tutto il film lo troverete sicuramente in questi primi dieci minuti dove, in maniera molto precisa e drammaticamente accurata, tutto ciò che viene messo in scena è la brutalità dell’essere umano guidato dal morbo del capitalismo che, oramai, l’ha completamente assoggettato. 

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Ricordate Zombi (Dawn of the Dead) di George Romero, quando i superstiti si rifugiano in un centro commerciale per potersi nascondere dai terribili morti viventi e, ironia della sorte, le orde affamate di carne e cervello sono dirette proprio lì? Come qualcuno potrebbe pensare, lo zombie di Romero non viene richiamato al centro commerciale dall’odore della carne umana non ancora putrefatta, bensì dal luogo stesso, reminiscenza dell’esistenza umana.

Il senso critico nei confronti della società, della politica e del capitalismo di Romero in quegli anni era più forte che mai e lo zombie non è mai stato per il regista americano un mero mostro terrorizzante da cui mettersi in fuga prima che infetti ogni cosa, bensì era la perfetta rappresentazione dell’essere umano dal cervello atrofizzato proprio dal “trapiantato” bisogno compulsivo di comprare, comprare, comprare, fagocitando la macchina del capitalismo. Completamente soggiogato da necessità inesistenti che corrodono, corrompono e rendono schiavi. Guidati istintivamente verso il proprio “paese dei balocchi” per poi essere destinati ad essere tramutati in ciuchini, o drammatici esseri dal cervello putrefatto. 

Thanksgiving Recensione Patrick Dempsey Gina Gershon Min

Il concetto su cui si muove Eli Roth nel suo Thanksgiving non è troppo diverso da questo. La Festa del Ringraziamento, momento celebrativo molto importante per gli americani, è ormai diventato sinonimo di Black Friday. Altro che cene in famiglia, grandi valori e tradizioni da condividere: fin dalla notte del giovedì, orde di persone circondano i centri commerciali, affamati di offerte, sconti, “affaroni” volti a sgonfiare portafogli già vuoti ed imbandire tavole più che ricche.

Impazienti, nervosi, agguerriti. Quella che si prospetta alle porte di ogni centro commerciali è una vera e propria guerra dove a vincere può essere solo il più forte. Senza pietà o compassione di sorta. Bestie. Animali famelici disposti a schiacciare, letteralmente, il prossimo pur di ottenere il loro tostapane in omaggio.

Ed è quello che accade a Plymonth, Massachusetts, alla vigilia del Black Friday dove la cittadina prende d’assalto il megastore più noto e ricco della città. La frenesia del vendere senza preoccuparsi troppo della sicurezza (completamente inadeguata) e quella del comprare, sono il mix perfetto per un risultato letale. E mentre i più ricchi aspettando di arricchirsi ancora di più dalla comodità delle loro poltrone davanti ad un bel banchetto, l’isterismo di massa sfocia in tragedia, seminando panico e sangue. 

Le vittime del Black Friday, ad un anno di distanza, non sono state dimenticate, segnando una profonda frattura all’interno di Plymonth ma, soprattutto, svegliando la sete di sangue di uno spietato killer che, vestito da John Carver, fondatore della città, semina il panico. L’obiettivo? Una cena del ringraziamento indimenticabile! 

Tra horror sociale e commedia nera

Thanksgiving Recensione

Thanksgiving è un enorme bagno di sangue, tanto concettuale quanto reale, che sa fin da subito come divertire e al tempo stesso colpire lo spettatore. La base di partenza di Eli Roth affonda le sue radici nel mondo del reale, quello delle file su file all’apertura di un nuovo store, alla corsa disperata per accaparrarsi il miglior accessorio al prezzo più basso, quello della guerra tra poveri volta solo ad ingrassare quelli più ricchi.

Basta farsi un giro su internet e di filmati come quelli messi in scena da Roth se ne trovano davvero a dozzine: risse, sparatorie, arresti, tragedie. Tutto per cosa? Un cellulare, una borsa, una nuova televisione. Il perdere completamente il senso del reale, trasformarsi in mostri con la bava alla bocca perché convinti di aver bisogno di quella cosa. Non una televisione qualsiasi. Quella specifica TV. A quello specifico prezzo. In quello specifico momento.

Un delirio consumistico i cui toni vengono esasperati dal regista ma che, appunto, non si allontana per nulla dal reale, lasciando un senso di profonda angoscia, inquietudine, disturbo. Altro che squartamenti, decapitazioni o corpi ben cotti e serviti, il vero orrore, ancora una volta, è proprio quello nel constatare quanto ti mostruoso ci sia nel nostro mondo per… nulla.

In questo carnaio c’è un momento in cui l’adrenalina da violenza, quella provata tipicamente dal grande appassionato di horror (e non solo), lascia il suo posto ad un senso di profonda paura e sgomento

Thanksgiving Recensione Addison Rae

Purtroppo Roth questa china vincente, più impegnata e critica nei confronti della nostra società, decide di abbandonarla in fretta. Dopo aver scioccato per benino il suo pubblico mettendogli uno specchio davanti, comincia il vero film: un elogio al massacro e allo splatter fine a sé stesso.

Si indugia più sui toni della commedia nera, giocando sicuramente con gli stilemi dello slasher con il killer mascherato assetato di giovane sangue – a tal punto che di tanto in tanto il mood di fondo ricorda più uno Scream di Wes Craven che un Halloween di John Carpenter – ma puntando di più al bagno di sangue che al sottotesto impegnato. Per carità, va benissimo anche! Un film divertente, caciarone e con un bel bagnetto di sangue per tutti i palati più “fini”, peccato però che, in fondo, da Roth un pizzico di denuncia e satira in più ce la si aspetta. 

Qualche ingenuità di troppo

Thanksgiving Recensione John Cavren

Sebbene Thanksgiving sia un film che sa perfettamente come divertire ed intrattenere, senza lesinare sul gore e cercando di giocare con più morti creative possibili che strizzano l’occhio ad un certo tipo di scuola horror anni ‘70, tutte ben visibile allo spettatore, la sceneggiatura commette qualche ingenuità di troppo

Il volto della maschera, il grande interrogativo del film, è talmente tanto prevedibile e scontato che per un attimo ci si chiede se magari possa davvero essere qualcun altro. La risposta è no, è esattamente chi si pensa che sia. Ed in fondo, non è un grosso problema, per quanto parte del suo fascino venga perso.

Cliché piuttosto classico in questo tipo di genere horror molto più popcorn movie che film d’autore. La rivelazione non sciocca, ma il killer nel suo modo di agire piace sempre. O quasi; infatti, di tanto in tanto, si abusa un po’ del potere della sospensione dell’incredulità. Troppi deus ex machina rendono la scrittura di fondo gracilina, dando la sensazione che ci sia stato ben poco tempo per ragionarla (il che, però, è abbastanza paradossale considerando la lunga gestazione di questo progetto). Le trovate di Eli Roth si esauriscono molto in fretta, il film sembra procedere con il pilota automatico e, forse nota più dolente, anche la regia non è una delle più ispirate in assoluto. 

Thanksgiving Recensione Forno

Lato atmosfera siamo a cavallo. Un po’ grezza, sospesa nel tempo, quasi vintage. Per quanto sia ambientato ai nostri giorni c’è sempre un po’ quella sensazione che potrebbe essere ambientato qualche decennio più in là. A dare man forte c’è anche il lavoro sui costumi, scenografia, corpi che, invece, strizzano più l’occhio a lavori “polverosi” come Non Aprite Quella Porta o La Casa dei 1000 corpi.

A non funzionare quasi per nulla sono, invece, gli attori. Il cast non è ben assemblato, poco in armonia e, addirittura, poco preparato. Non tutti riescono ad entrare nel “tone of voice” generalmente prediletto da un regista come Roth, eccezion fatta per Rick Hoffmann. I più giovani, corrispondendo ai tipici personaggi del cinema slasher (la final girl, il giocatore di foodtball, il bello e dannato, la bella ma scema, etc…), sembrano essere lo stereotipo di interpretazioni trite e ritrite. Monoespressivi, piatti, tutti sullo stesso piano senza un minimo di slancio. Aspetto che non gioca man forte nei confronti del film ma, per fortuna, sono destinati a morire. 

Thanksgiving è horror convenzionale, derivativo e con sangue a litri, dal ritmo cadenzato e che diverte per una classica serata horror tra amici, soprattutto tra i più giovani, ma che non riesce davvero a scalfire completamente la superfice. Resta un po’ in sospeso con quell’amarognolo in bocca di cosa sarebbe potuto realmente essere. Non ci azzardiamo a dire che si tratta di un’occasione sprecata, ma sicuramente non una sfruttata fino al fondo delle sue reali potenzialità e possibilità.

Thanksgiving è al cinema dal 16 novembre.

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Gabriella Giliberti

Gabriella Giliberti, nata a Martina Franca nel maggio del 1991, è una critica cinematografica televisiva, scrittrice e content creator. Dopo essere cresciuta a cinema horror, vampiri e operetta, si è formata a Roma, specializzandosi in storia del cinema, sceneggiatura e critica. Dal 2015 al 2022, è stata penna e volto del sito Lega Nerd, ricoprendo il ruolo di capo redattrice nella sezione Entertainment dal 2019 al 2022. Collabora regolarmente sia su riviste online che cartacee, ed è presente come inviata, moderatrice e speaker presso i principali Festival e Fiere. Attraverso il suo profilo @GabrielleCroix su Twitch, TikTok ed Instagram condivide e divulga l’amore per la pop culture con la sua community e pubblico di appassionati. Ha partecipato all’antologia “Emozioni da giocare” (Poliani, 2021) e “Moondance – Tim Burton, un alieno ad Hollywood” (Bakemono Lab, 2023). Da sempre appassionata di mostri, attualmente è a lavoro su diversi progetti che riguardano la rappresentazione del mostruoso nella società. “Love Song for a Vampire – Etologia del Vampiro da F.W. Murnau a Taika Waititi” (Bakemono Lab, 2023) è il suo primo libro, e non ha intenzione di smettere.

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Un commento

  1. Ottima recensione, molto interessante, spero di andare a vedere questo film al più presto dato che apprezzo molto Eli Roth e lo ritengo fin troppo sottovalutato, inoltre un pò di slasher vintage non fa mai male, ormai alla veneranda età di 41 anni (eh si sono un pò matusaXD) mi emoziono sempre quando esce un horror che evoca la mia infanzia.

    PS: Gabriella, come mai fai poche videorecensioni su youtube? le guardavo sempre con piacre 🙂

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