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State of Decay 2: istinto di sopravvivenza

Negli ultimi anni gli zombie hanno vissuto un’epoca d’oro, popolando innumerevoli film, serie tv, fumetti e chi più ne ha più ne metta. Fra tutte le opere che hanno influito su questa nuova “invasione” di morti viventi, non si può non citare The Walking Dead di Robert Kirkman, divenuto un successo mondiale sia per come fumetto che come serie TV, nonostante la qualità altalenante di quest’ultima. Indubbiamente l’opera di Kirkman ha avuto influenze trasversali non limitandosi solo al mondo del fumetto o del cinema, ma è andata a toccare anche quello videoludico. 
Così nel 2013 spuntò improvvisamente State of Decay, titolo indie creato dagli Undead Labs (un nome un programma), che riuscirono a trasmettere nel loro gioco le atmosfere cupe di un mondo ormai dominato dagli zombie, in cui uno sparuto gruppo di uomini tenta di sopravvivere. I morti che camminano erano solo lo sfondo di una vicenda molto più umana di quel che potesse sembrare, dove le convenzioni sociali sono obsolete e gli uomini possono mettere a nudo i loro istinti più selvaggi. Grazie a questi elementi e un buon gameplay che mescola survival, action e gestionale, State of Decay divenne un successo improvviso e, cinque anni dopo, arriva il seguito, stavolta supportato da Microsoft. State of Decay 2 è infatti un’esclusiva Xbox One e Windows 10, con l’opzione del cross-play fra le due piattaforme.
In State of Decay 2 non avremo una trama avvincente e piena di filmati che ci racconteranno dell’origine della piaga o della storia del nostro personaggio, l’unica cosa che dovremo fare è sopravvivere in un mondo ambientato 18 mesi dopo l’esplosione dell’infezione su scala globale. L’aspetto più affascinante del titolo è che la trama dipenderà soprattutto da noi e dalle nostre scelte, non ci saranno missioni primarie e secondarie, ma conterà soltanto riuscire a far sopravvivere fino alla fine i personaggi della nostra comunità, ognuno con il proprio background e le proprie abilità particolari, personaggi che interagiranno fra di loro in modo sempre nuovo a seconda dei rispettivi caratteri. I due personaggi con cui inizieremo l’avventura saranno generati in modo casuale, così da variare a ogni nostra nuova partita. Il primo personaggio, però, non sarà per forza il protagonista, perché una volta creata la nostra enclave potremo usarne direttamente tutti i membri, sfruttando le abilità uniche di ognuno di loro. Ad esempio, potremo usare un soldato per missioni pericolose, oppure un ingegnere per costruire delle nuove strutture.
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Per iniziare dovremo conquistare una casa abbandonata rendendola la nostra nuova base e da lì dovremo espandere la nostra comunità trovando risorse e nuovi superstiti, che potremo invitare ad unirsi a noi. Attenzione però, perché i pericoli non saranno rappresentati solo dagli zombie, ma ci sarà la possibilità di trovare altre comunità ostili pronte a spararci contro per una razione di cibo in più, oppure potremo trasformarci noi stessi in dei novelli “Negan” e razziare gli altri gruppi per il nostro tornaconto. La scelta di come la storia della nostra comunità si possa evolvere dipenderà solamente da noi. Il titolo ci chiederà, subito dopo il tutorial, di stabilirci in una mappa fra tre selezionabili: altopiano, valle e collina. Ognuna di queste è grande quanto la mappa del primo State of Decay e, andando avanti nel gioco, potremo anche passare da una all’altra senza dover per forza ricominciare da capo.

A livello di gameplay, State of Decay 2 è un mix fra un survival, un action in terza persona e un gestionale. Tutti e tre gli aspetti sono amalgamati in modo eccellente fra di loro in modo da essere perfettamente complementari. La nostra prima preoccupazione sarà il gestire le risorse del nostro accampamento, in totale ce ne sono cinque diverse: cibo, medicine, munizioni, materiali per costruzioni e benzina. All’interno della nostra base potremo costruire diverse strutture, come un’infermeria per curare i malati e gli infetti o un orto per avere delle scorte di cibo in modo autosufficiente.

La gestione della comunità avverrà tramite menu piuttosto semplici e intuitivi, ma non bisognerà sottovalutare le esigenze delle persone che decideremo di accogliere. Ogni personaggio ha il suo carattere e la mancanza di cibo o di spazi vitali all’interno della casa saranno motivo di litigi e mancanza di fiducia, problemi che, se ignorati, potrebbero portare allo sfaldamento della comunità che abbiamo tanto faticato a creare. Nel gioco esiste la morte permanente, dunque non avrete la possibilità di far tornare in vita un personaggio morto e ciò andrà anche a influire negativamente sul morale della comunità e nell’economia di gioco. Perdere un nostro uomo, magari abilissimo con fucili e combattimento corpo a corpo, significherà perdere un’importante risorsa bellica, così come perdere un medico significherà non poter più guarire dalle infezioni gli altri nostri personaggi.
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Abbiamo trovato questa scelta molto coinvolgente: la perdita di un personaggio a cui, dopo molte ore di gioco insieme, ci siamo affezionati sarà un brutto colpo anche per noi giocatori, un po’ come quando muore un personaggio a cui si è affezionati in una serie TV. Questo sistema rende il gioco ancora più vario e unico, infatti difficilmente due giocatori vivranno una partita simile come avvenimenti ed evoluzione della propria enclave. D’altro canto, se un nostro personaggio si distinguerà per delle azioni notevoli, allora verrà visto dalla comunità come un eroe e sarà possibile promuoverlo a leader, cosa che aumenterà anche le sue abilità. Nel mondo di State of Decay 2 la valuta principale sarà l’influenza, ottenibile uccidendo zombie e compiendo azioni utili per la propria enclave. Grazie all’influenza potremo occupare nuovi edifici e scambiare oggetti con le altre comunità.

Ovviamente, per sopravvivere dovremo esplorare e combattere e qui entra in scena la fase action del titolo. Esplorare gli edifici abbandonati in cerca di risorse sarà fondamentale per la sopravvivenza, così come la necessità di trovare nuove armi. All’inizio infatti munizioni e armi da fuoco scarseggeranno, dunque sarà prioritario trovare un modo per difendersi. Il sistema corpo a corpo si basa su un singolo tasto d’attacco che agisce efficacemente contro gli zombie, infatti potremo facilmente spaccare diversi crani con una mazza da baseball attaccando ripetutamente, oppure potremo anche utilizzare un approccio furtivo per uccidere gli zombie in silenzio, così da non attirarne altri. Il sistema di tiro è ben fatto e preciso, con la possibilità di modificare fucili e pistole con delle mod, ad esempio aggiungendo un silenziatore.

La minaccia non sarà limitata agli zombie classici, ma dovremo vedercela anche con una specie più aggressiva, chiamata Piaga del Sangue. Gli appartenenti a questo tipo, identificabili per il sangue che continua a scorrere dal loro corpo, saranno gli unici in grado di infettare i nostri uomini, con il pericolo che si trasformino, se non curati in fretta. Spesso saremo costretti a distruggere il “Cuore della Piaga”, un ammasso di carne putrescente presente in alcuni edifici, che richiama orde di zombie nel nostro territorio. L’impresa sarà tutt’altro che facile e sarà meglio agire in gruppo, dato che una volta che attaccheremo il cuore questi richiamerà tutti gli zombie dell’area per difendersi.
Una volta distrutto, misteriosamente gli altri cuori della mappa diventeranno più potenti e più difficili da debellare. Oltre agli zombie normali ce ne saranno anche alcuni tipi speciali, che ricordano a grandi linee quelli visti nel vecchio Left 4 Dead di Valve. Ad esempio avremo gli Urlatori che, se ci avvisteranno, chiameranno subito rinforzi con un urlo spaventoso, oppure il Colosso, che, come dice il nome, sarà gigantesco e durissimo da abbattere.
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Fortunatamente, in questo nuovo capitolo è stata inserita una modalità multiplayer, grazie alla quale potremo invitare altri giocatori (fino a 4 in totale) per affrontare insieme le missioni più difficili. Purtroppo non potremo condividere con i nostri amici il mondo di gioco generato dalla nostra partita, ma il titolo si avvale di un sistema drop in/drop out dove chi entrerà nella nostra partita potrà aiutarci e ottenere qualche utile risorsa, ma, fatto questo, dovrà tornare nel suo mondo di gioco per continuare a gestire la sua comunità. Sicuramente giocare con altri compagni umani aumenta di molto il divertimento, ma avremmo desiderato una maggiore interazione con loro e le loro comunità, magari potendole unire o condividendole.
Il lato tecnico è il principale tallone d’Achille di State of Decay 2. Nonostante il passaggio di motore grafico dal CryEngine 3 all’Unreal Engine 4 abbia infatti giovato ad alcuni aspetti, come le animazioni dei personaggi e degli zombie o una resa generale migliore, abbiamo notato una bassa qualità delle texture e dei modelli dei personaggi, sin troppo semplici. Il gioco, inoltre, soffre di alcuni cali di frame rate anche piuttosto vistosi. In realtà non ci si poteva aspettare una grafica da tripla A per il titolo di Undead Labs,visto anche il budget dello studio. Considerato però il divertimento che il gioco sa offrire,si può chiudere un occhio sull’aspetto grafico; i problemi attualmente più fastidiosi dipendono soprattutto da bug che rischiano a volte di rovinare la partita. Tralasciandone alcuni divertenti, come zombie che piovono dal cielo o che si incastrano nelle auto, a volte c’è il rischio che sia proprio il vostro personaggio a incastrarsi, con la possibilità di non poter sfuggire a un’orda di zombie che lo insegue e finendo così per morire inutilmente e soprattutto non per colpa vostra. Possiamo solo sperare che dopo l’uscita arrivino delle patch correttive per migliorare la situazione.
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State of Decay 2 è una buona freccia all’arco delle esclusive di Xbox One, un survival davvero ben realizzato che farà la gioia dei fan del genere e anche quella dei fan delle ambientazioni da apocalisse zombie. Nonostante alcuni problemi tecnici, la varietà del gameplay unita a una narrazione atipica e strettamente personale, rende il titolo un must have per chi ama questa tipologia di giochi.

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Silvio Mazzitelli

Di stirpe vichinga, sono conosciuto soprattutto con il soprannome “Shiruz”, tanto che quasi dimentico il mio vero nome. Videogiocatore incallito sin dall’alba dei tempi, adoro il mondo videoludico perché dopo tanto tempo riesce sempre a sorprendermi come la prima volta. Scrivo ormai da diversi anni di questa mia passione per poterla condividere con tutti. Sono uno dei fondatori di Orgoglio Nerd e sono anche appassionato di tutto ciò che riguarda la cultura giapponese e la mitologia (in particolare quella nordica).

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