Spider-Man: No Way Home è il ventisettesimo film del Marvel Cinematic Universe, ma soprattutto è il terzo capitolo della saga dedicata all’Uomo Ragno nel franchise. E si sa, che è qui che le cose si fanno davvero difficili. Perché c’è una sorta di maledizione che riguarda il terzo capitolo, che spesso punta in altissimo, rovinando fragorosamente al suolo. Ma Spider-Man: No Way Home è un film speciale ed è riuscito a superare anche questo ostacolo. E a pieni voti, bisogna aggiungere.
Spider-Man: No Way Home, una ricetta per il fallimento
Il terzo film occupa un posto molto particolare, quello della grande conclusione. Poco importa se ci sono già piani per portare avanti la storia, se già si pensa a tanti altri nuovi capitoli, la struttura a cui ci ha abituato la tradizione narrativa è chiara. Il primo film serve a introdurre, a porre le basi, il secondo a sviluppare la vicenda e potenzialmente mandare tutto in crisi, il terzo a creare un finale epico, di grandi proporzioni. A quel punto il ciclo può (eventualmente) ripartire.
Un’impalcatura narrativa che in qualche modo si è rivista anche nelle varie sottosaghe del MCU, ma anche nel franchise nella sua interezza. Fase 1, Fase 2, Fase 3, introduzione, intreccio, gran finale. Ma la storia dell’Uomo Ragno al cinema ci ha insegnato ad andare cauti con l’hype, proprio davanti all’attesa conclusione.
Perché in fondo a tutti gli appassionati dell’amichevole eroe di quartiere brucia ancora quel tonfo tra Spider-Man 2 (considerato uno dei migliori film di supereroi di sempre) e il suo seguito. Un crollo verticale talmente forte da bloccare lo sviluppo di una ulteriore trilogia sul nascere. E quando il Tessiragnatele è tornato sullo schermo in una nuova incarnazione, tutto il castello di carte è crollato prima ancora di arrivare al famigerato terzo capitolo.
Ed è interessante notare come entrambe queste conclusioni premature avessero una caratteristica comune: la presenza di un numero consistente di avversari per l’eroe, ben tre (anche se si può discutere sul conteggio effettivo). Alla luce di questo Marvel e Sony cosa decidono di fare per Spider-Man: No Way Home? Naturalmente di rilanciare e introdurne ancora di più. Non solo, ma scelgono di basare tutto su concetti complessi e difficili da maneggiare senza fare disastri, come il Multiverso. Una formula ad altissimo rischio che però, come potete intuire, ha funzionato in pieno.
Prendersi il proprio tempo
Spider-Man: No Way Home è il più lungo film dedicato all’eroe uscito finora. Con circa due ore e mezza, ci porta a seguire tutto l’intricato sviluppo di questa avventura che coinvolge l’Arrampicamuri. E lo fa con calma, senza bisogno di buttarci immediatamente nell’azione, farci correre all’introduzione del villain, del conflitto, della grande missione per salvare il mondo che il nostro eroe dovrà affrontare.
Con i giusti tempi, riprendiamo le fila del mondo di Spidey, ripartendo direttamente dal sorprendente finale dell’ultima pellicola. Lo sconvolgimento portato nella vita dell’eroe smascherato davanti al mondo non è accantonato in fretta, come un puro catalizzatore della vicenda, ma viene approfondito e sviluppato, giungendo a guadagnare la propria funzione narrativa al momento giusto.
Anche considerando il sopracitato minutaggio, è incredibile ripensare a quanto sia ricco questo film. È una storia che avrebbe potuto essere al centro di una miniserie da almeno sei episodi, come quelle che il MCU sta raccontando su Disney+, o meglio ancora un lungo ciclo a fumetti. Perché Spider-Man: No Way Home è uno dei cinecomic che narrativamente, ancora di più che visivamente, più si avvicina allo stile delle grandi avventure degli albi Marvel.
E così, come solo accade con i migliori film del genere, ci troviamo completamente persi all’interno della storia e dell’universo narrativo. Superata la fase iniziale, ci dimentichiamo totalmente di dove siamo, delle poltrone del cinema, di chi è accanto a noi, dell’ora del giorno. Siamo lì, tra i grattacieli di Manhattan al fianco di Spider-Man, pronti a seguire il suo prossimo scontro o acrobazia. Con gli occhi lucidi per l’emozione.
Spider-Man: No Way Home punta alle stelle e le tocca
In queste settimane di promozione, interviste e dichiarazioni, abbiamo spesso sentito parlare del film come del “più ambizioso di sempre” o variazioni sul tema. Sarebbe facile derubricare queste affermazioni a semplici chiacchiere promozionali, per gonfiare l’interesse degli appassionati. Tuttavia, dopo aver visto il film, è davvero difficile negare questa dichiarazione.
Non si tratta solo del Multiverso. Non si tratta solo dei numerosi villain. E neanche si tratta solo della ‘maledizione del terzo capitolo’. Spider-Man: No Way Home è una pellicola che cerca di riunire tutto questo e puntare ancora più in alto, completando l’evoluzione del suo protagonista. Che non è più il ragazzino del Queens che lottava contro il padre della ragazza che sognava di portare al ballo della scuola, ma che al contempo non ha dimenticato di quando lo era.
Riuscire a incastrare tutto questo in una sola pellicola, pur potendo sfruttare tutti gli espedienti del caso (e appoggiandosi agli eventi degli altri film del franchise), restava una missione ad alto rischio. Sarebbe stato semplice scegliere uno dei tantissimi avversari fumettistici di Spidey, adattarlo al grande schermo, organizzare una battaglia campale e farci uscire sorridenti dalla sala.
Ma siamo felici che Sony e Marvel abbiano deciso di prendere un’altra strada. Di guardare in alto, lì dove Spider-Man si dondola dalle sue ragnatele, e decidere di creare qualcosa di completamente fuori scala. Di rilanciare su tutto quanto fatto finora e raccontare una storia piena del cuore e dell’amore di chi ama profondamente questo personaggio. E naturalmente siamo molto felici che siano riusciti a farlo con ottimi risultati.
Spider-Man: No Way Home si merita dei ringraziamenti
Se siete arrivati fino a qui, ormai avrete capito che Spider-Man: No Way Home è ampiamente promosso. È uno di quei film di cui una volta fuori dalla sala puoi solamente elencare le poche, piccole cose che non ti hanno convinto, perché per ripercorrere quelle che ti hanno esaltato non basterebbero ore. Di quelli che quando le luci si riaccendono e torni alla realtà ti chiedono qualche minuto, per riuscire a metabolizzare.
E quindi grazie, grazie, grazie a Marvel, a Sony, ad Avi Arad, a Kevin Feige, Amy Pascal, Jon Watts, Chris McKenna, Erik Sommers, a tutto il cast, alla troupe e a chiunque abbia in qualsiasi modo preso parte a questo film. Grazie per non esservi risparmiati, per aver cercato di superare ogni limite fino all’ultimo. Perché per chi ha vissuto fianco a fianco con l’amichevole Uomo Ragno di quartiere, che fosse al cinema, in TV o sulle pagine dei fumetti, questo è un giorno da ricordare.
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