Negli ultimi anni abbiamo visto vari casi di fan capaci di fare cambiare le opere e influenzarne lo sviluppo. Il redesign di Sonic, la Snyder Cut e altri eventi simili hanno mostrato come gli appassionati riescano a fare sentire la propria voce negli ultimi anni. Lo sapevate che questo fenomeno succede sin dai tempi dei fan di Sherlock Holmes? Scopriamo insieme questa storia.
Le origini di Sherlock Holmes
Nel 1896 Arthur Conan Doyle era un ventisettenne squattrinato. Aveva da poco aperto uno studio medico che stava già fallendo. L’offerta di £25 (più di €3500 oggi) per il suo primo romanzo con protagonista Sherlock Holmes, Uno studio in rosso, deve essere sembrata una benedizione all’autore. Arthur Conan Doyle accettò senza esitare. Non avrebbe potuto prevedere quello che avvenne dopo.
Dal 1897 al 1893 pubblicò per lo Strand Magazine (la stessa rivista che pubblicherà Poirot di Agatha Christie) due romanzi e ventiquattro racconti, più tardi riuniti in due raccolte.
Una relazione complicata
Per un anno, partendo dal giugno 1891, Arthur Conan Doyle dovette, una volta al mese, inventare e risolvere misteri accattivanti. Questo era un lavoro estenuante per Conan Doyle, che già a novembre, dopo aver scritto due romanzi e cinque racconti con protagonista Holmes, disse alla madre:
Io penso di uccidere Holmes… Di chiudere la sua storia una volta per tutte. Distoglie la mia mente da cose più grandi.
Conan Doyle aveva iniziato a scrivere le avventure di Sherlock Holmes per tirare avanti e pagare le bollette mentre scriveva le sue opere più importanti, i romanzi storici che trattavano i grandi temi sociali e politici del tempo. La madre evidentemente non condivideva le priorità del figlio e da vera fan di Sherlock Holmes rispose in modo chiaro e succinto:
Non lo farai! Non puoi! Non devi!
Arthur Conan Doyle decise di non portare a compimento i suoi ‘istinti omicidi letterari’, evidentemente influenzato dalle parole della madre.
La situazione si ripresentò l’anno dopo. Conan Doyle scrisse un racconto al mese. Alla fine non ne poteva più. Disse in una lettera riferendosi a Sherlock Holmes
Ho avuto una dose così eccessiva di Holmes che provo nei suoi confronti gli stessi sentimenti che provo nei confronti del foie gras, che una volta ho mangiato troppo, così che provoca in me una sensazione di malessere ogni volta che lo sento nominare.
Il problema finale
Arthur Conan Doyle preme il grilletto nel racconto L’ultima avventura, noto anche come Il problema finale. Tale grilletto è solo allegorico, infatti Sherlock Holmes precipita insieme alla sua nemesi, il supercriminale Moriarty, nelle cascate di Reichenbach. L’idea di Doyle era di dare un’uscita di scena col botto all’amato detective, facendogli sconfiggere un cattivo intelligente quanto lui e pericolosissimo per la società. Purtroppo per Doyle i fan di Sherlock Holmes non la presero bene.
Con la pubblicazione del racconto nel 1893, si scatenò su Doyle e sulla rivista The Strand la prima vera folla arrabbiata di fan nella storia della letteratura. A detta della BBC più di ventimila persone annullarono il loro abbonamento alla rivista, che riuscì a malapena a sopravvivere. Il figlio stesso di Doyle affermò, forse romanzando eccessivamente, che i giovani londinesi indossavano in quel periodo delle fascette di tessuto nero in segno di lutto.
Per certo sappiamo che sia alla rivista che all’autore arrivarono molte lettere di fan arrabbiati e una donna arrivò anche a definire Conan Doyle un bruto per aver ucciso Sherlock Holmes. La versione vecchia un secolo dei tweet arrabbiati che tutti conosciamo bene. In America nel frattempo vengono fondati club chiamati Teniamo in vita Sherlock Holmes. Chissà che hashtag avrebbero usato se fossero stati ai giorni d’oggi…
La resurrezione letteraria di Sherlock Holmes da parte dei fan
Conan Doyle resse poco meno di dieci anni prima di crollare e tornare dal suo famoso detective. Nel 1902 pubblica il terzo romanzo che ha come protagonista Sherlock Holmes: Il mastino dei Baskerville. Due anni prima Conan Doyle aveva sentito alcune leggende originarie del Dartmoor, una regione del sud dell’Inghilterra, che gli avevano dato l’idea della storia sui cani fantasma. Inizialmente pensava di inventare un nuovo personaggio proprio per evitare di riutilizzare Sherlock Holmes. Alla fine, per comodità, decise di riutilizzare il personaggio invece di crearne uno da zero.
I fan di Sherlock Holmes gioirono, anche se il romanzo in realtà era ambientato prima della morte di Holmes.
Per la vera e propria resurrezione fu necessario aspettare un anno. Era passato molto tempo e Conan Doyle non provava lo stesso disgusto di dieci anni prima nei confronti del suo personaggio. L’autore inglese ricominciò a pensare a Sherlock Holmes e per addolcire la pillola la casa editrice newyorkese della rivista Collier’s Magazine gli offrì $4000 per ogni racconto (più di €100,000 di oggi). Doyle accettò. Nel 1903 pubblicò il racconto Il mistero della casa vuota, noto anche come La casa vuota. Svelò che Holmes in realtà non era mai morto ed era riuscito a salvarsi grazie alle sue competenze nell’ambito di un particolare stile di lotta giapponese. Il lasso di tempo dal 1893 al 1903 è noto ai fan come La Grande Interruzione.
Evidentemente Conan Doyle aveva superato il suo disgusto per Holmes (e forse anche per il foie gras) dato che dopo Il mistero della casa vuota scrisse ben ventiquattro racconti e un romanzo.
Volente o nolente, Doyle diede un importante precedente al mondo della letteratura e delle arti. I fan trovarono in massa la propria voce, la usarono e ottennero dei risultati. Sarà stato un bene o un male?