Nel 2018 c’è stato un vero boom di investimenti spaziali ma cosa faremo quando in orbita ci sará più spazzatura che satelliti? Vi abbiamo parlato in modo esaustivo delle ultime missioni di SpaceX che, come l’India e la Cina, stanno mandando nello spazio una vasta quantitá di CubeSats, moduli e satelliti per le telecomunicazioni. Di questo passo ci si avvicina sempre di più alla necessitá imminente di ridurre la quantitá di oggetti obsoleti nell’esosfera e termosfera.
I problemi a monte sono due: l’eventuale mancanza di spazio e il rischio che i detriti danneggino i satelliti nuovi. A livello teorico, la soluzione più indicata sarebbe trovare un modo per raccogliere la nostra spazzatura spaziale e rimuoverla dalla nostra atmosfera. Attualmente non abbiamo la tecnologia per questa soluzione, la quale richiederebbe un modulo con capacitá di propulsione (oltre il modulo di prima fase, necessario per portare lo strumento in questione all’altitudine giusta) nonché la possibilitá di essere controllato a distanza.
Il compromesso degli scienziati? Trovare un modo di riparare i satelliti giá in orbita.
Un Robot che possa effettuare piccole riparazioni potrebbe essere il modo per ridurre la spazzatura. Un satellite rotto è spazzatura a tutti gli effetti, un satellite riparato no. In questo modo si eviterebbero i costi astronomici di produrre e lanciare un nuovo satellite ogni volta che avviene un minumo malfunzionamento.
I costi dei satelliti rotti non si limitano al mero rimpiazzo dello strumento stesso. Si parla dei costi di perdite aziendali in assenza di esso. Un esempio recente è quello della compagnia DigitalGlobe che fornisce servizi di risprese spaziali (detto Space Imaging) e vanta di clienti di un certo peso, tra cui Google Maps. Il loro satellite WorldView-4 si è rotto il mese scorso, questo implica che DigitalGlobe non possa continuare a fornire i suoi servizi ai clienti per tutto quel tempo: è l’equivalente di un negozio che non puó più ricevere merce da rivendere.
Maxar, la compagnia a monte della DigitalGlobe, ha avuto un attivo di $85 milioni dal WorldView-4 ma l’ha anche assicurato per $183 milioni, i quali serviranno per coprire i costi del malfunzionamento del pezzo. Vari enti hanno approcciato Maxar con la proposta di un satellite-robot che possa avvicinarsi ai satelliti rotti per ripararli, il che richiederebbe uno stoccaggio di pezzi di ricambio per rendere il suo scopo più duraturo. L’alternativa sarebbe di mandare uno strumento simile ma con lo scopo di far riavvicinare i satelliti rotti alla terra, affinché la combusione nella fase di rientro li possa distruggere (e dunque rimuovere il rischio che vadano a danneggiare altri satelliti qualora ci fossero collisioni).
Questa vicenda potrebbe essere un interessante precedente per l’avvio di una nuova industria, nonché di soluzioni importanti per il nostro sviluppo spaziale.