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Recensione Game of Thrones: un’Elegia di Ghiaccio e di Fuoco

Analizziamo la Stagione più controversa del Trono di Spade

Il Ghiaccio: Quello che non è andato per il verso giusto

recensione game of thrones

Che c’avete fretta?

Senza mezzi termini, possiamo tutti concordare che la stagione è stata decisamente frettolosa, ad alcuni ha dato meno fastidio che ad altri, ma rimane un dato di fatto. Il passo è accelerato a velocità smodata rispetto alla prima stagione, durante la quale il viaggio da Gran Inverno ad Approdo del Re è durato varie puntate. Arriviamo all’ultima parte di questa stagione e, invece, vediamo svolgersi eventi che ricoprono un arco temporale di intere settimane in un unico episodio.

Profezie incompiute

Per spezzare una lancia a favore degli sceneggiatori, vi è da dire che molte profezie che abbiamo trovato nei libri non vengono assolutamente citate nella serie. Il termine Valonqar non esiste nell’adattamento, esattamente come la parte di Quaithe è fortemente tagliata e la profezia di Azor Ahai storpiata e ridotta a poche righe. Quindi, tecnicamente, non abbiamo visto delle profezie della serie non compiersi.

Ci dispiace per tutti i sostenitori del “Drago ha Tre Teste”, del “Tyrion o Jaime uccideranno Cersei”, “Spada nel cuore di Nissa Nissa” et alia, semplicemente sono parti rimaste sulla pagina e mai arrivate sugli schermi.

Rimane, però, il fatto che le profezie sono un tema ricorrente nelle Cronache di Ghiaccio e di Fuoco e un paio ne vediamo anche nella serie, addirittura recentemente: il Principe Promesso è stato citato nella settima stagione da Melisandre. Eppure non vi è stata una conclusione calzante esattamente di questa profezia. La morale della favola potrebbe essere che tutto l’aspetto mistico-religioso non sia mai una scienza esatta e, semplicemente, le “interpretazioni” citate da Melisandre non fossero state corrette. Nonostante ciò, rimane lo stesso un po’ di amaro in bocca (nonostante quella scena di Arya sia stata uno dei momenti più epici dell’intera serie).

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Pantsers vs Plotters

Avete mai sentito questi termini? Sono due metodi di scrittura narrativa. Martin, per esempio, è un noto pantser. Ha rimarcato spesso il fatto che i suoi personaggi sono semi gettati in terreno fertile e che lui li osserva crescere. In questo stile di scrittura sono i personaggi ad avere il controllo sulla storia, lo scrittore li mette a cospetto di decisioni e, in base al carattere del personaggio, emergono delle scelte, le quali poi plasmano la trama.

Benioff e Weiss, contrariamente, sono stati obbligati a fare il ruolo di plotters. Gli è stato fornito un finale da Martin e, dunque, hanno dovuto fare una sorta di reverse engineering della trama dalla sesta stagione fino alla fine della serie. Questo li ha portati a scandire le due stagioni rimanenti in base ai passaggi di trama obbligatori per arrivare alla conclusione concordata. In questo stile di scrittura è la trama ad avere il potere sui personaggi, ed è per questo che molti istanti dell’ultima stagione sono sembrati forzati.

Nessuno dei due stili è giusto o sbagliato, ma è chiaro che, dopo sei stagioni sviluppate da un pantser, un finale in puro stile plotter risulti stridente.

Secondo Scientific American, l’effetto dissonante rispetto alle precedenti sei stagioni è causato dal fatto che lo storytelling sia passato dall’essere di natura sociologica all’essere di natura psicologica. Ad ogni modo, qualcosa è cambiato e, forse, l’unico grosso problema non è stato il come fosse cambiato ma il fatto di per sé che fosse cambiato.

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Una trama alquanto lineare e assenza dei colpi di scena della vecchia scuola

A causa della modalità plotter degli sceneggiatori si è verificata anche una linearità poco emblematica della serie. Le partite di tennis a colpi di strategia che hanno caratterizzato le precedenti stagioni sono state sostituite da scalini di trama obbligatori, in linea retta.

Forse, questa mancanza non poteva essere rettificata aggiungendo solo qualche episodio in più. Forse, come disse Martin stesso, ci sarebbero volute un paio di stagioni aggiuntive. Purtroppo non le abbiamo avute, nonostante la disponibilità di HBO. Potremmo essere pressapochisti e dire che Benioff e Weiss, evidentemente, avevano voglia di accettare nuove sfide nell’universo di Star Wars, ma sappiamo benissimo che nel mondo dell’intrattenimento non è così semplice. Avrebbe voluto dire “bloccare” tutti gli attori dei personaggi rimasti in vita dal poter accettare altri progetti. Potremmo non aver avuto Dark Phoenix o The New Mutants, perché Sophie Turner e Maisie Williams avrebbero avuto le mani legate, per esempio.

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L’utilizzo dubbio del poco tempo a disposizione

Allo stesso tempo, quel poco di tempo rimasto è stato impiegato in modo strano. Il passaggio del tempo sembra erratico. Mi elude come si possa scegliere un’inquadratura di notevole lunghezza di Arya mentre impersona Gandalf con Ombromanto al posto di un dialogo aggiuntivo per rendere i cambiamenti caratteriali di Daenerys meno improvvisi. O un intero episodio dedicato alla quiete prima della tempesta, con scene davanti al focolare, raccontando del latte di gigantessa mentre altri personaggi condividevano momenti intimi, per poi culminare con Podrick in versione Peregrino Took a cospetto di Denethor. Il problema vero è che quelle scene le volevo, le volevamo. Poetiche, un ottimo esempio di slice of life, un momento di empatia con i nostri eroi, una visione più piccola e semplice delle singole vite dei personaggi, nel mezzo della gigantesca macchina delle Cronache. Ma non a costo di sacrificare un degno svolgimento dei punti chiave della trama. Volevo una stagione meno monopolizzata dall’azione e integrata con quella sana dose di strategia politica che ci ha appassionato per otto anni. Però questo è volere la botte piena e la moglie ubriaca, perché vorremmo sempre “di più” di qualsiasi storia ci abbia catturato.

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Le strategie erronee

Questo è stato uno dei punti di critica maggiore e, nonostante siamo nella pagina di “ghiaccio”, in cui dovrei parlare di cosa sia andato male, mi trovo a difendere questo aspetto. Forse non ci siamo resi conto che, nel passare delle stagioni, abbiamo perso per strada tutte le grandi menti dei Sette Regni. I tempi di Tywin, Olenna, Ned Stark, Stannis et alia sono finiti. Il mondo è stato ereditato da un gruppo di ragazzini, sostanzialmente, o persone che hanno avuto successo fino a quel momento grazie all’appoggio di personaggi più stagionati. Adoro l’idea che i personaggi principali possano fare delle scelte erronee e mandare i Dothraki al massacro, sapendo che il campo aperto è il loro punto di forza ma non considerando la superiorità dello sciame di non morti. Perché è stato uno dei punti che ci ha regalato uno dei maggiori capolavori di fotografia della stagione.

Dothraki Long Night

…e qua si passa a quello che è stato reso veramente bene.

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Caroline Ribi Zappi

È qua perchè ha sbagliato coordinate dimensionali. Nella vita reale è una persona seria, qui dà libero sfogo al suo nerdismo represso. Sogna invano di diventare il prossimo Piero Angela.

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