Abbandoniamo per un po' ogni possibile richiamo al fantastico o all'avveniristico e parliamo di un film dove le possibili citazioni di matrice Nerd ammontano a:
a) la presenza di Marion Cotillard, che potrebbe innescare una nuova discussione su The Dark Knight Rises;
b) il ruolo di protagonista per Matthias Schoenaerts, che un po' assomiglia, ed è stato paragonato, a Tom Hardy (Bane) – e qui di nuovo potrebbero partire le discussioni;
c) una battuta in cui la protagonista Stephanie (Cotillard) viene chiamata Robocop;
d) la presenza delle orche, se vogliamo.
Punto. Però possiamo cogliere l'occasione per parlare di un film toccante, che pretende partecipazione ma sa ripagare con potenza e chiarezza.
De rouille et d'os di Jacques Audiard, tradotto 'Un sapore di ruggine e ossa', è impietosamente ancorato alla realtà e duro. L'abbiamo visto martedì 25 Settembre a Milano in anteprima, in lingua originale con sottotitoli, è stato concorrente per la Palma d'Oro a Cannes ed uscirà in Italia il 4 Ottobre. Parla della Francia d'oggi e di due persone non esattamente prive di problemi. Da una parte Ali, ragazzo padre più adatto a menare le mani che non a parlare: ha bisogno di soldi, tanto che s'è appena trasferito dal Nord per farsi ospitare dalla sorella, ed è visibilmente poco a suo agio con un figlio di cinque anni appresso. Dall'altra Stephanie, addestratrice di orche che si ritrova la vita distrutta quando viene privata delle gambe dopo un incidente sul lavoro. Un incontro coincidenziale prima della tragedia, un incontro dopo e le due vite finiranno per sostenersi goffamente a vicenda. Non nella calma piatta: sarà soprattutto il bisogno di soldi e sfogo di Ali a spingere le vicende, tra combattimenti clandestini, scandali sul lavoro e rapporti da ricucire.
E' uno strano rapporto, quello al centro del film, tra due personaggi opposti. Per una persona che si trova in un corpo mutilato, a sentirsene quasi imprigionata, la salvezza diventa un uomo estremamente corporeo, muscoloso e poco incline a finezze. Ali non è un sentimentale, non è un angelo che riempie Stephanie di parole attente e pietose, quanto uno brusco, essenziale, a volte quasi goffo. La ragazza cercherà di recuperare la normalità attraverso di lui e le cose non saranno mai così facili; e anche per Ali, uno che sa prendersi cura di una persona distrutta ma allo stesso tempo non riesce ad essere un padre se non per sgridare il proprio bambino con sfoghi rabbiosi, sarà l'occasione per migliorare la propria situazione o per fare scelte pericolose. Comunque sono due persone che non mancheranno di cambiare la vita l'una all'altra, anche se non sarà affatto facile per entrambi.
E' un film pesante, diciamolo chiaro. Parla del riscatto di persone normali, certo in situazioni difficili ma comunque nessuna concessione ad eroi o mostri. E ne parla con durezza: con violenza, sesso, esibizione dei corpi senza censura. I moncherini delle gambe di Stephanie sono mostrati, mai pudicamente sorvolati, e i corpi dei due protagonisti dominano spesso la scena. Non sempre e solo nudi, anche se la pelle esposta non manca; quel che va detto è che non c'è sesso&violenza tanto per metterlo. E neanche è di quella crudezza continua, estenuante, incessante: la storia è di ruggine e ossa, ma anche di momenti di tenerezza e poche ma significative risate. Il personaggio di Ali, in questo senso, è fonte di continue sorprese: vera ancora di umanità della storia, rude, a volte insensibile e spesso impegnato in rapporti distruttivi o testardi, ma capace di farti sempre intuire una bontà d'animo sepolta che continui a sperare che verrà fuori. E se Marion Cotillard resta una garanzia di eleganza e interpretazione triste e umana, il belga Schoenaerts è un altro nome su cui scommettere.
C'è anche più carne al fuoco di quanto non sembri, nel film: per esempio una sottotrama che non manca di parlare di società e lavoro, con poca gentilezza verso la grossa imprenditoria, o un sottile ricorrere dell'elemento acquatico come luogo di cambiamento. Tre eventi importantissimi in fondo si svolgono sull'acqua; che sia in un aquaparco, in mare aperto o sul ghiaccio. E in generale, se certo si parla del temuto (almeno in questi lidi, forse) cinema autoriale francese e di due ore di film – ebbene sì, lo ammettiamo -, è una durata che scorre quasi leggera; forse perchè di eventi non mancano, e la telecamera non indugia mai troppo. Mostra le emozioni dei personaggi ma al contempo li mette davanti a scelte concrete, a dialoghi chiari e a momenti difficili. Pochi momenti da videoarte, una narrazione scorrevole e una colonna sonora varia a seconda del contesto (l'emotività di Bon Iver in apertura e chiusura, ma anche Katy Perry e i B52's.) Se poi la conclusione può un sembrare un po' forzata, in fondo non manca di forza emotiva; e quindi è qualcosa che si può perdonare al film.
E' sicuramente un'opera che questo redattore consiglierà a chiunque voglia un film intenso, sentito, e non abbia paura dei pugni in pancia. A volte, in fondo, anche quelli li vogliamo da una storia.
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