La questione delle traduzioni è sempre un po' spinosa.
Sono numerose le questioni da tenere in considerazione, e comunque vada ci sarà qualcosa che non combacia a perfezione, com'è naturale che sia. Esistono parole che riassumono concetti che non possono essere trasposti da una lingua all'altra nello stesso modo, per cui si ricorre a numerose parafrasi che magari rovinano “il momento”, quindi si devono fare salti mortali per levigare, aggiustare e presentare un lavoro ben fatto.
È appena stato proiettato nuovamente al cinema, addirittura per un'intera settimana, Principessa Mononoke, uno dei capolavori del Maestro Miyazaki. Chiunque non aveva avuto occasione di vederlo sul grande schermo la prima volta, ha urlato di giubilo ed è corso ad accaparrarsi un biglietto.
Iniziati i primi dialoghi, sospettiamo, molti saranno rimasti stupiti e un po' disorientati, anche coloro che non erano alla prima visione, a causa dell'utilizzo di un registro molto aulico.
Il discorso è assai complesso ma si può dire che se l'opera di base è complessa, così dev'essere anche nella versione tradotta, non la si può epurare solo per farla comprendere più facilmente dal pubblico, così facendo ci si allontana da ciò che il film, o il libro, voleva dire.
Se il linguaggio dei personaggi di Principessa Mononoke è un giapponese antico, non lo possiamo tradurre con un italiano moderno, ma lo si deve rendere anche ostico, se necessario.
Il riadattamento, a parer nostro, è stato fatto con grande cura, premurandosi di rimanere particolarmente fedeli all'opera originale.
Certo forse in alcuni casi si sono fatti prendere un po' la mano (parole come “pulzelle” e “messere”, stonavano un po' con l'ambientazione), ma si avverte l'impegno che hanno messo per presentarci un film tradotto con passione.
Parecchi passaggi sono stati resi più chiari, anche se in passato alcuni non si erano accorti di non aver capito qualcosa, e il periodo storico è stato citato con più precisione, grazie ai riferimenti specifici, come nel discorso iniziale nella capanna della sciamana del villaggio di Ashitaka. Gli animali sono cani selvatici e non lupi, i kodama rimangono tali perché è il nome di un tipo di spirito legato al folclore giapponese, spiriti degli alberi si poteva avvicinare ma sarebbe rimasto vago. Ci sono occasioni in cui bisogna chiamare i soggetti con i loro nomi, e non si può sfuggire.
A tal proposito finalmente San torna ad essere la “principessa spettro”, così dipaniamo il dubbio su quella fantomatica parola -Mononoke-, che ci si chiedeva per cosa stesse, indecisi se fosse un altro nome, un appellativo, un soprannome..
E la divinità principale acquista la brutalità che in realtà ha: Dio bestia, crudo, come sono la vita e la morte.
Non che Dio della foresta non ci piacesse, ma notate anche voi che i due nomi lavorano diversamente sulla percezione che abbiamo di ciò che ci sta davanti. Insomma quanti di voi non hanno pensato almeno una volta a quanto fosse inquietante quella divinità?!
Questa è la forza delle parole, di cui molte volte ci dimentichiamo, una forza che agisce sulla nostra mente indicandoci cosa immaginare, come collegare ciò che i nostri occhi scorgono. Al di là delle scelte di traduzione, questo ci ricorda che è bene conoscere la nostra lingua, e saper così scegliere le parole che vogliamo dire con cognizione di causa, con un vocabolario ben fornito avremo sempre numerose opzioni a disposizione, invece delle solite quattro.
Tornando a uno dei Sembrava però di vedere davvero un film con “pupille non offuscate”.
La scelta dei doppiatori non ci è dispiaciuta, anche se come il solito ci si affeziona ai primi che si ascolta, perché si ha un imprinting legato alla fascinazione per il film, non si può dire che i nuovi nomi si distinguano in negativo.
Ci auguriamo che siate riusciti ad andare al cinema a vederlo, perché ne valeva davvero la pena, anche per rispolverare i ricordi che si avevano di un film importante com'è Principessa Mononoke, sia per tematiche sia per esecuzione.
Ed ora attendiamo con ansia La città incantata, che sarà nei cinema il 25-26 e 27 giugno.
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Anche se per certi aspetti un po’ troppo esagerato, preferisco questo doppiaggio,perchè è stata mantenuta intatta l’essenza originale del film che si allontana moltissimo dalla nostra cultura e che quindi, poteva essere resa solo con un linguaggio il più fedele possibile al giapponese. Sono laureata in giapponese e so quanto sia difficile rendere in italiano molti concetti a noi sconosciuti. Ma avendo già assistito, negli anni ’90, a una marea di cartoni giapponesi rovinati dai doppiaggi mediaset, ora è tempo di godersi traduzioni vere, basta “censure linguistiche”!!! 😉
Ma perché si parla sempre di imprinting del vecchio doppiaggio? Come se il nuovo non piacesse per il semplice fatto che è “nuovo”. E poi si ritorna sempre sul discorso del linguaggio antico. E’ da Porco Rosso, Kiki, e Arietty che sento giustificare il linguaggio usato allo stesso modo: “parlano come si parlava all’inizio del 900!” “parlano come si parlava negli anni 80” ecc. A me pare che gli ultimi film Ghibli parlino tutti male uguale! Altro che linguaggio arcaico!
L’adattamento del testo (perché è di questo che alla fine si parla) è stato molto curato rispetto alla prima versione, come ben detto non si possono tradurre tutti i termini ma di certo se ne può dare un’idea! Per quanto riguarda la scelta delle voci ho qualcosa da ridire, sono sempre le stesse e stufo di sentirle ogni qual volta ho la malaugurata idea di andare a vedere un film doppiato. Pino Insegno (un esempio) è peggio del prezzemolo…lo si trova ovunque