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Parliamo con Giorgio Paolucci, direttore scientifico di SESAME

Vi abbiamo già parlato di SESAME, il laboratorio di luce di sincrotrone ad Amman, Giordania, durante il report del nostro viaggio. Oggi, in apertura della nostra nuova rubrica interamente dedicata alla scienza, siamo qui con il direttore scientifico di SESAME, Giorgio Paolucci, fisico italiano “in prestito” dal laboratorio Elettra Sincrotrone Trieste, per parlare di cosa può significare fare scienza in Medio Oriente.

Innanzitutto, cos’è SESAME?

È un’organizzazione internazionale che gestisce un laboratorio multidisciplinare per lo studio della materia. È basato su un acceleratore di elettroni che producono una radiazione, applicabile ai campi più disparati dello studio della materia: atomi isolati, molecole, nano strutture, sistemi viventi… . Tale radiazione dà un’informazione sulla struttura fisica della materia con una precisione di micron, o per particolari applicazioni anche nanometri, e dà anche informazioni sui legami chimici a livello molecolare. Siccome le applicazioni sono molto variegate, dalla fisica fondamentale, alla chimica, alla biologia, SESAME è un incontro di discipline diverse, e persone con background completamente diversi.
Come funziona un laboratorio del genere? Ci sono dei gruppi di ricerca che fanno richiesta? In base a cosa vengono selezionati?
Questi laboratori sono tutti aperti all’utilizzo da parte dell’utenza generale. Si accede attraverso una proposta di un set di misure: viene mandato un progetto di ricerca che richieda delle misurazioni. Noi raccogliamo queste richieste e le mandiamo ad un gruppo di revisori esterni per limitare conflitti di interesse, che mettono i progetti in ordine di merito scientifico, e in base a questo viene assegnato del “tempo macchina” (cioè ore di disponibilità ad usare il laboratorio).
Queste proposte possono provenire da tutto il mondo? Principalmente dal Medio Oriente?

Naturalmente i Membri di SESAME hanno una priorità, ma il laboratorio è aperto a tutti. Questo non era ovvio a priori, però quando ho portato l’idea al Council di SESAME è stata accettata di buon grado. È importante perché avere qui gruppi potenzialmente molto esperti, che vengono dall’Europa, dagli USA, dal Giappone è un vantaggio per tutti, anche per i gruppi di ricerca locali, di cui solo pochi hanno esperienza. Essere confrontati con gruppi più esperti è grande occasione di crescita, questa è una lezione che tanti laboratori hanno già imparato. Ad esempio se guardi le statistiche del laboratorio da cui io provengo, Elettra di Trieste, scoprirai che pur essendo un laboratorio italiano, meno del 50% degli utilizzatori è italiano. 

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Al di là di questa occasione di confronto, cosa cambia per gli scienziati del Medio Oriente avere la possibilità di utilizzare un laboratorio “vicino a casa” e non dover andare in Europa, o in USA?

Intanto ci sono dei casi in cui la vicinanza è essenziale. Pensa ad esempio a coloro che studiano cultural heritage. Un conto è prendere un reperto archeologico di Petra e portarlo al SESAME, un conto è portarlo a Grenoble (Francia), con tutte le complicazioni burocratiche che ciò può comportare. O nel campo delle scienze della vita, a volte è cruciale poter accedere ad un laboratorio in tempi rapidi. Lo stesso discorso si può applicare a molti altri campi. 
Inoltre ci sarà una quota di tempo destinata ai Membri, quindi loro hanno effettivamente un vantaggio. Proposte buone ma non "eccellenti", che potrebbero essere escluse in un laboratorio europeo, magari qui riescono a passare. Tieni conto che in un laboratorio europeo vengono accettate circa la metà delle proposte di ricerca, anche meno. È importante essere Membro di un laboratorio di questo tipo, è una possibilità di crescita per magari giovani ricercatori che hanno delle buone idee, ma grosse difficoltà ad accedere ad un laboratorio europeo o americano o giapponese.

Di questi paesi membri, come mai è stata scelta proprio la Giordania per costruire SESAME?

Vari paesi avevano dato la loro disponibilità ad ospitarlo, ma la Giordania forniva le migliori garanzie e la migliore offerta economica. L’edificio che ospita SESAME è completamente finanziato dallo stato, il terreno è stato fornito gratuitamente, e la Giordania è uno dei pochi Membri di SESAME che poteva assicurare l'accesso a scienziati provenienti da tutti gli altri Membri. 
Immagino che a SESAME lavorino persone provenienti da tutti questi stati. Com’è l’ambiente lavorativo fra persone provenienti da tutti questi background politicamente “caldi”?

Quando lavori su progetti scientifici in realtà c’è poca interferenza fra il lavoro scientifico e gli aspetti politici, religiosi o culturali. Si lavora per un obiettivo comune, e si lavora serenamente tutti insieme. Non vengono portati dentro SESAME questi conflitti. L’israeliano, il palestinese, l’iraniano, si parlano tranquillamente di scienza allo scopo di fare il migliore uso possibile di questa macchina.

E immagino non succeda in molti ambiti. Invece per te come scienziato italiano com’è stato trasferirsi in Giordania? Com’è fare il tuo lavoro in questo paese?

Sul lavoro in realtà non è molto diverso. Noi in Italia siamo abituati ad essere molto critici della scarsezza di finanziamenti alle attività di ricerca. Beh, qui è peggio, quindi devi abituarti a fare ragionamenti tipo “SESAME deve fare questo: abbiamo i soldi? Chissà, aspetta, vediamo, tardiamo di un mese l’ordine”. È una cosa a cui, in realtà, come italiano, sono abbastanza formato. 
La vita di tutti i giorni è molto diversa. La società è diversa. Le città sono diverse. Cose che noi diamo per scontate in Europa o in Italia in particolare, qui non lo sono. Un esempio per tutti: una delle attività tipiche è “vado a fare una passeggiata in centro”, ti prendi un caffè, ti compri una cosa. Ad Amman non esiste. C’è solo un quartiere dove trovi marciapiedi opportuni per camminare, infatti c’è un traffico pazzesco perché tutti vanno in macchina. Si hanno questi centri virtuali, che stanno comparendo in questa veste anche in Italia, che sono i centri commerciali. Quindi uno va a fare la passeggiata al centro commerciale, ma non è la stessa cosa. Ultimamente in Giordania si sta cercando di ridurre l’impatto ambientale e mettere in sesto un sistema di trasporto pubblico. Vedo più autobus, e stanno comparendo delle vere e proprie fermate. Fino a pochi mesi fa vedevi gruppetti di persone ferme, senza una apparente motivazione, e poi si fermava un autobus, e questi ci salivano. Le fermate erano tramandate per tradizione orale.

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Giada Rossi

Laureata in Astronomia, aspirante Astrofisica. Curiosa di natura. Scrivo soprattutto di scienza, ma preferisco parlare di cani buffi.

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