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Obesità: non è solo questione di cifre

Da dizionario, il termine obesità è: "l'eccessivo aumento del peso di una persona, dovuto a soverchia pinguedine"
Secondo il sito del Ministero della Salute "la prevalenza dell’obesità a livello globale è raddoppiata dal 1980 ad oggi; nel 2008 si contavano oltre 1,4 miliardi di adulti in sovrappeso (il 35% della popolazione mondiale); di questi oltre 200 milioni di uomini e oltre 300 milioni di donne erano obesi (l’11% della popolazione mondiale)." 
Definizioni e statistiche possono dirci quali conseguenze può portare, quali sono i danni, ma non possono spiegare con chiarezza cosa sia l'obesità, come sia viverla e cosa voglia effettivamente dire affrontarla.
Ed è per questo che abbiamo chiesto a Roberta, cara amica, impiegata, pazza, romantica, amante del Giappone, perché lei lo sa.
Puoi raccontarci cos'è l'obesità? Non da un punto di vista medico – scientifico, ma dalla prospettiva di chi l'ha vissuta?
Le parole che mi vengono subito in mente sono “sofferenza” e “rabbia”. 
Per la società, i problemi di peso sono dovuti soltanto alla mancanza di autocontrollo e al non voler cambiare la situazione. Purtroppo non è così, o meglio la spiegazione non è così semplice. 
L'obesità è la manifestazione visibile di un disagio che si ha vissuto o si sta vivendo, é la somatizzazione della propria bassa autostima, una richiesta di aiuto e fondamentalmente l'espressione della propria fame di affetto, ma giudizi superficiali, prese in giro e la sensazione di essere diversa, anormale, sbagliata, dovuta all'accusa implicita di non voler reagire e all'impossibilità di rientrare nei canoni di bellezza socialmente condivisi, alimentano i pensieri negativi che portano poi a un circolo vizioso da cui è difficile uscire, generando, appunto, rabbia e sofferenza.
Solo col tempo e con un lungo lavoro su me stessa, sono riuscita a capire che l'obesità era un'amica e compagna di viaggio che tentava di farmi uscire dalla condizione di invisibilità in cui vivevo, per farmi ritrovare i miei spazi e la mia dimensione, ma sino ad allora l'ho vissuta come una sorta di sentenza che pesava sulle mie spalle.
In quale momento ti sei davvero resa conto di avere un problema reale? E come sei arrivata a tale consapevolezza? È corretto parlare di “problema”?
Se dal punto di vista medico, non vi è dubbio che l'obesità sia causa di tutta una serie di complicazioni, a livello psicologico l'obesità diventa un problema nel momento stesso in cui condiziona la propria serenità. Ci sono persone che vivono con tranquillità e naturalezza il proprio peso, ma la maggior parte lo avverte come un problema, anche se si concentra più sulla questione dieta che sulle vere motivazioni che portano a mangiare più del necessario. 
Per quanto mi riguarda, non posso dire che sia stata un nuova consapevolezza a condurmi al tentativo di cercare una soluzione, quella l’ho acquisita dopo ed è un percorso ancora in divenire. La vera scintilla è stata un pensiero nuovo, quello di poterci provare e di lasciare aperto l'esito di questo tentativo, senza stabilire a priori il mio fallimento. 
In quel periodo un’amica a me molto vicina si era rivolta al servizio dietologico locale e aveva perso una decina di chili e vedendo lei, per la prima volta ho pensato “perché non dovrei farcela io? Non ho idea di come fare, ma so che ho bisogno di aiuto e per la prima volta so a chi rivolgermi e come procedere per far domanda”. Questo ha insinuato in me il dubbio che le cose potessero davvero cambiare ed essere diverse da come le stavo vivendo in quel momento e per la prima volta ero io stessa a concedermi una possibilità. 
Molto spesso è questo che manca, credere davvero in quello che si fa, senza pregiudizi. 
Quanto dipende da ciò che hai dentro e quanto dall'influenza di fattori esterni?
In realtà sono due aspetti che confluiscono continuamente. Ognuno è cresciuto con le proprie idee, secondo la propria storia personale ed educazione, in base alle quali ha creato i propri criteri di valutazione della realtà. Una persona che soffre di bassa autostima normalmente ha delle aspettative e dei criteri di autovalutazione molto alti che portano ad essere estremamente critici verso se stessi. Allo stesso tempo è provato che il nostro cervello si concentra sugli aspetti della vita che vanno a confermare le proprie idee e pertanto la persona riterrà validi solo i feedback negativi che andranno ad alimentare e confermare l’idea di non valere abbastanza e di non poter uscire da questo destino di sofferenza, non riuscendo quindi a vedere il suo vero valore, il valore delle sue azioni ed il buono che ha in sé. 
Allo stesso tempo, input esterni, derivanti da abitudini e convenzioni sociali consolidate, prese in giro e talvolta da atti di bullismo, non fanno altro che rafforzare la sensazione di essere sbagliata e diversa, di non meritare uno spazio. Anche cose semplici e per scontate per la maggior parte delle persone, diventano fonte di disagio, se non di sofferenza. Andare a comprare i vestiti per esempio. Il reparto taglie grandi, se presente, é di frequente relegato a un angolino in fondo, quasi nascosto, e molto spesso presenta vestiti dallo stile datato e che non mira all’esaltazione delle proprie forme. Già il fatto che non tutti i negozi abbiano taglie forti e quello di avere un reparto dedicato implicano l’idea di diversità, ci avevate mai pensato? Perché fare shopping, invece che essere un piacere, deve essere motivo di frustrazione? Perché per qualche chilo in più, non posso sentirmi donna, sentirmi bella ed esprimere la mia femminilità? Fortunatamente negli ultimi anni i negozi con taglie grandi sono aumentati e sembra via che sia anche più varietà di stile. 
Per quanto riguarda prese in giro e atti di bullismo, quelle ti demoliscono dentro.
Sono snervanti, perché non sai come reagire. Se taci, fai il gioco dei bulli, se reagisci pure. Anche qui adesso vi è maggiore attenzione da parte delle autorità.
In caso di bullismo, parlatene con amici e parenti. La vera arma è non restare soli. 
Ne sei stata vittima anche tu? 
Sì, ma fortunatamente è stato per un breve periodo e solo con atti di tipo verbale. Prendendo l'autobus al ritorno da scuola, dei ragazzini mi avevano preso di mira con parole molto pesanti rivolte sia alla mia persona sia alla mia famiglia. Tornare a casa era diventato un incubo e la sensazione di impotenza era sempre più forte, ma la cosa che più mi ha fatto male è stata che nessuno sul bus, nemmeno un adulto, mi ha mai difesa. Dopo un mese, non li ho più trovati sull'autobus, né visti in città. La questione fortunatamente si è risolta da sola, ma è stato comunque un periodo molto difficile.
 
La cosa che più ti ha aiutato e motivato nel tuo percorso di dimagrimento, qual è stata?
Io ero stata inserita in un programma ospedaliero che prevedeva attività fisica, educazione alimentare e pranzo condivisi con altre tre ragazze nella mia stessa situazione. Ci siamo motivate a vicenda e confrontate sulle difficoltà che incontravamo quotidianamente o su sensazioni ed esperienze vissute. All'inizio questo è stato molto d'aiuto.
Poi, dopo i primi successi, ti senti sempre più motivata, sempre più bella, ma soprattutto ti senti sempre più in grado di fare e di muoverti, in particolare a livello di attività sportiva. Hai voglia di metterti alla prova, di vedere fin dove sei migliorata, se davvero non sei ancora in grado di fare quell'esercizio. E più riesci a fare, più nasce dentro di te la forza di andare avanti e la voglia di fare sempre di più. Ti senti viva e finalmente il corpo non è più una gabbia, ma il proprio mezzo di riscatto e non c'é motivazione più grande.
Se potessi dare un consiglio alla te stessa di allora, quale sarebbe? Uno che avresti davvero ascoltato in quei momenti.
Le direi di adottare la filosofia "step by step", passo dopo passo. Se ci poniamo grandi obiettivi, guardare solo quanto è distante la meta non aiuta, anzi ciò la può far sembrare irraggiungibile e può far scemare qualsiasi minimo spirito di iniziativa. Ma se compiamo un piccolo cambiamento nella nostra vita, questo, senza rendercene conto, porterà ad ulteriori cambiamenti e predisporrá le condizioni per il passo successivo. E così, passo dopo passo, a un certo punto ci guarderemo indietro e scopriremo di aver percorso tantissima strada. Sono i cambiamenti piccoli e lenti che sono anche quelli più duraturi, quindi, concludendo, le direi di non avere fretta, di non porsi limiti di tempo, ma di iniziare con un piccolo passo. 
Sarà solo il primo di tanti, ma piano piano sarà proprio quello a condurre alla serenità. 

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