Che differenza c’è fra ricordo e memoria? Quando trovate in soffitta un vecchio cimelio di una persona cara che non c’è più, vi ricordate di un attimo, di un frammento del tempo passato insieme. Ma allo stesso tempo, sentite dentro di voi la memoria di quella persona riprendere forma e sostanza: qualcosa di più di un episodio che vi sovviene, come se in qualche modo quell’esistenza perdurasse in voi. Raccontare una serie di ricordi per costruire la memoria di un uomo è il compito enorme che si prendono Marco Aldrighi (testi), Christian Galli (disegni) e Alberto Bugiù (colori) con il graphic novel Ne è valsa la pena – La vita del Comandante Diavolo, dedicato a Germano Nicolini.
Una figura importante della Resistenza partigiana italiana, ma anche un uomo che nell’immediato Dopoguerra ha passato vicessitudini giustiziarie scioccanti. Che lo portano a scontare dieci anni di carcere, per poi risultare innocente quasi cinquant’anni dopo la condanna errata. Una storia fatta di forza di volontà, trasformata in un graphic novel edito da Ottocervo, l’etichetta di fumetti di Antonio Mandese Editore, in collaborazione con il circolo culturale Primo Piano di Correggio. Che vi raccontiamo in questa recensione.
La nostra recensione di Ne è valsa la pena
Germano Nicolini ha una storia importante: questo graphic novel lo dimostra. Dopo anni di ostinata pazienza per vedersi assolto da un crimine orrendo, mai commesso, ha ricevuto una chiamata di scuse dall’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga. Nel 2020, ha ricevuto da un altro Capo di Stato, Sergio Mattarella, il titolo di Cavaliere della Repubblica. Su di lui hanno cantato canzoni, Walter Veltroni gli dedica parole di rispetto come introduzione di questo fumetto. Ma gli autori di Ne è valsa la pena decidono di aprire questo graphic novel mostrandolo vecchio, centenario, vulnerabile.
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Adoriamo questa scelta. Chi ha avuto la fortuna di avere un nonno o un parente che ha vissuto gli anni terribili del fascismo e della Seconda Guerra Mondiale, pensiamo capisca al volo il perché. Vedere una persona anziana e pacata, raccontare con semplicità di imprese straordinarie durante il periodo della Resistenza, ci fa capire che gli eroi non hanno superpoteri. Ma sono determinati, sanno cosa è giusto e cosa sbagliato.
Un tipo di eroe molto diverso da quello che di solito si vede nei fumetti. Ma non per questo le imprese raccontate da questo graphic novel risultano meno sorprendenti.
Ricordi in una valigia
Marco Aldrighi sceglie di raccontare la storia del Comandante Diavolo con una serie di oggetti, che la badante Irina infila in una valigia uno alla volta. Suscitando in lei i ricordi delle storie di Germano Nicolini, che immaginiamo abbia raccontato con la dovizia di particolari che spesso gli anziani hanno quando ripensano alla gioventù.
I dialoghi di Aldrighi corrono veloci nei primi ricordi, che tracciano gli atti eroici che portarono Nicolini a ottenere il titolo di Comandante Diavolo durante la Resistenza in Emilia Romagna. I disegni con decise scelte registiche di Galli e la scelta di Bugiù di dare colori diversi a ogni flashback, come fossero girati su una diversa pellicola cinematografica, aiutano a immergerci subito nella storia di Nicolini, senza perdere tempo nell’approfondire i dettagli. Ma anzi, lasciandoci la fame di conoscenza per leggere accuratamente la biografia del Comandante Diavolo scritta in fondo al volume.
Il graphic novel in sé, infatti, dura poco. Hanno invece molta rilevanza i tributi grafici di altri artisti (tra cui Ivan Appio, che per Ottocervo ha scritto Tutti Eroi sul primo conflitto mondiale), fotografie e reperti, approfondimenti sulla figura di Nicolini. La storia a fumetti serve a conoscere questo nuovo personaggio, da approfondire sfogliando anche le altre pagine di questo volume (e dobbiamo ammettere che abbiamo anche subito cercato online qualche informazione di più).
Una storia difficile – ma “Ne è valsa la pena”
Il primo ricordo ci porta nel ’44, in piena Guerra Civile. Con poche brevi pagine che mostrano come Nicolini – catturato dai nazisti l’8 settembre del 1943, fuggito coraggiosamente e partigiano della prima ora – si guadagna il titolo di “Diavolo”.
Ma non si cerca di “divinizzare” la Guerra e la Resistenza, che resta dolorosa e violenta pur combattendo giustamente il nemico. Il ricordo di Fosdondo mostra il coraggio del partigiano, ma anche il suo dolore nel vedere morire chi combatte a fianco del Diavolo.
Nicolini infatti, pur sapendo bene da che parte fossero la ragione e la Storia, non trasforma i suoi avversari della Repubblica di Salò in mostri. Quando, come sindaco eletto nelle file del PCI, apre una mensa nel Dopoguerra, la apre tanto ai partigiani quanto ai reduci. E in poche pagine scopriamo che per lui l’umanità viene sempre prima dell’ideologia. È comunista e cattolico, cercando compromessi fra le due aree politiche più forti nella fine degli anni Quaranta. Ma presto scopriamo che proprio questa sua sensibilità gli costerà caro.
Ingiustizia e resistenza
Nicolini infatti viene accusato dell’omicio di don Umberto Pessina, un sacerdote della zona. Responsabili dell’omicidio erano altri tre partigiani, due dei quali confessarono dopo la fuga in Jugoslavia. Ma nessuno li ascoltò. Il Diavolo aveva un alibi (giocava a bocce nel Paese accanto), le testimonianze contro di lui risultarono fabbricate. Ma a nessuno importava. Il graphic novel e gli approfondimenti spiegano bene come la sua condanna a 22 anni (ne sconterà 10) arrivano per via del clima politico complicato del Dopoguerra, non per le prove giudiziarie. Sia la Chiesa che il PCI sembra sapessero dell’innocenza di Nicolini, ma il Diavolo era scomodo per entrambe.
Una storia di ingiustizia enorme, risolta solo nel 1994 quando il terzo colpevole confessò a sua volta. Questo ricordo fa da culmine della vicenda e cementifica la memoria di Nicolini: un uomo che ha saputo resistere, sempre. Partigiano a vent’anni come a cento.
La storia del Comandante Diavolo ci ha colpito davvero, vi consigliamo di scoprirla acquistando il graphic novel. Ma se anche non volete leggere fumetti (anche se, arrivati in fondo a questa recensione, ci sembrerebbe strano), vi invitiamo a cercare questa storia in ogni modo possibile. Dalla canzone a lui dedicata dai Modena City Ramblers fino anche a solo la pagina di Wikipedia, la storia di questo Diavolo che sapeva unire e sapeva resistere, merita di essere conosciuta e raccontata. Ne vale la pena.