Il nostro secondo speciale sulla mitologia ci conduce attraverso terre lontane e perdute (almeno per adesso) su cui vi sono ancora più misteri che per quasi ogni altro mito: Atlantide, che dopo secoli, anzi millenni, è ancora una vicenda universale, enigmatica e arcana senza pari.
La sua storia ha affascinato e ispirato innumerevoli artisti fin dall'antichità: racconti, libri, canzoni , film, videogame, anime, comics hanno ripercorso gli avvenimenti del continente perduto in molteplici chiavi. Ma quali sono queste chiavi? Quando si parla di Atlantide bisogna partire dal presupposto che, a differenza di mitologie orientali, mediterranee, norrene eccetera, quella atlantidea non ha "prove" scritte come un' Iliade, un' Odissea o un' Edda. Non è dunque semplice riuscire a ricostruire qualcosa di lineare, ma noi cercheremo tuttavia di districarci in questo dedalo chimerico attraverso un filo rosso che sarà quello della letteratura.
La testimonianza più antica in nostro possesso ci è stata tramandata da Platone nel Timeo, all'interno del quale il filosofo greco parte dall'origine delle cose e cerca di dare una forma all'universo, spiegando in maniera surreale e brillante come il nostro pianeta sia il risultato razionale di un progetto divino. Al filone cosmologico di questo dialogo si allaccia una delle sue ultime opere, ovvero Crizia, anch'esso un dialogo, con gli stessi personaggi del Timeo, ma nel quale viene approfondito notevolmente il discorso su Atlantide. Alcuni studiosi l'hanno definito un mero esperimento sociologico atto a indurre i lettori a credere a qualcosa di inesistente, ma al di là delle smentite, non ci piace immaginare un Platone tanto manipolatore, quindi pur senza ignorare il valore educativo dell'opera, attraverso la quale il filosofo greco vuole ammonire la polis ateniese, menzionando che la civiltà atlantidea sia scomparsa per la corruzione e altri crimini di cui i suoi contemporanei si stavano macchiando, per noi resta preziosa la descrizione delle terre atlantidee come zone di mare e terra alternate in cerchi concentrici di diversa ampiezza. Altro fattore rilevante è che a unire la mitologia greca a quella atlantidea vi sia la figura di Poseidone, divinità del mare che generò dieci figli ognuno dei quali divenne re di una regione e competenza diversa in Atlantide. Ma dov'è situata quest'area? Platone parla di un luogo oltre le colonne d'Ercole, e paradossalmente quest'ipotesi è stata presa in considerazione seriamente solo nelle ricerche più recenti: le località possibili a cui si è sempre fatto riferimento sono state numerose, dal Triangolo delle Bermuda a Creta, da varie zone al largo del Sud- America fino a sud della Terra del Fuoco. In quest'ambito, uno degli studiosi maggiori di fine Ottocento è stato Ignatius Donnelly, politico americano importante non tanto per scoperte eccezionali, ma perché nel suo Atlantis: The Antediluvian World, affronta seriamente l'argomento, cercando di provare tredici tesi fondamentali. Alcune delle sue asserzioni più rilevanti sono quelle che danno un peso maggiore alle parole di Platone, superando il pregiudizio fiabesco di cui si era andato a rivestire il lavoro del filosofo greco, ponendo le basi per studi successivi che portano la possibile collocazione di Atlantide al di là delle già citate colonne d'Ercole, di fronte alle coste andaluse, con punto di riferimento nella città di Cadice.
La posizione strategica di questo sito, aggiunta alla straordinaria potenza tecnologica per cui sono rimasti famosi gli atlantidei nei millenni, fanno giungere Donnelly alla conclusione che questa popolazione sia stata in grado di raggiungere tanto le coste sudamericane quanto quelle egizie: questo (sempre secondo Donnelly) spiegherebbe perché entrambe le civiltà peruviane ed egizie abbiano somiglianze notevoli in determinati reperti ritrovati, legati in particolare al culto del Sole (culto di origine atlantidea). Da lì, lo studioso americano azzarda anche che le divinità che sono poi diventate quelle tipiche della cultura mediterranea e scandinava, siano in realtà i re di Atlantide, portatori di conoscenza e scienza, che generazione dopo generazione, storia dopo storia, sono stati innalzati fino a livelli di divinità, adducendo inoltre la motivazione che vi sia una sorta di sentimento comune tra molti popoli che li unisce grazie una forma di memoria universale. Per quanto alcune ipotesi, anzi quasi tutte, non siano scientificamente provate o provabili per il momento, testi e studi continuano a procedere nella speranza di testimoniare qualcosa di nuovo e verosimile. Assai recente è il romanzo dello spagnolo Manuel Pimentel, Il libraio di Atlantide, che narra in maniera commovente alcuni aspetti, anzi l'aspetto più magico e arcano degli studi su questa realtà perduta. L'autore parte da quella sensazione di nostalgia, di lontananza, di non-appartenenza a nessun luogo che affligge le anime sensibili, quel sentimento comune che tende alla catastrofe e al terrore che qualcosa possa sempre andare storto… da lì, i suoi personaggi, creature più o meno integrate nella società spagnola (di Cadice) attraverso percorsi quasi inconsapevoli si ritrovano a regredire a un'altra realtà, parallela, più antica, nella quale loro hanno vissuto e di cui possono conservare i ricordi, a fatica e con un processo quasi traumatico. Non ci sono studi scientifici ufficiali, ma non crediamo di volere prove razionali: che sia vero o meno, potrebbe essere un bel sogno in cui rifugiarsi di tanto in tanto.
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credo che il concetto di “portatile” (non solo console) sia cambiato negli ultimi anni. La gente si sta abituando ai computer portatili ma soprattutto ai tablet, che non sono esattamente “tascabili”. Ormai chi vuole portarsi in giro il suo dispositivo non ha più la stretta necessità di poterlo mettere in tasca, finchè può essere trasportato in borsa e non pesa troppo, va bene. Almeno questa è la mia impressione ^^