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Moonrise Kingdom: incantati e commossi

Wes Anderson è un nome non facile da gestire. Per questo redattore, scrivere di un suo film non è una cosa facile. Sarà l'affetto, la voglia di scrivere fin troppo e il bisogno di trattenersi: un po' per non ammorbare voi che leggete, un po' per non perdere il filo partendo con troppe considerazioni. 
Però è da fare. Questo Sabato sera al Cinema Centrale di Lucca è stata proiettata l'ultima creatura, Moonrise Kingdom, e Orgoglio Nerd adesso ve ne parla. Facendo in modo di non sforare.
E' un film che parla di bambini, o meglio ragazzini, o ancora meglio tredicenni; e ne parla sul ciglio tra meraviglia e un disincanto feroce.
Più precisamente parla di Sam e Suzy. Il primo (Jared Gilman) è orfano, vive con genitori adottivi non esattamente entusiasti e non è affatto amato nel gruppo scout che frequenta sull'incantevole isola di New Penzance; Suzy (Kara Hayward) vive in una famiglia più presente, forse troppo visti i fratellini sempre fra i piedi, ma non può non vedere la fine del rapporto tra i genitori. Parla della loro fuga all'interno dell'isola per vivere assieme e cercare una caverna nascosta, il moonrise kingdom del titolo, dove rifugiarsi; e intanto parla del capo scout Ward (Edward Norton), volenteroso ma ossesso e alla fine solo, del capitano Sharp (Bruce Willis) che si mette a cercarli, della coppia in crisi. Parla soprattutto di Sam e Suzy comunque, e di come crescono e cercano di capirsi, di amarsi, di trovare una sorta di oasi felice l'uno con l'altra.
Si parla di ragazzi ma, nella filmografia di un regista che si concentra su atmosfere surreali e personaggi malinconici, questo è un capitolo con un che di crudo. Come se a spostarsi dai classici protagonisti trentenni a ragazzini, si fosse voluto adottare uno sguardo meno tranquillo, più emotivo. Certo, c'è il conclamato stile Anderson (come s'è detto ci sono tanti personaggi con un che di buffo o bizzarro, qualche tic, un'estetica da anni '60-'70, fotografia molto estetizzata, parecchia musica da quegli anni, sequenze al rallentatore con sottofondo musicale, attori ricorrenti come Bill Murray e Jason Schwartzmann) ma è al servizio di una storia che, da cattiverie tra ragazzi a goffe ma inevitabili scoperte del proprio corpo, si rivela fiabesca ma niente affatto edulcorata. Quando poi gli adulti sono soli e indecisi al pari (e anche di più) dei tredicenni, tante cose andranno risolte.
E' una storia sempre delicata, mai pruriginosa, ma comunque viscerale a suo modo. Le belle e fredde coste di New Penzance, immaginaria isola al largo del New England, ne sono un po' il simbolo: una natura bella, campi di grano dal colore luminoso e boschi perfetti per l'avventura, ma assieme il mare e il tempo che non perdonano quando si fanno tempestosi. C'è uno strano personaggio ad introdurre l'isola all'inizio del film, a mo di documentario, per far calare il clima stralunato e malinconico: c'è la continua presenza della musica, solo che qui invece di Bowie o Elliot Smith abbiamo la musica classica novecentesca di Benjamin Britten. Sua l'opera sacra Noye's Fludde – Noè e il diluvio- che fa incontrare i due ragazzi, e suo un altro parallelismo: un compositore come lui, che si è destreggiato tra una Young Person's Guide to the Orchestra – nella colonna sonora – e sobrie tragedie inglesi, è un altro specchio per la storia che oscilla tra meraviglia di bambino e drammi da affrontare.
Ci sarebbe molto altro da dire, attori da menzionare, immagini che ricorrono, l'immaginario americano sugli scout…tagliamo però corto. Tanto perché tutto non suoni come un'eterna sviolinata – non è perfetto, Moonrise Kingdom. Quale cosa la è, in fondo? Ma bandendo i dubbi concettuali, chiariamo: non è detto che sia per tutti. Chi volesse una trama perfetta, per nulla forzata, dove tutto ha una causa precisa e il plot è preciso come un meccanismo ad orologeria, si troverà deluso: l'andamento è simile a quello della letteratura classica per ragazzi, dove eventi strani o disastrosi avvengono proprio quando servono a mettere le persone in difficoltà e, in questo momento, a realizzare qualcosa. Insomma, capita che accadano cose decisamente sopra le righe con un modo da fare da fiaba. Poi le atmosfere di Anderson, i suoi personaggi sempre infelici o 'soltanto' inguaribili malinconici, i suoi classici trucchetti potrebbero apparire stucchevoli a qualcuno. 
Certo, il consiglio è sempre di volere stare al gioco per poco più di un'ora e mezza e lasciare a questa storia la chance di affascinare, incuriosire, colpire e magari commuovere. 
A dargliela, questo film colpisce eccome.

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