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Monster, Naoki Urasawa: quando il mostro è dentro di noi

Il capolavoro che continua a terrorizzare migliaia di lettori. Ma cosa c'è di plausibile nel caso Johan Liebert?

E’ innegabile, nello spendere ulteriori parole circa la grandezza delle opere del maestro Naoki Urasawa si rischierebbe senz’altro di scadere nel ripetitivo. Anche e soprattutto se al centro dell’analisi si pone Monster, senza dubbio l’opera più popolare del fumettista giapponese. Eppure, al termine della lettura, tra le miriadi di domande circa l’intricatissima trama generale, è impossibile non porsi un interrogativo fondamentale. Coloro i quali già conoscono i personaggi della vicenda sapranno certamente di quale domanda si tratta. Un senso di curiosità, misto a fascino e paura, ha fatto sì che tutti, almeno una volta, alla fine dell’ultimo volume, ci chiedessimo: fin dove può arrivare l’agire di un essere umano affetto da disturbo di personalità multipla?
Monster, le basi scientifiche

Il caso Johan

Proprio come fossimo detective della BKA, è più che logico partire innanzitutto dal nostro profil di riferimento, ossia colui che andremo a studiare. Di conseguenza, questa particolare sezione sarà inevitabilmente colma di spoiler, pertanto si consiglia a tutti coloro i quali non hanno letto l’opera di recuperarla prima, per poi tornare a leggere l’articolo. O, in alternativa, saltare a piè pari fino al prossimo paragrafo. Noi, ovviamente, consigliamo la prima. Come detto, è noto ai più che il principale antagonista dell’opera, Johan Liebert, è un serial killer affetto da disturbo di personalità multipla. Egli pare sviluppare la patologia in tenera età quando, per proteggerlo dalla polizia segreta cecoslovacca, la madre veste per un lungo periodo il giovane Johan con abiti femminili, facendolo apparire completamente identico alla sorella Anna, mantenendo quindi segreta la sua identità. Il momento della separazione, punto focale della stessa storia, rappresenta un passaggio fondamentale per lo sviluppo della patologia. La giovane Anna viene consegnata alla polizia, mentre Johan è abbandonato per sempre al dubbio che infrangerà la sua psiche. Il giovane infatti non smetterà di chiedersi, da qui in avanti, se la madre avesse o meno riconosciuto i due gemelli, e se quindi abbia scelto con coscienza di consegnare Anna, piuttosto che lui. A dire il vero, l’autore sembra voler coprire con un sottilissimo velo di mistero questa parte del
racconto. Ad una prima lettura, e dai racconti di cui Johan sarà a conoscenza, sembra proprio che sia stato lui ad esser stato portato via, in direzione della Villa delle Rose. Tuttavia, non è così. Da quel preciso istante, la psiche di Johan sarà divisa in due. Da una parte, un giovane ambizioso, intraprendente e di bell’aspetto. Dall’altra, un mostro.

Il disturbo di personalità multipla

Inannzitutto, che cos’è il disturbo dissociativo di personalità, o di personalità multipla? Esso è un disturbo mentale che prevede l’esistenza di almeno due personalità contemporaneamente all’interno dell’individuo. Queste sono in grado di controllarne il comportamento, con la conseguente perdita totale di memoria dei momenti di dissociazione. Ma come nasce e si sviluppa la separazione? In merito, il noto psicoanalista Sigmund Freud si riferisce a tale avvenimento col nome di trauma della scena primaria. Essa non è assolutamente la principale causa di alcun disturbo dissociativo, ma rappresenta un primo tassello nel gigantesco puzzle che porta alla patologia. Il trauma della scena primaria non è altro che il primo scontro tra una componente istintuale e la componente ideale normativa. In questa equazione, possiamo definire la seconda come una qualsiasi delle norme sociali comunemente accettate che l’individuo tende ad interiorizzare nei primi anni di vita. Si parla dunque di un vero e proprio dualismo, in cui i desideri dell’individuo si scontrano con la sua coscienza, guidata da un insieme normativo ben preciso. Un po’ come Norman Bates che in Psyco, innamorandosi di una donna (comportamento  ideale normativo) si sente in colpa per il fatto di non provare attrazione fisica per la propria madre, suo unico riferimento infantile. Proprio questo esempio ci è utile per spiegare da cosa nasce il disturbo dissociativo di personalità: si parla infatti di fuga dissociativa quel momento in cui, nell’affrontare situazioni psicologicamente complesse, come i casi riportati sopra, e percepite come impossibili, l’individuo divide la propria personalità, dissociandosene in parte. “Volendo immaginare l’animo umano come una stanza buia, colma di emozioni innate comuni a tutta l’umanità, la personalità si manifesta nel momento in cui vi viene accesa una torcia. Nel caso di personalità multipla, alla persona non piace il punto in cui è accesa la torcia e vuole cambiare, senza però avere il coraggio di spostare la luce. Allora esce, compra altre torce e le accende tutte.
Testi di Lorenzo di Salvatore (EcceOvo)

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