Due mesi fa un vero e proprio terremoto ha scosso l’intera community di DragonBall Super. Nella puntata n. 110, ha fatto la sua prima apparizione una delle forme più discusse ed apprezzate di Son Goku degli ultimi anni: l’Ultra-Istinto(身勝手の極意 Migatte no Gokui).
Nell’universo di Super, il Migatte no Gokui è un’abilità così eccezionale che persino alle divinità sembra essere preclusa. Durante tale forma l’estetica di Son Goku non subisce molte variazioni rispetto a quella base: i capelli si sollevano leggermente, rimanendo neri ed assumendo una leggera luminescenza bianca; gli occhi, per contro, diventano grigi ed un'aura calda e argentata ricopre come un fuoco ardente il corpo; la voce, infine, diviene più profonda e con un’eco quasi selvaggia.
L’Ultra-Istinto, tuttavia, nasconde qualcosa di più rispetto alle semplici trasformazioni che fino ad ora sono state mostrate all’interno dell ostorico cartone. Lo stile di combattimento ed i movimenti fluidi ed impeccabili di Goku celano al loro interno uno dei principi cardini dell’arte marziale, la quale pone a sua volta le radici nelle dimensioni costitutive della cultura e della filosofia orientale.
Cos’è e come funziona il Migatte no Gokui?
L'Ultra-Istinto permette al corpo di reagire automaticamente a qualsiasi attacco senza che sia necessario riconoscerlo. In poche parole il corpo del guerriero si muove da solo senza l'utilizzo del cervello, consentendo all'utilizzatore di concentrarsi totalmente sullo scontro.
L’artista marziale, in questa condizione, non ha bisogno di pensare per attaccare; non ha bisogno di riconoscere i movimenti dell’avversario per reagire; tutti gli stili sono già presenti in lui in una dimensione primordiale e completamente immediata: la dimensione della vita.
Il combattere ed il combattente si fondono nella natura stessa dell’uomo, rendendo il primo il respiro del secondo.
Per chiarire meglio ciò che si sta dicendo è consigliabile paragonare questo statuto esistenziale, questo modo di vivere, all’atto del respirare: un atto vitale così inconscio e spontaneo da aver raggiunto la dimensione di naturalezza essenzialmente umana.
Per respirare bisogna contrarre i muscoli intercostali, espandere il torace, dilatare i polmoni, ed appiattire il diaframma; un’azione complessissima, ripetuta 16 volte al minuto e migliaia di volte al giorno, ma che avviene in modo completamente inconscio. In questa dimensione dell’agire non vi è intenzionalità, non vi né premeditazione, né mediazione da parte del cervello (inteso nel senso di volontà cosciente); solo un’azione che, nella sua profondità esistenziale, non può essere scissa da ciò che si può definire umano.
Il vero artista marziale trascende il carattere progettuale della lotta; eleva il combattere a statuto fondante del proprio esser uomo, diventando, così, qualcosa di diverso da quest’ultimo. L’immediata ed inconsapevole comprensione dell’atto del combattere lo erge, rispetto combattenti comuni e mediati, a divinità.
Quando si raggiunge la maturità in quest'arte, si avrà una forma senza forma. È come il ghiaccio che si dissolve nell'acqua. Quando non si ha una forma, si può avere qualsiasi forma;quando non si ha uno stile, si può avere qualsiasi stile. […] Se cerchi di ricordare tutto, perderai. Svuota la tua mente. Sii senza limiti, senza forma, come l'acqua. Se metti l'acqua in una tazza, lei diventa una tazza. Se la metti in una teiera, diventala teiera. L'acqua può fluire, spargersi, sgocciolare o spezzare. Sii acqua, amico mio.
Per quanto riportato da Bruce Lee, essere un artista marziale maturo e conciliare il combattere ed il vivere vogliono dire essere un uomo avente una forma-non forma. Ma cosa è una forma?
Forma, in giapponese Kata, nelle arti marziali giapponesi indica, sotto il profilo tecnico, una serie di movimenti preordinati e codificati, rappresentanti varie tecniche e tattiche di combattimento reale utilizzate contro avversari immaginari.
Kata preserva una tradizione tecnica e allo stesso tempo una tradizione culturale. L’artista marziale praticando il Kata quotidianamente, vive il Kata, fa vibrare le corde più profonde del proprio corpo, esercitando un autocontrollo sulla respirazione e ricercando una efficacia nelle tecniche,armonizzando tutto il Kata in un qualcosa che va oltre il semplice schema. L'esercizio del Kata, quindi, è una"forma rituale" che ha come proprio fine il Dō, la "via". In esso, attraverso la respirazione, si fondono la componente fisica e mentale, raggiungere una più elevata condizione spirituale. Il Dō, letteralmente “ciò che conduce”, ha qui il senso di “disciplina”, vista come “percorso”,“cammino”, come detto sopra, non solo fisico ma soprattutto spirituale. Nelle arti marziali giapponesi è un suffisso che sta a significare l'evoluzione della stessa arte da pura e semplice tecnica di combattimento, usata dai militari in tempo di guerra, a disciplina formativa volta a realizzare nel praticante, in tempo di pace, un'elevazione di tipo "spirituale" ed esistenziale.
La forma-non forma è proprio il compimento dell’immediatezza, il raggiungimento della naturalità della lotta, in cui la solidità dello schema, della forma, si scioglie in uno stato d’adattamento spontaneo all’avvenire del combattimento. La mancanza di schematismo non corrisponde in questo caso ad una mera impreparazione, bensì alla sublimazione stessa della tecnica combattiva, la quale, pienamente entrata nell’artista marziale, abbandona il suo carattere di mediatezza schematica per abbracciare una dimensione d’istintuale adattabilità a qualsiasi condizione concreta. La mente si svuota, perde il suo ruolo di inframezzo fra lotta e corpo, il ricordo della forma lascia il passo alla spontaneità dei movimenti, il limite si tramuta in apertura. L’artista marziale scorre con la corrente degli eventi, fluisce come l’acqua sul terreno, vince senza distruggere, si adatta senza dominare. Questo è il Dō, questa è la Via.
Gokuha rotto il guscio che lo determinava come combattente, ha dimenticato il limite intenzionale che lo separava dal combattere ed ha abbattuto il muro di forme che gli impediva una completa e spontanea coincidenza con la lotta.
Cercar di descrivere cosa sia in sé l’Ultraistinto equivale a spiegare in parola cosa sia nella sua pienezza la Vita: Vivere.
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