Fa impressione pensare a quanto sia gigantesca la storia del fumetto Marvel. Una quantità di storie quasi imponderabile, in cui sono passati tantissimi villain ed eroi diversi. Per fortuna c’è chi ha sviluppato una certa abilità di navigazione in questo oceano di fumetti. Stiamo parlando di Marco Rizzo che a Lucca Comics & Games 2023 ha presentato un nuovo volume incentrato sulla storia dei fumetti Marvel. Ma non è l’unica sorpresa a tema supereroi che questo autore ha portato alla fiera toscana…
Marco Rizzo, dagli eroi Marvel a quelli della Croce Rossa
Dopo aver curato insieme a Fabio Licari volumi che celebrassero la storia e l’anniversario di personaggi iconici come Spider-Man, Hulk e Capitan America, Marco Rizzo è tornato ancora a tuffarsi nella storia Marvel, per ripercorrere le lunghissime vicende del suo gruppo di eroi più famosi. Stiamo ovviamente parlando dei Vendicatori, protagonisti del volume Avengers: 60 Potenti Anni che proprio in questi giorni ha fatto il suo debutto.
Un saggio che, sulla scia dei predecessori, ci porta mano nella mano alla riscoperta della storia dentro e fuori dalle pagine di questo super gruppo. Un team-up che come sappiamo ha cambiato profondamente la storia non solo del fumetto americano ma della cultura pop in generale, attraversando diverse ere ed epoche.
Ma Marco Rizzo ha incrociato la strada degli eroi Marvel anche in maniera diversa negli ultimi anni. È infatti entrato nel ristrettissimo cerchio di sceneggiatori italiani che hanno avuto l’opportunità di scrivere storie di Spider-Man, per una speciale serie a fumetti che arriva finalmente in Italia.
E infine, quest’anno è toccato a lui, Teresa Cherubini e Giulia Adragna l’onore di curare l’albo distribuito da Panini a Lucca Comics & Games 2023 per promuovere la donazione di sangue, intitolato Red Sword. Un progetto dall’importante risvolto sociale, che ha avuto un sorprendente impatto fin da subito, come lo stesso Rizzo ci ha raccontato nella nostra intervista.
Quattro passi tra le leggende degli Avengers
Parlare con Marco Rizzo di fumetto Marvel è un’esperienza fantastica. Si può davvero percepire non solo la conoscenza enciclopedica dell’epopea della casa editrice, ma anche un profondissimo amore per la materia. È stata una chiacchierata che ci ha insegnato molto e che soprattutto ci ha lasciato tanta voglia di tuffarci a leggere e rileggere quegli albi che ci hanno accompagnato fin qui. Che poi è lo stesso effetto che Avengers: 60 Potenti Anni ci ha fatto quando lo abbiamo sfogliato per la prima volta. Ma ecco cosa ci ha raccontato Rizzo…
Partiamo da questo titolo: 60 Potenti Anni. “Potenti” è un termine che ha un significato importante per la storia di questi personaggi, ma che significato dai tu a questo aggettivo nel titolo?
“Potenti” intanto è una citazione del titolo “Mighty” Avengers. Come nei precedenti volumi abbiamo citato Amazing Spider-Man ed era 60 Stupefacenti Anni, 60 Anni Incredibili per Hulk… In questo caso è potenti. Poi perché è il potere, la potenza che è sempre al centro delle storie degli Avengers, con questo cast che è sempre un cast All-Star, anche quando ci sono delle delle formazioni più strane. Penso a New Avengers di Bendis dove c’è comunque una potenza di fuoco niente male
E potenti poi perché sono indimenticabili, perché sono 60 anni di storia e di autori che sono poi gli autori che hanno fatto la storia del fumetto. Non solo Lee e Kirby, ma anche Roy Thomas, Steve Englehart o più di recente appunto Bendis, Hickman e tanti tanti altri. Quindi è una potenza su più linee: una potenza di fuoco, una potenza delle storie e una potenza degli autori.
La prima frase del libro è “Tutto cominciò su un campo da golf“. Insomma, gli Avengers dovevano avere anche editorialmente una origin story memorabile. Vuoi raccontarcela velocemente?
Questa è una delle leggende urbane più belle del fumetto. Ci sono questi due patron delle case editrici principali dell’epoca – anche se in verità Marvel non era ancora il colosso che sarebbe diventato di lì a poco – Jack Liebowitz per DC e Martin Goodman per Marvel. Era questo parente di Stan Lee, che però era prima di tutto un editore della Atlas, che poi sarebbe diventata la Marvel e prima ancora era la Timely.
Questi due, come tanti riccastri americani, si ritrovavano la domenica pomeriggio sul campo da golf e si svelavano senza porsi problemi di insider trading i segreti industriali e i propri piani. Leibovitz spiegò l’uovo di Colombo a Goodman cioè “Farò una serie a fumetti con tutti i più grossi eroi della mia casa editrice”. Allora la DC aveva già rilanciato alcuni personaggi della Golden Age, che erano scomparsi durante gli anni ’50, tipo Flash e Green Lantern, e continuava a pubblicare Wonder Woman, Batman e Superman. La cosa semplice era “Mettiamoli assieme”.
Se funzionano da soli, insieme faranno faville…
E così fu, con Justice League of America. Quando Goodman andò da Stan Lee e disse: “Ho trovato l’uovo di Colombo per i supereroi” eravamo nel ’61, quindi siamo proprio agli albori della storia Marvel. Lui rispose con i Fantastici Quattro. La risposta era formalmente sbagliata, ma in realtà più che corretta perché i Fantastici Quattro erano personaggi nuovi. Tranne Capitan America, che mancava da diversi anni sugli scaffali, Marvel non aveva praticamente un team di supereroi da mettere assieme.
I Fantastici Quattro non avevano identità segrete, almeno all’inizio non coprivano il proprio volto, nei primissimi numeri non hanno manco le divise. Combattono mostri che sono gli stessi mostri che si vedevano nelle storie dei mostri di Kirby e Lee di pochi anni prima… Nonostante fossero poi di successo perché il successo sappiamo stava proprio nella loro originalità.
Poco dopo nacquero gli altri personaggi Marvel cioè Hulk, subito dopo poi Spider-Man, Thor e così via… Quando il il numero di personaggi divenne bastevole fu naturale nel settembre ’63 metterli insieme. Tra l’altro in contemporanea lanciano gli X-Men che è un altro gruppo atipico e fanno il compleanno lo stesso mese. Però a differenza della Justice League gli Avengers litigano di continuo, comunque ci sono delle dinamiche insolite.
Fin da (quasi) subito ad esempio uno dei membri fondatori originali Hulk viene allontanato, no?
Sì tipo due numeri, poi torna come nemico.
Com’è stato lavorare questo libro, proprio da un punto di vista pratico? Come lo avete sviluppato?
Intanto è un libro fatto insieme a Fabio Licari, che è un collega appassionatissimo anche lui ed è tra l’altro il curatore di Supereroi Classic, che è una longevissima collana di ristampe che esce con con La Gazzetta dello Sport. Noi facciamo insieme una scaletta. che confrontiamo con Marvel e con Disney e Marvel ci dà dei suggerimenti. Delle cose che secondo loro sono da inserire o da togliere, ma solitamente quello che proponiamo viene sempre accolto. Poi ci dividiamo il lavoro.
Ormai il rodaggio è che lui fa le prime tre decadi e io le ultime. Io sono più giovane di lui, per questo faccio le ultime tre decadi. Però c’è un confronto continuo, perché poi lui rilegge le mie parti e magari aggiunge delle cose, io rileggo le sue e aggiungo, sistemo le cose… Quindi è un lavoro veramente a quattro mani.
Quanti albi hai riletto e ripreso in mano per creare questo volume?
Per fortuna io ho una pessima memoria per le cose importanti, tipo i PIN, però sui fumetti mi ricordo tutto molto bene, specie quelle cose che ho letto da ragazzino. Ce le ho ancora piantate, anzi disegnate in testa. E poi sì ho risfogliato decine e centinaia di fumetti che per fortuna tengo archiviati tra il garage e lo studio.
Una domanda particolare: hai una… Chiamiamola unpopular opinion sugli Avengers? Una formazione che non piace a nessuno ma che è la tua preferita o un leader che non è il preferito di nessuno ma per te merita davvero…
Sicuramente Monica Rambeau, che è stata Chairwoman degli Avengers negli anni ’80. Era un personaggio nuovo con un nome ingombrante, ma era anche un personaggio che era molto avanti per la sua epoca. Era una delle prime supereroine donne nere e la prima leader donna e nera degli Avengers. Se uno ci pensa oggi era l’ennesimo caso in cui Marvel era avanti con i tempi, no? Perché a meno di vent’anni dalla fine della segregazione razziale si proponeva una cosa del genere negli Stati Uniti ed era devastante.
E poi ci sono magari delle storie che mi sono particolarmente care. Ne parlavo oggi che c’è un personaggio di ultimissima fascia dei primi anni ’90 che si chiama Rage. Quello con la maschera gialla, vestito di pelle… Poi però se uno ci pensa in quegli anni in cui esplodevano le rivolte razziali nei ghetti americani spunta sto personaggio che è nero, ottiene i poteri da dei rifiuti tossici, viene dal ghetto, vive da solo con la nonna, è orfano e viene cacciato via dagli Avengers perché si scopre che nonostante la sua stazza è minorenne. Poi il personaggio è stato nei New Warriors ma è comunque un personaggio di ultimissima fascia. Eppure anche un personaggio così secondario può avere una profondità legata al contemporaneo.
Mi torna in mente la vicenda di Patriot, che si ricollega a uno dei miei passaggi preferiti nella grande storia degli Avengers, ovvero gli Young Avengers…
Eh beh, però questa non puoi certo dire che sia una unpopolar opinion, perché è una cosa bellissima. Poi Allan Heinberg è uno sceneggiatore di razza, quella è una grandissima serie. Anche quella dopo di Gillen e McKelvie è una grande serie molto moderna. Ce n’è veramente per tutti i gusti.
Io ricordo che, negli anni in cui poi sono spuntati prima mIRC, poi i forum poi i social network, alcune storie venivano recepite male, perché il sentimento comune lo dà “l’effetto TripAdvisor” come lo chiamo io. Cioè che se ti viene di recensire un ristorante è perché hai trovato una mosca nel piatto, non perché ci hai mangiato bene. Fa clamore la l’opinione negativa ed è quello che purtroppo oggi vediamo sui social in generale.
Io ricordo quando uscì Avengers Disassembled sembrava su Internet che l’opinione collettiva fosse “No, non va bene, disastro totale…”. E invece è stato un successo da subito, un continuo bestseller che ancora oggi viene ciclicamente ristampato e tra l’altro è un entry point perfetto anche per chi non ha mai letto gli Avengers. È una storia disegnata da Dio da Finch, che impone una svolta epocale e che impone un cambio di direzione anche stilistica perché Bendis ha uno stile inimitabile e riconoscibile. Senza dimenticare che in effetti ha materialmente venduto bene.
Sempre restando in casa Marvel, nell’ultimo periodo hai lavorato anche a un progetto molto speciale dedicato a Spider-Man. Vuoi raccontarci come è andata?
Io e Steve Foxe, che è uno sceneggiatore americano, abbiamo avuto due anni e mezzo fa l’incarico da Disney e Marvel di creare una nuova linea di fumetti di Spider-Man, che si chiama The New Adventures of Spider-Man e oggi arriva in libreria in Italia. Già da un annetto ormai viene pubblicata a puntate su una rivista in Inghilterra e poi prossimamente arriverà anche agli altri Paesi.
Abbiamo creato delle nuove storie di Spidey, con il solito cast, i soliti villain però reinventati. Sono state aggiornate ai giorni nostri. E ne è uscito un volume per ora, probabilmente ne usciranno altri ed è tra l’altro un progetto molto italiano. Ci sono dei disegnatori della scuderia Disney come Claudio Sciarrone e Mario Del Pennino, senza dimenticare Valentina Taddeo ai colori. Insomma c’è un bel team e io sono l’unico sceneggiatore italiano al momento.
Anche questa cosa è rara. Poter scrivere per Marvel di questi personaggi solitamente è qualcosa che è riservato agli autori anglofoni. Anche questa è una bella responsabilità è un bel peso. Ma soprattutto è divertente da morire perché entri nella testa di Peter Parker.
Uno dei personaggi più affascinanti della storia del fumetto americano…
E pur essendo brevi sono storie dove come proviamo a inserire delle tematiche importanti, dall’ecologia ai social… Argomenti che oggi riguardano tutti e sono comprensibili anche dai bambini. Se ci riusciamo possiamo provare a lasciare nei lettori più giovani quello che noi abbiamo imparato dai fumetti di supereroi quando eravamo bambini.
A proposito di temi importanti, tu sei qui a Lucca oltre che con i titoli di cui abbiamo parlato finora anche con Red Sword, che è questo albo che si può trovare proprio qui allo stand Panini. Vuoi raccontarci come com’è nato e come si è si è sviluppato?
Panini mi ha chiamato perché sanno che io, oltre a lavorare come editor per loro, faccio i fumetti da sceneggiatore e sono anche “specializzato” in fumetti che si occupano di divulgazione. È un progetto che era già stato fatto l’anno scorso con Simple & Madama, con un altro albetto gratuito. Quest’anno hanno chiesto a me e Teresa Cherubini, che è questa giovanissima disegnatrice, di proporre qualcosa.
Io non ho resistito all’idea di fare un albo di supereroi, anche perché davanti al formato Panini – che poi è il formato comicbook – non puoi non pensare a un supereroe. Questo anche andando oltre l’assioma semplice supereroe-eroe-donatore: non è che c’è bisogno di superpoteri per donare il sangue.
Io dono il sangue da quando posso e ho imparato l’importanza della donazione del sangue proprio perché sono venuti dei volontari al liceo a spiegarci quanto fosse importante. Da allora cerco quanto possibile di donare. Spero questo questo libricino che abbia la stessa possibilità, che venga diffuso bene.
Una piccola soddisfazione già è successa l’altro giorno quando l’abbiamo presentato. Tra il pubblico infatti c’era un ragazzino di 12 anni, talassemico, che ci ha fatto commuovere tutti. Ha detto che “Grazie a questo fumetto forse le persone capiranno che cosa mi succede, perché ho bisogno del sangue”. Questo perché c’è anche una scheda sulla talassemia nella parte finale dell’albo.
Ed eravamo veramente tutti emozionati perché questo bimbo ha dato un un feedback immediato, l’ha letto durante la conferenza e ti ha fatto capire quanto è utile un prodotto del genere. È un prodotto che nasce con uno scopo, che punta alla sensibilizzazione ma io non avevo pensato a quell’aspetto. Io pensavo semplicemente a invitare a donare il sangue, ma c’è un altro livello. Dal punto di vista di quel ragazzino è far capire agli altri perché ha bisogno di sangue, che è una cosa molto più profonda di un semplice “Devi donare il sangue perché fa bene o perché c’è stato un terremoto una strage e quindi servono le sacche di sangue”.
E noi naturalmente rilanciamo l’invito di Red Sword e Marco Rizzo per la donazione di sangue, oltre che ringraziare questo autore per la sua disponibilità. E voi, quali storie degli Avengers ricordate con maggiore affetto di questi 60 potenti anni?
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