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Le Malerbe, la storia delle comfort women in una graphic novel

Parliamo della graphic novel di Keum Suk Gendry-Kim che narra le vicende delle comfort women dell'esercito giapponese

Quella raccontata ne “Le Malerbe”, graphic novel di Keum Suk Gendry-Kim, pubblicata in Italia da BAO Publishing, è una storia che probabilmente non avete mai sentito, e sicuramente non avete sentito in questo modo. Una storia drammatica, ma di quelle che vanno ascoltate nonostante ci faccia male ascoltarle. È la testimonianza delle comfort women dell’esercito imperiale giapponese.

Il contesto storico de Le Malerbe

Siamo tutti abbastanza certi di conoscere gli orrori della Seconda guerra mondiale. È uno dei capitoli più cruciali della storia recente, le sue conseguenze terribili hanno riguardato massicciamente il nostro paese, ma soprattutto hanno lasciato un segno nell’umanità intera. Per questo le studiamo a scuola, per questo anche a così tanti anni di distanza continuiamo a parlarne e ricordare le sue vittime e i suoi orrori, perché possano non ripetersi.
Tuttavia non si parla spesso di ciò che avveniva in quegli anni dall’altra parte del mondo. Siamo abituati a vedere il nostro continente come il fulcro militare e sociale della guerra, ma la piaga delle deportazioni, degli abusi, della fame e della miseria ha interessato il globo intero. La Corea era in quel periodo una colonia del Giappone, alleato della Germania nazista, e anche parte dell’attuale Cina era occupata dall’esercito giapponese che stava combattendo per invadere sempre più territori cinesi. A fare le spese di questo clima furono, esattamente come in Europa, gli abitanti dei territori occupati: abbandonati a loro stessi, deportati e uccisi per una guerra che non era loro.

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La tragedia delle comfort women…

Comfort women è un termine il cui suono piacevole si scontra con il terribile significato che vi sta dietro. Le comfort women dell’esercito giapponese erano donne, ma più spesso ragazzine o addirittura bambine, schiavizzate e costrette ad avere rapporti sessuali con i soldati dell’esercito giapponese. Spesso rubate dalle loro case in Corea o in Cina, a volte vendute dai genitori per pochi soldi che potessero aiutare la famiglia a resistere un giorno in più alla miseria, altre volte ancora sottratte con l’inganno a chi pensava di starle dando in adozione, di permettergli un futuro migliore. La loro è una storia di cui nessuno vuole parlare, che ad oggi fa discutere in Giappone, dove ancora c’è chi si rifiuta di dare la giusta dignità al ricordo questo orrore.

Ne “Le Malerbe” la vicenda della schiavitù sessuale è raccontata attraverso la storia di una donna coreana di nome Yi Okseon, portata con la forza in Cina e costretta a vivere lì come comfort woman. Le sue parole arrivano al lettore mediate dalla voce di una giovane, che poi è di fatto l’autrice della graphic novel, Keum Suk Gendry-Kim, che si reca a trovare nonna Okseon (così si riferisce a lei) a la ascolta raccontare la sua vita. Questa figura narrante dell’autrice è un vero e proprio personaggio, e ci aiuta moltissimo a metabolizzare le immagini e le parole a volte terribili. Ci concede momenti di pausa narrativa, dà voce alle nostre più inopportune domande, si stupisce e a volte scherza assieme alla protagonista, rendendo il dolore molto più umano.
Perché chiaramente di dolore si tratta, ma non risulta mai come un dolore fine a se stesso. Non vengono mai rappresentate scene terribili per il gusto di sconcertare il lettore. Il focus non è mai sul carnefice o sull’atto violento, ma sempre sulla donna che ne è vittima. Come la violenza, che sia sessuale, psicologica, fisica o morale, la influenza e la costringe a cambiare, ad adattarsi. È la storia di una lotta per mantenere la propria identità. Veniamo accompagnati per mano nella cameretta di nonna Okseon, e siamo portati ad ascoltare il racconto della sua vita non come una pagina di storia, ma come una vicenda umana.

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Una testimonianza storica, e molto di più

Da Le Malerbe ci si potrebbe aspettare una lettura nobile ma pesante, qualcosa da consumare per la propria cultura personale ma che di certo non è piacevole, e anzi molto doloroso. Siamo stati positivamente sorpresi di scoprire che così non è. Alcune intelligenti trovate narrative lo rendono un fumetto estremamente scorrevole, che riesce a toccare nel profondo raccontando cose terribili, ma con magistrale leggerezza. Una leggerezza che non è assolutamente superficialità, ma è un’attitudine ad avvicinarsi alle cose in punta di piedi, raccontandole in modo delicato e intelligente.
Lo consigliamo quindi non solo come compito di storia, per approfondire una vicenda che merita dignità ed attenzione, ma anche come lettura per riflettere sull’animo umano, le sue immense sofferenze e la sua capacità di sopravvivere.

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Giada Rossi

Laureata in Astronomia, aspirante Astrofisica. Curiosa di natura. Scrivo soprattutto di scienza, ma preferisco parlare di cani buffi.

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