Cultura e SocietàIntrattenimento

Le Infinite Strade del Multiplayer

Finalmente, dopo aver sofferto un’estate dal caldo vulcanico (come vi ricordavo lo scorso mese), iniziamo a vedere gli spiragli di una nuova stagione videoludica 2017/2018, all’insegna di titoli di grosso calibro come, ad esempio, il nuovissimo Destiny 2, uscito appena ieri. Ovviamente aspettatevi una recensione a tempo debito.  Chi lo ha giocato sa che Destiny, sin dal primo capitolo, presenta una componente online molto forte e originale, coinvolgendo i giocatori in attività sia cooperative che competitive e permettendo addirittura di giocare l’intera campagna insieme ai propri amici. Riflettendoci, non sono poi così tanti i titoli con un online così vario, che unisce parte cooperativa e competitiva come fa il nuovo titolo di Bungie.

La componente online nei videogiochi è cresciuta sempre più d’importanza dopo l’avvento di Internet. Ne è passata di acqua sotto i ponti dai tempi in cui si giocava a titoli come Quake 3 Arena col 56k e si tiravano giù diverse divinità per una disconnessione improvvisa causata da una telefonata. L’online pian piano è diventato sempre più presente nei titoli, tanto da sembrare necessario anche dove, tutto sommato, nessuno ne sentiva il bisogno. Ricordo ad esempio l’online di Mass Effect 3 o dei vari Assassin’s Creed, una forzatura che secondo me stonava con lo spirito di quei giochi (a parte la coop in Unity, che aveva un suo perché).
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Ma l’online, tirando le somme, è davvero riuscito ad apportare una reale rivoluzione al modo di giocare di milioni di persone? La risposta che mi sono dato è quella che sentivo a ogni riunione genitori-insegnanti di fine quadrimestre: è bravo ma non si impegna. La componente multigiocatore è ormai senza ombra di dubbio un importante elemento del mondo dei videogiochi, basti solo pensare ai grandi cambiamenti portati, come il poter giocare con persone anche di altri continenti, senza dover per forza condividere lo stesso divano. Ma questa risposta era piuttosto ovvia; quello che mi dà da pensare è Il fatto che la componente online, forte del suo successo, si sia un po’ “adagiata sugli allori“, non evolvendosi più di tanto nel corso degli anni.

Le tipologie multigiocatore si dividono principalmente in competitiva e cooperativa; la prima è cresciuta molto, affinandosi sempre di più, e rendendo possibile la nascita di tornei ufficiali in diversi generi, dagli sportivi agli sparatutto, fino a evolversi in un fenomeno di successo piuttosto recente: gli eSports. Lo scopo, però, nonostante cambi il gameplay da gioco a gioco, resta sempre quello di prevalere sugli avversari, che si faccia con i fucili, con spade, con cazzotti o con una palla, il fondamento non cambia più di tanto. Con questo non voglio insinuare che le modalità competitive siano noiose, anzi, anche io mi diverto ancora oggi con titoli come Overwatch, Battlefield e altri picchiaduro, ma, nonostante ci siano periodi in cui giocherei soltanto a queste tipologie di giochi o in questa modalità, alla fine il mio interesse finisce inesorabilmente per scemare, rivolgendosi poi a qualcosa di diverso.

Per quanto riguarda la parte cooperativa, invece, questa è sempre stata molto meno sviluppata, nonostante abbia un potenziale maggiore. Personalmente l’ho sempre preferita, sin dai tempi in cui in due sfidavamo dinosauri e criminali a Cadillac & Dinosaurs in sala giochi. Secondo me affrontare un’intera storia con i propri amici è un’esperienza molto più coinvolgente rispetto al semplice massacro di avversari in compagnia. Il senso che dà uno scopo condiviso con un’altra persona, unito alla componente narrativa, crea un’atmosfera unica che fa crescere esponenzialmente il divertimento provato. Purtroppo, però, i titoli giocabili completamente in cooperativa sono di gran lunga inferiori alle controparti più agonistiche. Probabilmente ciò è dovuto anche alla maggior difficoltà di sviluppo, per cui molti hanno preferito andare sul sicuro puntando sulla competizione, che è sempre molto richiesta dal pubblico.

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Destiny, nel suo primo capitolo e, da quel che sto vedendo, anche nel secondo, è una perfetta fusione fra meccaniche cooperative e competitive, dove si può fare tutto con i propri amici: dalla storia alle semplici esplorazioni, fino ai deathmatch nel crogiolo. Bungie è davvero un esempio da seguire per quanto riguarda lo sviluppo di giochi “social”, se così li vogliamo chiamare, in grado di creare una forte community grazie a un coinvolgimento completo del giocatore nel mondo creato dagli sviluppatori.

L’esempio da seguire, e anzi, da migliorare, è questo: il riuscire a creare mondi di gioco dove le persone siano invogliate a collaborare e non costrette, come spesso accade ormai in molti MMORPG. Nella mia esperienza di videogiocatore non mi sono mai appassionato a lungo a un gioco di ruolo di massa, proprio perché alla lunga li trovavo vuoti e senza un reale scopo condiviso con gli altri utenti, che spesso erano più parte del paesaggio che persone vere con cui interagire. L’interazione non va oltre una quest in cui uccidere tot mostri, oppure il ripulire un dungeon da nemici e tesori. Il fatto che in questa tipologia di giochi io provi soprattutto noia probabilmente è dovuto anche a una delle mie prime esperienze di gioco online, avvenuta con il leggendario Neverwinter Nights.
Il primo capitolo di questo RPG uscì nel 2002 e ancora oggi ritengo quell’esperienza di gioco online una delle migliori che abbia mai provato. La particolarità del titolo è che riusciva a emulare una partita di Dungeon and Dragons, non solo in formato sessione, ma anche come mondo persistente. Grazie ai semplici tool, che permettevano ai giocatori di creare il proprio mondo, e alla possibilità di giocare come Dungeon Master, le possibilità offerte erano davvero a discrezione dei giocatori.

Io ero finito su un server persistente, dove la storia era portata avanti proprio dai DM con quest realizzate su misura per i personaggi presenti. Anche quando non si era in una quest, la possibilità di interpretare il proprio personaggio con gli altri giocatori, senza sfociare, anche per regolamento, in frasi come “andiamo a killare dei mob per fare punti esperienza”, rendeva tutta l’esperienza molto più immersiva, tanto che ancora oggi sono rimasto in contatto con alcuni di quei giocatori incontrati tanto tempo fa. Sicuramente questo calarsi nelle parti è quello che mi manca di più in un mondo persistente online, dove anche a volerlo fare si finisce per sembrare ridicoli a chi non conosce questo modo di giocare.
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Non ho mai trovato nessun altro titolo che mi desse una tale immersività, la capacità di poter entrare veramente nei panni di un altro personaggio per un paio d’ore a sera e interagire con altri giocatori calati anch’essi nelle loro parti. Immaginatevi un mondo persistente, fantasy, fantascientifico o quello che più vi aggrada, in cui potete fondare o conquistare regni, diventare paladini della giustizia o signori del crimine, un titolo dove si possa davvero fare la differenza nel mondo di gioco e continuare a vivere avventure sempre diverse create dall’interazione e dalla fantasia dei giocatori.  Probabilmente un titolo simile significherebbe la fine della vita sociale di molti, fra cui la mia, ma sognare non costa nulla, quindi spero che in futuro la componente online dei titoli viri sempre più in questa direzione, così da garantire esperienze di gioco sempre più emozionanti. Ditemi la vostra: come si potrebbe evolvere secondo voi il gioco online in futuro? Alla prossima.

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Silvio Mazzitelli

Di stirpe vichinga, sono conosciuto soprattutto con il soprannome “Shiruz”, tanto che quasi dimentico il mio vero nome. Videogiocatore incallito sin dall’alba dei tempi, adoro il mondo videoludico perché dopo tanto tempo riesce sempre a sorprendermi come la prima volta. Scrivo ormai da diversi anni di questa mia passione per poterla condividere con tutti. Sono uno dei fondatori di Orgoglio Nerd e sono anche appassionato di tutto ciò che riguarda la cultura giapponese e la mitologia (in particolare quella nordica).

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