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La Prima Legge, il fantasy che non ti aspetti

Salve e benvenuti al nostro tavolo per autopsie.
Buon per voi, non ci sarà bisogno di avere uno stomaco particolarmente forte per assistere.
Ad avere l'onore di provare per prima i nostri strumenti chirurgici sarà la saga creata dal britannico Joe Abercrombie, intitolata La Prima Legge. Ci sarà qualche SPOILER? Sì, ma poca roba, tranquilli.
Ma andiamo con ordine.
Nel 2006 in Inghilterra viene pubblicato The Blade Itself (titolo richiama la citazione di Omero “La lama stessa incita ad atti di violenza” cosa che, purtroppo, viene persa nel moscio titolo all'italiana: Il Richiamo delle Spade) primo capitolo della trilogia The First Law, immediatamente apprezzata in terre anglofone, ma noi, poveri abitanti della penisola italica, abbiamo dovuto aspettare fino al 2013 per vederlo pubblicato nella nostra lingua. Facciamo finta che l'editore italiano non abbia preso la malsana decisione di pubblicare prima The Heroes, l'ultima opera dell'autore in ordine cronologico.
Ma l'attesa finalmente è stata ripagata e sui nostri scaffali possiamo già trovare anche Before They Are Hanged (Non Prima che Siano Impiccati, nel nostro paese.) mente per l'ultima parte della trilogia, Last Argument of Kings dovremo aspettare l'anno nuovo.
Come si presenta, quindi, sul nostro tavolo questa saga?
Analizziamone la superficie, la pelle, prima di impugnare lame e lamette.
Se state cercando un Fantasy eroico, dove il cavaliere bianco sconfigge le tenebre, allora avete di certo sbagliato quartiere. Ne La Prima Legge non ci sono eroi, non ci si copre di gloria per aver abbattuto il signore del male di turno. Quest'opera fa parte di quella categoria di cui abbiamo già parlato in un altro articolo, ossia dei Fantasy realistici.
Ed è questo lo stratagemma che gli dona una marcia in più. In libreria possiamo trovare decine di trucchi alla ricerca di originalità, come stravolgimenti di prospettiva, personaggi ambigui e schemi narrativi inusuali. Ma mai come in questo caso possiamo dire che le idee più semplici sono le più efficaci.
Abercrombie strappa definitivamente il velo fiabesco che copriva il genere Fantastico, mettendo in luce tutto ciò che vi si nasconde sotto.
E non stiamo certo parlando di farfalle e fiorellini.
L'effetto collaterale di aver letto centinaia di libri è che purtroppo ci siamo trasformati in  ipercritici serpenti difficili da stupire, soprattutto se parliamo di libri di questo genere. Eppure, Abercrombie ce l'ha fatta. La domanda da porsi è: come? Armiamoci di bisturi e iniziamo a fare la nostra autopsia. 
Incidiamo.
La prima cosa che ci troviamo davanti è l'azione. Subito, senza fiocchetti o preamboli. Corriamo  nel bosco con Logen Novedita, intento a combattere contro i “fottuti testapiatta”, tra colpi d'ascia, coltello e morsi, addirittura. E questo è solo l'esempio più comodo e libero da spoiler: l'intera saga riesce nel delicato compito di equilibrare le scene movimentate con quelle più “pacifiche” (mai come in questo caso le virgolette sono necessarie), complice anche l'ottima alternanza di punti di vista, ma di questo parleremo dopo. L'azione che esce dalla penna di Abercrombie è imbrattata di sangue ma cristallina come acqua pura: non c'è confusione, assistiamo a ogni colpo con la lucidità che solo l'adrenalina nelle vene può dare. Ma non è questo il segreto: ci sono un sacco di autori in grado di descrivere una mischia in maniera chiara e senza perdersi nel caos.
Dobbiamo incidere più a fondo.
Qui abbiamo il mondo, o l'ambientazione, se volete. Interessante, divisa in zone per lo più misteriose: come Gurkhul simile allo storico Impero Ottomano, o il profondo e inospitale Nord. Ma dobbiamo dire, esaminando con un occhio più attento, che l'opera di Worldbuilding non è eccelsa. Eh sì, ci pare una nota dolente. Nonostante la buona caratterizzazione degli spazi e delle nazioni il mondo ha un retrogusto di banalità e già visto. La stessa storia antica, raccontata a pezzi e bocconi dal mago Bayaz, non risulta interessante come dovrebbe, lasciandoci addosso la sensazione che il Mondo Circolare (così si chiama, se qualcuno se lo stesse chiedendo) sia in un qualche modo acerbo, come una sorta di teenager delle ambientazioni.
Niente da fare, dobbiamo andare ancora più in profondità. Crediamo che ci servirà una sega da ossa.
Estraiamo la trama, o il plot, che dir si voglia. Laviamolo un po' dal sangue e recidiamo le connessioni che ha con altre parti che compongono l'entità che stiamo sezionando. Quello che ci troviamo in mano è qualcosa di non dissimile da ciò che abbiamo visto in decine di altri esemplari che riempiono gli scaffali nelle sezioni Fantasy delle librerie: il mago misterioso raduna un gruppo di temibili (chi più, chi meno) persone, ognuna a modo suo essenziale per un viaggio alla ricerca di un antico e potente oggetto. Non molto originale, eccezion fatta per qualche piccola perla e colpo di scena che non approfondiremo, altrimenti poi la milizia anti-spoiler verrà a deportarci.
Ma apriamo per bene la cassa toracica di questa saga e arriviamo al cuore: i personaggi.
Un inquisitore zoppo, che mozza le dita ai prigionieri per strappare loro una confessione. Vera o falsa poco importa: se i superiori chiedono un colpevole, bisogna pur darglielo.
Un enorme guerriero che ha trucidato così tanta gente da non sapere nemmeno quanta. E non perché dovesse o salvare il mondo mosso da chissà quale ideale.
Un giovane nobilotto viziato che cerca di fare strada fra l'aristocrazia facendo il minimo sforzo. Non che gli importi, solo che non vorrebbe mai dover lavorare sul serio.
In un normale romanzo Fantasy questi tre personaggi sarebbero tra le fila dei "cattivi”, con tutta probabilità sarebbero scagnozzi di poco conto.
Ma non ne La Prima Legge.
Joe Abercrombie ha preso questi cocci spezzati e ha donato loro un ruolo da protagonisti. Un azzardo? Forse. Ma spesso le schegge che vengono gettate via sono le più taglienti.
La caratterizzazione dei personaggi è così profonda e coinvolgente che essi risultano il vero motore dell'intera saga, con il loro cinismo pragmatico. A mano a mano che le pagine scorrono, non vediamo l'ora di vedere come reagiranno o come affronteranno le circostanze che si presenteranno loro. Ma la caratterizzazione certosina operata da Abercrombie va oltre a quella operata di solito dagli autori: lo stile narrativo cambia a seconda del personaggio che stiamo seguendo, rendendo identificabile il punto di vista anche a colpo d'occhio. È come leggere tre differenti storie, che si incrociano per formarne una più grande.
Ed è questo, il segreto. Chi legge non resta certo attaccato alle pagine per la complessità dell'intreccio o la poesia delle descrizioni come può accadere con altri autori di pari, o superiore, livello.
Ora richiudiamo e cuciamo i lembi.
La Prima Legge incarna uno dei concetti della letteratura del terzo millennio, ossia che non sempre è necessaria una trama contorta o rivoluzionaria. A volte basta trovare un modo nuovo e semplice di narrare qualcosa di classico.
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