Cultura e Società

La leggenda di Teddy Bear, quando tutto ebbe inizio

«Coraggio ragazzi, venite qui per la storia di questa sera».
I bambini si avvicinano alla sedia a dondolo del vecchio. Con occhi desiderosi di sapere si fanno spazio intorno a lui, gambe tra le braccia e sguardo al narratore.
«Anche tu, Daniele. Smettila di torturare Gianpiero».
Anche l’ultimo bambino in piedi si unisce al gruppo. Scavalca tutti e si siede in prima fila.
Il vecchio comincia.
«La storia della nascita dell’orsacchiotto Teddy Bear risale agl’inizi del Novecento, anni dove morale e onore erano qualità palpabili come roccia, dove il sapore delle piccole cose rendeva fieri gli uomini e dove la verità si mescolava quasi sempre ad invenzione, creando inchiostro fresco per la carta stampata. Ci troviamo nel 1902 in America del Nord, un paese diverso dal colosso multinazionale che è oggi, scalpitante per affermarsi e pronto ad estendere la sua ombra su tutto il mondo occidentale. L’allora presidente degli Stati Uniti era Theodore “Teddy” Roosevelt, il quarto volto scolpito sul monte Rushmore per intenderci.  A quel tempo il neo-presidente fu incaricato di risolvere una questione di confini, a lungo trascinata, tra lo Stato della Louisiana e quello del Mississippi. Gli ospiti, ben conoscendo la sua principale passione, decisero di organizzargli una battuta di caccia, a cui il presidente fu ben lieto di partecipare. Dopo lunghi giorni infruttuosi, in cui l’animo andava stancandosi e la reputazione abbassandosi, l’unico risultato ottenuto fu quello di dare ai giornali grande quantità di materiale sull’infruttuosità della spedizione. Gli assistenti personali del presidente decisero quindi di catturare e legare ad un salice un cucciolo di orso bruno. Di seguito avvisarono Roosevelt affinché potesse ucciderlo e ottenere così l’agognato trofeo. Alla vista dell’orso legato però il presidente si rifiutò di sparare, in quanto sarebbe stato immorale e tantomeno non da uomini, affermando che così facendo avessero tolto tutto il divertimento della caccia, rendendola meramente una brutale uccisione. La storia, accolta a braccia aperte dai giornalisti lì presenti, fece il giro degli Stati Uniti e Clifford Berryman, vignettista ben conosciuto ai tempi, disegnò una vignetta per il Washington Post raffigurando l’accaduto come i migliori pittori del passato avrebbero rappresentato la pietà su tela. Ora, il nodo tra storia e leggenda si fa più stretto. 
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Due coniugi di Brooklin, Morris e Rose Michtom, rimanendo colpiti dalla vicenda decisero di confezionare il primo orso di peluche della storia, scrivendo sul cartellino di vendita appunto “Teddy Bear”, dopo avere mandato un esemplare al presidente e aver ricevuto il suo assenso all’uso del nome. Al primo seguì un secondo, e così un terzo, finché la piccola bottega non fu costretta a trasformarsi in una vera e propria azienda, la Ideal Toy Company, in grado di vendere milioni e milioni di orsi di peluche in tutti gli Stati Uniti. Contemporaneamente in Germania, a Lipsia per la precisione, Margarete Steiff, proprietaria di una fabbrica di giocattoli che produceva elefanti di peluche, ignara del successo dei Michtom, fu convinta dal nipote Richard a mettere in commercio un modello di orsacchiotto. L’esemplare tedesco somigliava maggiormente al disegno della vignetta, con un muso più allungato e fattezze più realistiche. Così facendo la fama del Teddy Bear si espanse a macchia d’olio per tutto il mondo occidentale e divenne così famoso da essere utilizzato come accessorio di compagnia in molte occasioni. Fu adottato come mascotte del Partito Repubblicano guidato da Roosevelt per le seguenti elezioni e poi andò ad adornare i tavoli delle signore dell’alta società. Da questa semplice storia nasceranno poi alcuni tra i più famosi orsi del nostro secolo, come Winnie The Pooh o Paddington Bear. E poco importa se le vicende narrate non si siano svolte esattamente in questo modo, se l’orso non venne risparmiato perché gravemente ferito o se la famiglia Roosevelt ricevette il suo esemplare solo nel 1963, perché se vi recherete allo Smithsonian National Museum of American Hstory avrete comunque la possibilità di guardare negl’occhi neri di un orso peluche tutti gli abbracci che avete dato, tutte le buonanotte sussurrate e tutta la vostra infanzia rinchiusa in una teca di vetro, con inciso sulla targhetta Teddy Bear».

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Mattia Russo

Laureato in Comunicazione, Marketing e Pubblicità per farla breve, e aspirante giornalista. Curioso per natura, dalla vena impicciona, tendo a leggere qualsiasi cosa, con un'inclinazione al fantasy. Non sono uno che ama i silenzi e parlo troppo. Pace.

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