“A silent voice” il manga di Ōima Yoshitoki, ha cominciato il suo viaggio in silenzio, delicatamente.
Sebbene avesse un grande potenziale e trattasse un tema cui ultimamente si sta ponendo più attenzione, non c'è stato un boato di apprezzamenti e della pubblicità scoppiettante come può accadere, per esempio, per uno shōnen con botte da orbi (One punch man? My hero academia?).
C'è stato un passaparola costante e quasi sussurrato.
Quando un'opera è davvero buona non può essere altrimenti.
Per cui il suo successo e la seguente decisione di trarne un lungometraggio animato è stata semplicemente una conseguenza normale e dovuta (sebbene, purtroppo, non succeda con tutte le opere di valore, alcune non vengono mai scoperte)
Nel caso qualcuno non ne avesse mai sentito parlare stiamo parlando, in maniera molto semplificata, di una storia di bullismo, prima nei confronti di una bambina con problemi di udito, quindi nei confronti del suo aguzzino.
Ma non è solo una storia di bullismo, creata perché è di moda, perché tutti ne parlano, è una storia che cerca di spiegare cosa sia il bullismo, o almeno di mostrarne prospettive diverse.
L'animo umano è molto più complesso di come spesso si tende a proporlo e ogni volta che si cerca di andare un po' più a fondo di creare personaggi concerti e sfaccettati allora si sta lavorando a qualcosa di interessante e non superficiale.
Il problema che si deve affrontare nelle scuole, di tutti i livelli, deriva da diversi fattori.
Ignoranza, superficialità, paura, rabbia, limitata capacità di comprensione, addirittura distrazione e molte altre casue che in questo momento potrebbero sfuggirci.
Nonostante questo non è una situazione che debba essere giustificata.
Nessuno deve essere vittima di bullismo, per nessun motivo.
Questo non vuol dire neanche che si debba gestire il problema con pressapochismo. Si deve spiegare, parlare, indagare.
Ci vuole un'enorme quantità di coraggio da parte di tutti. Innegabile.
Si va contro il branco, contro l'opinione autorevole della coscienza comune.
Ma noi Nerd siamo abituati a farlo no? Dobbiamo farlo solo un po' più forte, a voce più alta.
Questo film ci aiuta a ricordare che non si tratta solo di puntare il dito, perchè sarebbe un'azione sterile. Non esiste quasi mai solo un colpevole.
Come, allo stesso tempo, non è uno sforzo del singolo riuscire a cancellare atti di bullismo, ma un lavoro comune che coinvolge tutto il corpo insegnanti e la scuola in toto, i genitori e gli studenti.
La scuola dovrebbe essere un luogo di studio, conoscenza, crescita. Quando, ci chiediamo, ha smesso di essere tale?
Non solo dal punto di vista della situazione del bullismo, ma anche della parte formativa.
Gli insegnanti che vogliono davvero dare qualcosa e gli studenti che vogliono davvero imparare qualcosa si possono contare sulle dita di una mano.
Non è solo voti o lezioni che non finiscono mai, non è solo un posto dove divertirsi con gli amici e prendersela con chi consideriamo “sfigato”.
Dovrebbe essere un luogo dove nascono nuove idee, dove le menti danno vita al mondo che verrà, dove ci si scambia pareri e opinioni per crescere e diventare persone in grado di dare il meglio di sé.
Cerchiamo di far sparire questo “dovrebbe” dalla frase.