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Jupiter Ascending: la storia banale di una ragazza speciale

Abbiamo sfidato la neve e le intemperie per andare a vedere l'ultima fatica dei fratelli Wachowski, dal curriculum notevole: la trilogia di Matrix, V per Vendetta, Speed Racer, Cloud Atlas. 
I due hanno reso ben nota la loro passione per la fantascienza, creando un capolavoro della distopia, che ha fatto storia, e due seguiti che ci sforziamo di dimenticarci con tutti noi stessi. 
Questa volta ci riprovano, ma anziché rivolgersi ad un pubblico di adulti, di appassionati, di gente che vuole ottenere spunti di riflessione dal proprio intrattenimento, si dedicano al sempre crescente, sempre più remunerativo, e, diciamolo, sempre facile da accontentare pubblico dei cosiddetti “young adults”, con il loro ultimo film dal titolo originale “Jupiter Ascending”, localizzato dai leggendari traduttori italiani come “Jupiter, il Destino dell'Universo”
Ciò che ci ha fatto credere fino all'ultimo nelle potenzialità di questo progetto era il notevole sforzo produttivo messo in campo per realizzare questo film: gli Wachowski sanno il fatto loro, il cast è notevole, le musiche sono di Giacchino. Inoltre non potevamo che apprezzare il fatto che a differenza della quasi totalità di film recenti dedicati a questa stessa fascia di pubblico, Jupiter Ascending è un lavoro interamente originale, nato per il cinema, e non un adattamento di un fumetto, una serie di romanzi o quant'altro. Questo, ragionavamo, dovrebbe costituire un vantaggio in termini di resa e di confezionamento del tutto, perché non ci sono problemi di traduzione da un linguaggio mediatico ad un altro, non ci sono adattamenti ed accomodamenti da operare e, soprattutto, non ci sono eserciti di fan pronti a trasformare in affare di stato ogni aggiunta, sottrazione o modifica del materiale originale.
Ci siamo, insomma, disposti a guardare questo film nelle migliori condizioni di apertura mentale possibili. Forse un po' infreddoliti, ma poco male: la speranza di vedere qualcosa di buono era sufficiente a scaldarci, almeno per le due ore o poco più di durata della pellicola.
Una vocina, malefica, però, continuava con insistenza a metterci in guardia: il trailer l'abbiamo visto, e suggerisce una storia di rara pochezza, con personaggi stereotipati e tanti effetti speciali per abbagliare gli spettatori privi dei giusti anticorpi. Abbiamo scacciato con fastidio questa vocina nell'angolo più recondito di noi stessi, per una volta decisi a non cedere al cinismo.
Ahinoi, quanto ci sbagliavamo. Già, perché la vocina non era quella del cinismo, bensì quella, bistrattata, dell'esperienza. La quale, crudele, non ha tardato a farsi sentire nuovamente, due ore dopo, cantilenando il più odioso dei “te l'avevo detto”.
Ebbene, com'è Jupiter Ascending? Partiamo dai lati positivi, perché ce ne sono. Innanzitutto le musiche. Giacchino si riconferma uno dei più bravi ed affidabili compositori che lavorano in questo momento nel mondo del cinema: anche questa volta la sua colonna sonora è magistrale, adattissima, epica quando serve, inquietante quando serve, capace di conquistare. Abbiamo colto qualche strizzata d'occhio, anzi, d'orecchio, ai suoi recenti lavori per Star Trek, e non possiamo che apprezzare la scelta: come i film di Abrams, anche questo è una space opera di ampio respiro, che necessita di quel tipo di sonorità per respirare.
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 E poi, sarà scontato se parliamo dei Wachowski, ma la regia e la coreografia, soprattutto nei momenti di azione, fra combattimenti, inseguimenti e quant'altro, è notevole. Un paio di scene in particolare ci sono rimaste bene impresse, anche grazie a delle trovate di design che si trasformano in trovate visive azzeccate, come i pattini antigravità, lo scudo laser, le astronavi “scomposte” eccetera. 
Purtroppo l'elenco degli aspetti positivi è già destinato a concludersi: il resto, tutto il resto, è di una pochezza davvero imperdonabile. La storia, apparentemente così banale e già vista, si rivela esattamente così banale e già vista: una ragazza qualunque scopre di essere speciale, viene scaraventata in un mondo “magico” (in un modo o nell'altro) dove farà la differenza in qualcosa di molto più grande di lei, senza rinunciare alla sua grinta, alla sua umanità, alla sua semplicità. Sembra già sentito? Appunto
Non fermiamoci qui, però: una trama archetipica non è necessariamente abbastanza per cassare del tutto un film. I problemi grossi, tuttavia, sono altri: i personaggi, tutti, sono quanto di più scontato e banale possiate trovare. Il ragazzone intercambiabile, la ragazza speciale, il mentore fallito e depresso sul viale del tramonto, il cattivo mellifluo e seduttore e il cattivo tirannico ed irragionevole. Ci sono tutti, e nessuno di questi possiede alcun aspetto o punto di vista che non avete già sperimentato mille altre volte altrove, e sicuramente in versione migliore. Gli attori, anche quelli bravi, sembrano addormentati. Mai un guizzo di vitalità, mai una prova di impegno, mai un momento in cui sia possibile apprezzarli davvero. Non è colpa loro, è colpa della parte che si sono trovati a dover interpretare. Siamo molto contenti di aver avuto l'opportunità di scoprire il talento di Redmayne ne La Teoria del Tutto prima di vederlo qui, perché altrimenti non avremmo esitato a precipitarlo nell'elenco dei dimenticabili. Nemmeno il cameo di Terry Gilliam ha in sé abbastanza virtù da trarre dagli spettatori più di qualche sorriso, che non dubitiamo nascere più dal ricordo di altri suoi lavori che dalla sua interpretazione qui. Per noi, almeno, è stato così.
Tutto questo fa capo al peccato originale di Jupiter Ascending, l'aspetto più basso del film, quello mal riuscito: la sceneggiatura. Nulla più che frasi scontate, situazioni scontate, nessunissima frase memorabile, niente di niente. Purtroppo è chiaro che i Wachowski non ci abbiano nemmeno provato: non avevano nulla da dire, né di nuovo né di interessante. La sensazione, pessima, è che si siano accodati alla moda dei film per giovani adulti per cavalcarla finché è calda. Non ci sentiamo di consigliarlo, nemmeno al pubblico di giovanotti a cui si rivolge, forse solo nel caso vogliate disattivare il cervello per due ore, ma comunque ci sono alternative decisamente migliori sulla piazza.

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Gabriele Bianchi

Lettore, giocatore, conoscitore di cose. Storico di formazione, insegnante di professione, divulgatore per indole. Cercatelo in fiera: è quello con la cravatta.

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Commenti

  1. Peccato, peccato… ci speravo. Vorrei comunque fare un plauso ai fratelli Wachowski per aver portato sul cinema una “nuova” sceneggiatura, inflazionata o archetipica quanto si vuole ma almeno si sono degnati non fosse altro che di inventarsi dei nomi, ed oggi ogni sforzo creativo originale, per quanto misero, è da applaudire con standing ovation fantozziane. E penso che come tributo per un libro risparmiato dal malefico fenomeno dell'”Adattamento”, lo andrò a vedere al cinema.
    Quello che mi preme più di sapere – e vi prego spoileratemelo- è :

    Come muore Sean Bean?

  2. Personalmente l’ho rovato una porcata. Non mi interessa minimamente che sia fatto dai Wachowski, deve essere valutato epr quello che è concretamente. Storia banale, lineare, personaggi inconsistenti, niente colpi di scena, combattimenti noiosi, dla punto di vista artistico bello ma non molto ispirato, effetti speciali gradevoli ma non da strapparsi i capelli. L’unico cosa apprezzabile del film è il messaggio (secondario) relativo all’importanza del tempo (di vita) come vera risorsa, sopra ad ogni bene materiale; risorda che possediamo in quantità limitata e non ricaricabile/integrabile (e qui entra in gioco il fantasy con la mietitura ed una specie di “pozzo di lazzaro”)
    Sconsigliato.

  3. Eppure di tutto il film, l’aspetto che io ho trovato maggiormente scandaloso… è che non muoia sean bean xdxd

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