La data fatidica si avvicina, solo due giorni di distanza e tutti quanti potremo finalmente correre nelle sale a vedere l'attesissimo film dei Potenti Vendicatori, sperando con tutte le nostre forze che il buon vecchio Whedon non abbia toppato alla grande. Conosciamo Whedon e ci fidiamo di lui… ma intanto tocchiamo ferro.
No, il riferimento al ferro non è un'introduzione a chi pensate voi. Lo speciale di oggi è dedicato a Capitan America, il Primo Vendicatore!
Ben lontani dalle profonde considerazioni allegoriche che ci offre un personaggio come Hulk, ben lontani dalle epiche atmosfere fantasy che si respirano grazie a Thor e ben lontani sia dai geekgasm che dagli abbozzati insegnamenti morali ravvisabili nelle avventure di Iron Man, quello che ci troviamo davanti quando abbiamo a che fare con Cap è l'anima politica, nazionalistica e senza mezzi termini propagandistica della Marvel.
A partire dal nome. Quell'“America” è significativo: è fin troppo tipico della forma mentis degli abitanti degli Stati Uniti l'identificare la loro, che è solo una delle molte nazioni americane, con l'interezza dell'America. Naturalmente “Capitan Stati Uniti” suona veramente malissimo, però imperialismo e propaganda si nascondono anche in questi particolari.
Non che i creatori di Capitan America, Joe Simon e Jack Kirby, abbiano mai avuto intenzione di nascondere nulla dei loro intenti: il personaggio è stato concepito precisamente per consentir loro di comunicare la propria opinione sulla guerra e sul ruolo che gli Stati Uniti avrebbero dovuto assumere. La copertina di Captain America Comics numero 1, del marzo del 1941, è un eccellente esempio di come un'immagine valga mille parole: Capitan America salta nell'ufficio di Hitler, dimentico di ciò che lo circonda, ed assesta al dittatore un formidabile cazzotto sul muso. Le povere, ingenue guardie naziste provano invano a sparargli contro, inconsapevoli dell'ovvia inefficacia delle loro empie pallottole contro il simbolo del mondo libero.
Non serve certo interrogarsi sul perchè quel numero abbia venduto un milione di copie, pur in tempo di guerra.
Un interessante nuovo scenario si apre per la vita di Capitan America con la fine della seconda Guerra Mondiale, e intendiamo sia per la sua vita all'interno dell'universo Marvel, sia per la sua vita editoriale. Com'è in un certo senso logico aspettarsi, un eroe di guerra, un supersoldato, un simbolo come il capitano
Steve Rogers perde la sua ragion d'essere quando il Paese che l'ha creato cessa di essere in guerra. Ecco perchè dalla fine degli anni Quaranta i fumetti di Capitan America vengono interrotti, e riesumati solo molto più tardi, negli anni Sessanta. Qui il corpo di Rogers viene ritrovato congelato nell'artico e scongelato.
In un interessante e significativo parallelo con le sue vicende editoriali, il vecchio soldato ammazza-nazisti viene reinventato e ficcato in un contesto nuovo, dove troverà una sua nuova ragion d'essere come leader dei Vendicatori. Trasformato in un supereroe, il soldato Rogers potrà continuare ad essere il simbolo di libertà, giustizia e i valori ideali su cui si fondano gli Stati Uniti senza più essere un così plateale esempio di propaganda. Anzi: in alcune delle sue più recenti iterazioni Capitan America mostra con le sue azioni che talvolta la cosa più patriottica da fare è ribellarsi contro il proprio stesso governo, pagandone se necessario le conseguenze. Ci stiamo riferendo, ovviamente, agli eventi di Civil War.
La parabola del personaggio di Capitan America è, per quanto ci riguarda, in crescendo. Lontano da un nazionalismo ovvio e pericoloso, ora Cap ricorda molto di più una frase di Mark Twain: “essere patriottici vuol dire supportare la propria nazione sempre e comunque, e il proprio governo quando se lo merita”. La riduzione cinematografica dell'anno scorso è riuscita dignitosamente a rappresentare le sue origini; speriamo che I Vendicatori riescano altrettanto bene a farne emergere l'incarnazione odierna.