Nello sconfinato mare della narrativa, la letteratura fantasy – e in senso più lato la letteratura di genere – gode di scarsa considerazione e raramente a opere di questa categoria viene riconosciuta una qualche “bontà letteraria”. Questo perché, sostanzialmente, una certa critica e una certa parte dei lettori tendono a commettere l’errore di sovrapporre la letteratura di genere alla letteratura di consumo e di trattare quella al pari di questa con superficialità, snobismo e preconcetti. Inoltre, sembra essere opinione diffusa che se un romanzo raggiunge un grande successo di pubblico, debba necessariamente essere di qualità mediocre se non addirittura infima. Certo la sovrapproduzione di romanzi fantasy, che negli ultimi anni ha raggiunto picchi inediti, rende più difficile individuare quelli di qualità. Bisogna riconoscere che pochi vengono concepiti pensando all’arte, mentre la maggioranza è realizzata nel nome del profitto. Tuttavia i romanzi di genere, anche nel caso in cui non siano accostabili per meriti letterari ai grandi romanzi loro coevi, tendono a riecheggiare nella mente dei lettori più a lungo e con maggior intensità (Dracula di Bram Stoker, ad esempio, uno dei pilastri dell’horror moderno, non è probabilmente paragonabile a Giuda l’oscuro di Thomas Hardy, ma si è insediato con maggior forza nell’immaginario collettivo), forse perché possiedono un sottotesto universale e riescono a raggiungere luoghi dell’anima che rimangono spesso altrimenti inesplorati.
Il punto è che anche nei racconti di finzione e di evasione, in fondo, non si vuole fuggire la vita ma trovarla. C’è senz’altro un’immersione in un mondo altro, ma in questa nuova realtà vogliamo trovare un’esperienza che ci arricchisca, che ci spieghi qualcosa sul nostro di mondo e su noi stessi e ci renda capaci di fare esperienza di emozioni e percezioni che da soli non avremmo raggiunto.
Abbiamo chiesto a Manfredi Toraldo cosa ne pensa del fantasy in Italia e quale è il suo approccio al genere. Manfredi Toraldo, detto MANf, è sceneggiatore, scrittore, letterista, grafico e art director. Dal 2007 insegna Sceneggiatura e Scrittura Creativa preso la sede di Torino della Scuola Internazionale di Comics. Attualmente è sceneggiatore presso Sergio Bonelli Editore, sulla testata Nathan Never e fondatore e direttore delle edizioni ManFont, per la quale scrive il dark fantasy Arcana Mater e l'urban fantasy Agenzia Investigativa Carlo Lorenzini. Scrive anche storie per bambini con i personaggi di Baguette e Bonton presenti sul sito www.baguettebonton.it.
Questo è quello che ci ha risposto.
Quali sono le difficoltà che si incontrano in Italia scrivendo fantasy?
Quello tra l'Italia e il fantasy è un rapporto molto burrascoso. Forse perché, in realtà, nel nostro Paese non abbiamo un grande amore per la storia passata… la subiamo come una delle materie più odiate a scuola, al pari della matematica; la nascondiamo cambiando nomi alle vie quando ci ricordano fatti poco puliti; la rinneghiamo odiando i turisti che vengono ad ammirarla nella sua fisicità e tendiamo a riscoprirla quando un cantiere scopre le rovine di una domus o di un castello che: "non si può costruire nulla che arrivano i Beni Culturali!" Non a caso il fantasy moderno (passatemi il termine) nasce in Inghilterra che, al contrario, è una nazione che la storia la ama, tanto da dare i natali ai più grandi studiosi della materia e ai più grandi autori di historical fiction. Allo stesso tempo però patiamo una forte esterofilia e quindi leggiamo un sacco di prodotti anglosassoni e il genere fantasy è uno dei più letti. Il gusto per la storia e la nostalgia per le epoche passate sono, a mio avviso, necessari ingredienti per apprezzare il genere fantasy. In soldoni, qui da noi pochi scrivono fantasy, ancor meno lo scrivono bene e, comunque, entrambi i tipi di autori vengono guardati con sospetto. Il fantasy è considerato spesso un genere negativo contestualmente al fatto che già scrivere di genere e non scrivere "romanzi" sia cosa da "cattivo scrittore". Spesso ho conosciuto autori e editori che, come prima presentazione, esordivano con "odio il fantasy", come fosse quasi un vanto. Intendiamoci, ne conosco altrettanti che lo apprezzano poco a ragion veduta, magari perché hanno avuto a che fare più spesso con mediocri autori che chiedevano loro giudizi o pubblicazione. In più, sacrosanto, semplicemente si ha il diritto di non apprezzare un genere. Diciamo però che mi spiace la disapprovazione a priori. Certo non aiutano presunti autori o autrici di pessima lega, pubblicati anche da grandi case editrici, e venduti come fenomeni del fantasy italiano. Certo, giudicando il fantasy dalle loro "cronache" o "saghe", è facile comprendere i preconcetti nati nella mente di molti. Per tante case editrici il fantasy è un genere da sfruttare ma non da coltivare, ritenuto senza dignità in partenza, quindi che non si meriti alcun trattamento intelligente. Basti vedere il pessimo trattamento riservato alla pubblicazione di fenomeni quali Le Cronache del Ghiaccio e del Fuoco: orribili traduzioni realizzate da diversi gruppi di persone che cambiavano da capitolo a capitolo, dando quindi nomi differenti a stessi oggetti o creature nel corso di libri unici. Tagli immotivati di libri e divisioni su più tomi di volumi nati per essere letti in un'unica soluzione, ecc. A rigore filologico, bisognerebbe ammettere che anche altri generi hanno subito maltrattamenti simili, basti vedere le sconcerie attuate da Fruttero e Lucentini sui Gialli ai quali si permettevano di cambiare i finali o alle prime traduzioni dei romanzi di Ed McBain, completamente inventate da una traduttrice che, per sua stessa ammissione, non conosceva l'inglese ed era costretta a scrivere di suo pugno interi passaggi con troppa fantasia. Ma se la Detective Story e la Science Fiction, e persino il Romance, hanno trovato una loro dignità in questo paese già molti anni fa, sembra che questo destino sia ancora sfuggente per il fantasy. Abbiamo dovuto aspettare anni e numerose traduzioni per ottenere qualche decente risultato su Terry Pratchett, mentre autori di altri Paesi vengono tradotti per uno o due libri e poi le loro saghe, benché di buona vendita, vengono totalmente abbandonate senza spiegazioni. Ora, chi voglia tentare di proporsi in un panorama simile come autore fantasy non ha certamente grossa facilità e, ammetto, anche io guardo con diffidenza molti italiani che sanno solo scimmiottare autori stranieri o, peggio, creano brutte copie di campagne di D&D spacciandole per libri fantasy.
Esiste un fantasy di qualità nel panorama letterario italiano?
Qui è difficile rispondere. Nonostante tutto, molti autori continuano a provarci. Quanti ci riescono? Beh, a mio avviso quelli che tentano strade "altre". Mi spiego. Il fantasy "puro", come qualunque genere tenti di portare in auge tale aggettivo, è quasi impossibile da gestire. La sagra del "già visto e già fatto". Molti autori anglosassoni hanno patito questo problema, ammettiamolo. Basti vedere gli inizi della saga di Shannara che era una pedestre scopiazzatura. Credo, con sincerità, che ogni genere trovi ormai la propria forza nella commistione narrativa. Gli autori che riescono a gestire bene tale mix sono pochi, perché devono trovarsi a loro agio con molti generi e non con uno soltanto. Forse, l'unico autore che ci sia riuscito, ad ora, è stato Valerio Evangelisti con il suo Nicolas Eymerich. Ma ammetto, che ho diradato le mie letture di autori italiani dopo i maldestri tentativi della Mondadori di spacciare ragazzine analfabete come autrici di qualità. Sicuramente Evangelisti è stato l'ultimo esempio di autore di meritato successo nel nostro paese, nel campo del genere fantasy. Poi c'è chi lo inserisce nell'Horror, nella Sci-Fi… ma questa discussione non fa che avvalorare la mia tesi: la commistione di generi arricchisce le opere.
Qual è, da scrittore, il tuo approccio al genere fantasy?
Qui torniamo sul punto della commistione, ma confesso che prima di provare a scrivere un fumetto fantasy (o un romanzo di tal genere, dato che ne ho uno in lavorazione) cerco di scrivere un BEL fumetto o un BEL romanzo. Ciò che rende interessante la narrazione, a mio avviso, sono una solida caratterizzazione psicologica dei personaggi e un buono studio dell'ambiente in cui si devono muovere. Trovo poi che nel fantasy, in particolare, l'ambiente sia uno dei primi protagonisti della storia. Il fantasy è caratterizzato da una forte sensazione di nostalgia incombente. La storia del mondo in cui i personaggi si muovono e il suo essersi persa nel passato, la nostalgia per un tempo che non c'è più, all'interno del tempo narrato e inesistente già di per sé, fanno del fantasy il genere emotivo che conosciamo. "Tutto era meglio prima", in un mondo che per noi è già fantastico. È il gioco del Millennium Falcon in Star Wars, per chi lo vive è roba vecchia (non abbastanza da essere bello) ma per noi è meravigliosamente fantastico. Poi gli Jedi sono il retaggio di un’epoca d'oro che se i protagonisti rimpiangono, noi spettatori possiamo unicamente sognare. E così nasce uno dei fantasy che ha segnato di più la nostra epoca. I jedi sono come le miniere di Moria e i palazzi degli elfi di Tolkien o i Draghi di Martin… sogni di un'epoca mai esistita. Ecco, io cerco quindi di costruire un'ambientazione solida ma ormai decaduta e di richiamare un continuo passato. Creo dei personaggi forti – come caratteristiche, non come tempra – e poi li butto nell'ambiente e aspetto di vedere cosa combinano loro in autonomia, come se guardassi un acquario nuovo. Se riesco a misturare elementi di altri generi poi, mi sento a casa. Horror, mitologia, fantascienza, polizieschi…. sono convinto che quelli siano i grimaldelli giusti per aprire il genere e renderlo più completo. Ciò che ha portato molta gente a confessarmi: "Io odio il fantasy, ma sono un tuo lettore!".
Come hai detto tu, il fantasy viene considerato come puro intrattenimento con poco o nessun merito artistico e letterario. Le narrazioni cosiddette realistiche godono di maggior considerazione, anche quando hanno minor pregio, sia per lo stile che per il contenuto. In altre parole, in ambiente accademico e da parte della critica (ma anche di larghe fette di pubblico), esiste una certa diffidenza verso la narrativa di genere. Quindi, come mai il fantasy? Ma più in generale ancora, perché scrivere fumetti e romanzi di genere? Gusti personali oppure permettono di mettere i personaggi in situazioni particolari che ti preme analizzare? Stephen King, ad esempio, anche se è un grande appassionato ha affermato a più riprese di non essersi mai avvicinato intenzionalmente al soprannaturale, ma che gli piace inserire un elemento fuori dall’ordinario e vedere come i personaggi reagiscono. È lo stesso anche per te?
In realtà ho sempre amato la storia antica e il fascino dell'elemento nostalgico del fantasy mi ha sempre sedotto. La mia saga preferita è quella dei Drenai, di David Gemmell, e cominciare a scrivere quel tipo di atmosfere mi è venuto naturale. Aggiungiamo anche che sono un esperto di esoterismo, che ho creato diversi mazzi di Tarocchi, e che ho collaborato a diversi progetti della casa editrice Lo Scarabeo di Torino, specializzata, appunto, in Tarocchi… insomma, tutto il mondo dei simbolismi mi affascina e il passaggio al fantastico narrativo è una conseguenza logica di ciò. Trovo, fondamentalmente, che nel reiterarsi della natura umana contemporanea in contesti fantastici, ci sia un affascinante possibilità di capire a fondo l'essere umano. La realtà la vedo tutti i giorni, il fantastico diventa invece un bel modo di mettere alla prova dei personaggi in situazioni differenti.