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I segni del cuore (CODA), una voce unica | Recensione

Metà dramma e metà commedia, le interpretazioni dei protagonisti nel linguaggio dei segni rendono questo film una gemma da guardare

Il titolo originale de I segni del cuore è CODA, acronimo di Child of Deaf Adults. La protagonista Ruby Rossi infatti è l’unico membro della sua famiglia udente e ha una passione sfrenata per il canto, che vuole diventi il suo futuro. Il film accompagna la protagonista mentre insegue il suo sogno, come molti film che prima di lui hanno conquistato giuria e pubblico al Sundance Festival. Ma la quotidianità della famiglia e le interpretazioni sublimi dei suoi membri, tre dei quali sono parte della comunità sorda americana, mostrano un ritratto originale che riesce a farci ridere, imbarazzare, esultare, piangere. Ve lo diciamo già prima di iniziare la recensione: guardate I segni del cuore (CODA).

Dopo aver incantato il Sundance Festival e aver debuttato su Apple TV+ negli Stati Uniti la scorsa estate, il film arriva in Italia distribuito da Eagle Pictures. Eviteremo di fare spoiler in questo articolo, ma sentitevi liberi di scriverci cosa ne pensate nei commenti.

La recensione de I segni del cuore (CODA)

Prima ancora di vedere Ruby Rossi (Emilia Jones), sentiamo la sua voce. Sta cantando sulla nave della sua famiglia, che abita nella città costiera di Gloucester, in Massachusetts. Suo padre Frank (Troy Kotsur) e il fratello Leo (Daniel Durant) stanno lavorando con lei ritirando il pesce che hanno appena pescato. Ed è solo quando scendiamo dalla barca e vediamo come sia difficile vendere il pescato a un prezzo decente che ci rendiamo conto che la famiglia di Ruby è culturalmente sorda.

Seguiamo poi Ruby a scuola, dove conosciamo la sua amica Gertie (Amy Forsyth) e vediamo che si invaghisce per Miles (Ferdia WalshPeelo). E proprio per stare vicino a lui (o forse è solo una scusa), finisce per iscriversi nel coro scolastico, gestito dal maestro Bernardo Villalobos (Eugenio Derbez). Che vede in Ruby un grande talento, tanto che pensa che il canto possa essere il suo futuro.

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Il resto del film tiene in mano tutti questi fili. Da un lato, c’è la storia dell’amore di Ruby per la musica (e per Miles). Dall’altro, una storia di provincia in cui i pescatori devono organizzarsi per resistere alle tariffe impossibili e riuscire a far sopravvivere la comunità. Ma soprattutto vediamo il rapporto di Ruby con la sua famiglia, l’aspetto meglio riuscito del film. Perché riesce a mostrare in maniera originale come la famiglia di Ruby (presto conosciamo anche sua madre Jackie, interpretata dal premio Oscar Marlee Matlin) abbia gli stessi problemi e le dinamiche già viste in mille famiglie sul grande o piccolo schermo. Litiga sempre con il fratello, ma si proteggono e adorano ferocemente. La madre vuole proteggerla e a paura di perderla. Il padre imbarazza la ragazza ma al tempo stesso la ama più della sua stessa vita.

Ma se vediamo la normalità di questa famiglia culturalmente sorda, scopriamo anche una serie di problematiche uniche della loro condizione. Dai problemi sul lavoro fino al recital alla scuola di Ruby, dove la regista Sian Heder gioca uno dei suoi trucchi migliori.

La forza di un cast eccellente

Leggendo un po’ di retroscena prima di stilare questa recensione, abbiamo letto due punti interessanti su I segni del cuore. Il primo che si basa su un film francese chiamato La Familie Bélier. Il secondo è che i produttori avevano dapprima contattato Marlee Matlin, unica attrice culturalmente sorda ad aver vinto l’Oscar nel 1987 per Figli di un Dio minore. L’attrice ha insistito perché tutti i personaggi non udenti fossero interpretati da attori sordi, usando i propri contatti al Deaf West Theatre di Los Angeles per trovarli.

Dopo ‘centinaia di audizioni’, la regista ha trovato anche Emilia Jones, che ha allentato le proprie doti canore e ha studiato il linguaggio dei segni americano (ASL) per nove mesi.

La famiglia Rossi sullo schermo ha una chimica perfetta. Anche quando litigano sentiamo l’amore di uno per l’altra. Tutti i dialoghi in linguaggio dei segni americano sono sottotitolati. Ma se avete bisogno di leggere per cogliere le sottigliezze del dialogo, quello che dicono sta tutto nei gesti e negli sguardi.

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Sono tutti incredibili, con Emilia Jones che merita una menzione particolare per come riesce a tenere unita una trama che in certi punti si perde un attimo con la sua interpretazione genuina. Durant incarna la frustrazione del suo personaggio alla perfezione, come se avesse un contatto diretto con le emozioni del pubblico, e Matlin azzecca ogni scelta in un’interpretazione mai banale ma precisissima. Ma Kotsur finisce per rubare la scena, facendoci ridere in ogni scena, tranne in quel paio in cui ci fa piangere senza ritegno.

Eugenio Derbez fa quello che può per rendere più originale il personaggio del maestro di musica, che però è un ruolo motivazionale che abbiamo visto troppe volte in troppi film con protagonista un’adolescente. Ferdia Walsh-Peelo interpreta un ‘interesse amoroso’ originale ma con poco da dire, mentre Amy Forsyth riesce a brillare con il poco tempo datole a disposizione.

C’è anche Kevin Chapman nel ruolo di Brady, l’unico pescatore con un nome. Ma sta così poco sullo schermo che abbiamo fatto in tempo solo a pensare “uh, è quello di Person of Interest”.

Un film che rischia di essere scontato, salvato da una famiglia che sembra vera

Avremmo voluto fare solo complimenti a questo film, perché finendolo avevamo stampato sul volto un sorriso, che può arrivare solo dopo essersi asciugati le lacrime. Ma vorremo fare una recensione onesta e dobbiamo ammettere che I segni del cuore (CODA) ci ha fatto più volte arricciare il naso.

L’evolversi della trama lo abbiamo visto un milione di volte. Durante l’introduzione del maestro Villalobos dice qualcosa tipo “vediamo se siete qui perché avete talento o perché avete visto troppe puntate di Glee“. E la verità è che questo film in molti versi ripercorre i dramedy scolastici che Glee ha raccontato con discreto successo. Abbiamo promesso che non faremo spoiler, quindi ci limitiamo a dire che non brilla per originalità nell’intreccio.

Ma se la storia d’amore e ricerca del proprio sogno musicale sono già state sentite, la genuinità dei rapporti fra la famiglia Rossi è qualcosa che merita di essere visto e rivisto. Come abbiamo detto, il cast funziona alla grande. Ma sono anche le scelte della regista Heder che ci sono sembrate efficaci. La prima volta che siamo a casa dei Rossi sentiamo il padre che pulisce il grill in maniera rumorosa, con Ruby che ‘fugge’ al frastuono mettendosi le cuffie. E la madre la rimprovera, perché è maleducazione quando sono a tavola. Un ritratto famigliare che mostra chi sono e le dinamiche che hanno fra di loro in maniera efficiente e non banale.

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Fra le mura di casa Rossi e sulla barca, il film è pieno di questi momenti originali, ben diretti, ben recitati. Tanto che il climax emozionale della vicenda arriva in un modo che non ci saremmo mai aspettato (capirete di cosa stiamo parlando dalle lacrime che vi riempiranno gli occhi). Peccato solo che la stessa originalità ed efficienza narrativa non ci siano anche nelle altre scene.

Nonostante questo, il film ci ha conquistato. Il tono da commedia drammatica ‘speranzosa’ e la voce di Emilia Jones soddisferanno chi cerca un film che fa piangere ma lascia di buon umore. Le ottime performance del cast che interpreta la famiglia Rossi incanteranno chi adora i film di qualità. Il risultato è un film che ci sentiamo di consigliare veramente a tutti.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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