Il famigerato Extended Cut di Mass Effect 3 ha finalmente visto la luce. Da poco, il 26 giugno, è disponibile per il download (eccettuati gli sfortunati possessori europei di Playstation 3, che per ragioni misteriose dovranno attendere fino ai primi di luglio). Come sapete, il DLC gratuito è stato la risposta della Bioware e della Electronic Arts alla gragnuola di critiche, minacce, pretese da parte di un allarmante numero di fan scontenti del finale originale del gioco, che si sono sentiti traditi, abbandonati e frustrati.
Abbiamo giocato all'Extended Cut, ma non vogliamo dilungarci sul contenuto. Diremo soltanto (e visto che diremo cose, da qui in avanti SPOILER ALERT) che il nuovo finale è ben riuscito, gustoso, emotivamente soddisfacente. Chiude i buchi di trama più evidenti: si sa che fine fanno i propri compagni, si giustifica la “fuga” di Joker, si rende più evidente che i portali galattici non scatenano esplosioni apocalittiche in tutta la galassia. Concede più libertà di azione nel dialogo con il Catalizzatore, facendo più chiarezza sugli angoli oscuri del vecchio finale e dando al giocatore la tanto agognata possibilità di mandare allegramente a quel paese il dannato moccioso. Depenna i tre famigerati filmati con l'esplosione colorata, e li sostituisce con cinque nuove e soddisfacenti cinematiche. Fornisce una panoramica sul destino della galassia, fornendo più informazioni sulle conseguenze della scelta compiuta sulla Cittadella. E con buona pace di molti, sembra smontare in via sostanzialmente definitiva la teoria dell'indottrinamento. Insomma: il DLC è precisamente quello che la Bioware aveva promesso che sarebbe stato, né più né meno.
Quello su cui vogliamo dilungarci, però, ora che i giochi sono fatti, è l'impatto che questa storia ha avuto ed avrà nell'industria del videogioco. A nostro modo di vedere, tale impatto sarà catastroficamente negativo, per almeno due grandi ragioni.
Primo: questa storia costituisce un precedente pericoloso. Il messaggio che si ottiene dalla conclusione (se lo sarà davvero) di questa vicenda è che se un numero abbastanza grande di fan frigna a voce abbastanza alta, le case di sviluppo (o più probabilmente di distribuzione) se la faranno sotto e decideranno di sottostare alle richieste (anzi: pretese) dei fan. Non era mai successo prima, o comunque mai in una produzione di questo livello e di questo grado di ambizione. Spesso viene citato come precedente il DLC Broken Steel di Fallout 3, ma è improprio. C'è una differenza fondamentale, ed è questa: Broken Steel è a pagamento, l'Extended Cut no. Non è differenza da poco: nel primo caso si è comunque all'interno della normale e sana dialettica fra autore e consumatore, nella quale il primo fa bene a prendere in considerazione i commenti e le critiche del secondo, ed in base ad esse modula il successivo contenuto che propone. E' successo tante volte anche alla Bioware stessa, senza andare troppo lontano: il DLC di Mass Effect 2, L'Ombra, è stato creato proprio in seguito alla sonora protesta dei fan per la quasi totale mancanza di Liara nel gioco. Ma L'Ombra era a pagamento. Nel caso dell'Extended Cut questa dinamica autore-consumatore va a farsi friggere e viene sostituita da un'altra, malsana e pericolosa: il consumatore ha preteso di detenere il diritto di imporre il suo malumore sull'autore, il quale è tenuto a correggere il tiro. Questo non avviene in nessun altro medium: dopo aver visto un film deludente non si scrive al regista “non mi è piaciuto, cambialo”; al massimo, si scrive “non mi è piaciuto, fai schifo”. Questo precedente ci appare abominevole e pericoloso, e speriamo con tutto il cuore che non si ripeta.
Secondo: la questione più importante è però un'altra, su un piano diverso. Da ormai anni si fa che parlare di videogiochi ed arte, ci si riempie la bocca con rivendicazioni altisonanti, si lotta per far sì che il medium videogioco sia considerato a buon diritto un prodotto culturale non diverso dagli altri, anziché un semplice prodotto di consumo, un giocattolo che si usa col televisore. Questa storia, secondo noi, ha portato indietro questa battaglia sacrosanta di almeno un decennio. Con quale coraggio si potrà oggi sostenere che un videogioco possiede una dignità artistica pari a quella di un film o un romanzo, dopo un episodio in cui l'autorità del creatore sulla sua opera è stata presa e scagliata fuori dalla finestra? Gli sviluppatori della Bioware hanno abdicato la propria paternità sulla loro opera, sebbene siano riusciti a limitare i danni, per così dire. E' stato sbagliato da parte dei fan pretendere che si cambiasse ciò che non era piaciuto, perchè significa che i fan non hanno rispetto per l'autorità (e l'etimologia è significativa) che un autore ha sulla propria opera. E' stato sbagliato per gli sviluppatori piegarsi a queste richieste, perchè significa che loro stessi non rivendicano pienamente quell'autorità. Sentiamo già diverse obiezioni: Mass Effect è un gioco di ruolo profondo in cui le scelte del giocatore hanno un'importanza fondamentale. Vero. Ma questo non rende il giocatore uno degli autori, non più di quanto il lettore di un libro game sia l'autore di quel che sta leggendo. Oppure: anche nel settore cinematografico avvengono cose simili: del Signore degli Anelli e di mille altri film esiste una versione estesa, George Lucas continua a mettere le mani su Guerre Stellari, Ridley Scott non ha avuto scrupoli nel cambiare anche di molto il senso di Blade Runner aggiungendo scenette qua e là. Vero. Ma pensate cosa vuol dire: che esista una versione “director's cut” di un film diversa da quella proposta al pubblico significa che il regista ha lasciato che si manipolasse la sua opera trasformandola in qualcosa di diverso da quello che lui davvero voleva. E' vero che capita, ma non è certo qualcosa che approviamo. E Guerre Stellari? Beh, lì il discorso è diverso, anzi, in certo modo prova quel che stiamo dicendo. Proprio le indesiderate, detestate, agghiaccianti modifiche che George Lucas, avversato in maniera unanime da tutti i suoi fan, insiste nell'effettuare sulla sua creatura dimostrano che lui, e lui solo, è l'autore.
Insomma. Se vogliamo che i videogiochi si spingano ad essere qualcosa di più di un prodotto di consumo, se vogliamo che le parole “arte” e “cultura” possano stare nella stessa frase in cui c'è la parola “videogioco” senza che suonino ridicole, se vogliamo che prodotti ambiziosi come Mass Effect possano essere presi come sfolgorante esempio della maturità del medium, dobbiamo farlo seriamente. Anche se significa ingoiare qualche delusione. Ci rattrista profondamente che Mass Effect non sarà ricordato per la prima scena di sesso maturo e consapevole nella storia dei videogiochi, o per la sua regia senza precedenti, o per la storia, l'ambientazione e i personaggi che finalmente rivaleggiano e addirittura surclassano i kolossal di Hollywood, ma per la vittoria dei fan frignoni. Lo stesso Extended Cut, se fosse stato rilasciato normalmente -cioè a pagamento- o spontaneamente, avrebbe potuto segnare un traguardo splendido, ossia un finale in cui l'eroe è sconfitto e i cattivi trionfano, ovvero la prevalenza dell'arte sulla logica del Game Over. L'occasione è persa, e la ferita aperta brucerà ancora per molto.