Nel corso della Milano Art Week al Museo Nazionale Scienza e Tecnologia di Milano si è tenuto un incontro con Angélica Dass, artista brasiliana autrice di Humanæ. Si tratta di un progetto attualmente esposto nel laboratorio di Genetica della struttura, che partendo da un’idea semplice crea una profondissima riflessione sulla nostra società.
Humanæ, tra foto, Pantone e scienza
Come ci ha raccontato Dass, tutto parte da una domanda inopportuna: “Di che colore sarà la pelle dei vostri figli?“. Spesso l’aveva sentita quando stava insieme all’ex-marito, dalla carnagione molto più chiara di quella dell’artista. E così decise di fare una foto a sé e al compagno, cercando il colore Pantone corrispondente a ciascuno. Forse la risposta a quella domanda si trovava nel mix tra i due.
Poi però ragionando sulle regole della genetica si rese conto di come un’influenza potesse venire anche dai rami più alti dell’albero genealogico. E così estese il progetto alla sua famiglia, che come ha descritto in maniera straordinaria aprendo la conferenza, è “ricca di colori“. Da lì, non si è più fermata, raccogliendo negli anni migliaia e migliaia di scatti di persone da tutto il mondo.
Il processo di ciascuno di questi scatti è molto simile e spesso realizzato in sessioni aperte, a cui chiunque può partecipare. Ciascuno dei soggetti passa circa un quarto d’ora insieme ad Angélica Dass, di cui i primi quattordici minuti sono interamente dedicati alla conversazione e al conoscersi. Solo nel finale c’è un rapido scatto, costruito però a partire proprio da quella chiacchierata.
Successivamente si passa alla composizione. Lo sfondo viene dipinto del colore Pantone (un vero e proprio “linguaggio dei colori“) più adatto e indicato anche nella parte bassa del riquadro. E come si sceglie quale sia? Semplicemente ‘pescandolo’ dalla punta del naso. Una zona che è al contempo rappresentativa, ma che può spesso cambiare per condizioni atmosferiche, emozioni, stato di salute e altro. Un aspetto che conferma il concetto fondamentale di Humanæ.
Il colore della pelle è un costrutto sociale
Parlando del suo lavoro con i bambini (che sia attraverso laboratori o un libro dedicato) Dass ha spiegato di partire sempre da una domanda: “Avete mai visto persone dalla pelle effettivamente bianca, nera, rossa, gialla?“. E la risposta è chiaramente no, come poi viene sottolineato dalle opere dell’artista.
Humanæ diventa così una celebrazione dell’unicità di ciascuno di noi, elevandola a fattore chiave dell’esperienza umana. Un concetto che si concretizza ulteriormente ancora una volta nei laboratori con i più giovani, in cui chiede di creare la tonalità per lo sfondo del proprio autoritratto a partire dai colori primari. Un modo per testimoniare come pur partendo dagli stessi elementi, ciascuno di noi sia davvero unico.
E questa idea si vede a colpo d’occhio osservando una qualsiasi delle opere del progetto Humanæ. Un mosaico che riunisce tantissimi dei singoli riquadri (composto con grande cura e attenzione da Dass) che mostra una varietà eccezionale, dove lo sguardo può spaziare in tante direzioni differenti trovando ogni volta un aspetto interessante su cui concentrarsi.
A coronamento di tutto, nell’archivio in continua crescita dell’artista sono presenti naturalmente foto di persone con la stessa tonalità Pantone della pelle. Al contrario di quanto ci insegna la società però, ci sono diversi casi in cui questa comunanza si ritrova fra persone di etnia differente. L’ennesima conferma di come certe idee non siano altro che un costrutto sociale e che l’unicità dell’essere umano è difficile da inquadrare in determinate categorie.
Humanæ è un percorso da esplorare
L’idea alla base di Humanæ è quella di superare gli stereotipi che abbiamo a qualche livello interiorizzato, che siano culturali, sociali o di genere. È un’esperienza eccezionale trovarsi davanti alle opere di Angélica Dass e avere quel colpo d’occhio immediato. Un’aggiunta importante e consigliatissima all’offerta del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia di Milano.
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