Si avvicina sempre di più la cerimonia di consegna degli Academy Awards. I vincitori degli ambitissimi premi Oscar saranno infatti annunciati fra poco meno di un mese, la notte tra il 24 e il 25 febbraio. Per questo motivo stanno piano piano arrivando anche nelle sale italiane i principali titoli candidati a uno o più riconoscimenti. Pochi giorni fa è stato il turno di Green Book, protagonista della recensione di oggi.
Il film di Peter Farrelly è candidato in ben 5 categorie agli Oscar 2019, tra cui spiccano Miglior sceneggiatura, entrambe quelle attoriali maschili e soprattutto Miglior film. A giudicare dalle reazioni di pubblico e critica sin dal suo debutto durante lo scorso Toronto International Film Festival sembra che abbia anche buone possibilità di vincere.
Ma è davvero così? E soprattutto meriterebbe questi riconoscimenti? Parliamone insieme in questa recensione di Green Book.
Di cosa parla Green Book?
Tony ‘Lip’ Vallelonga è un buttafuori tra i più duri e apprezzati della New York degli anni ’60. È un uomo scaltro, dotato di un appetito incrollabile e un vero duro quando serve. Quando tuttavia il principale night club per cui lavora deve chiudere per alcune ristrutturazioni, Tony si ritrova temporaneamente senza lavoro e deve rapidamente trovare un impiego per sostenere la propria famiglia nei due mesi di disoccupazione.
Don Shirley è un grande pianista afroamericano, che ha studiato in alcune delle più grandi scuole di musica in giro per il mondo. Incontra Tony mentre è alla ricerca di un autista (ma anche una guardia del corpo) che lo accompagni e lo tenga al sicuro durante una lunga tournée nel profondo Sud degli Stati Uniti. Questo viaggio sarà l’origine di un profondo rapporto tra i due, forgiato sulla strada indicata dal Green Book, una guida di viaggio per gli afroamericani diventata fondamentale negli anni ’60.
Il film di Peter Farrelly, regista insieme al fratello Bobby di scanzonate commedie come Tutti pazzi per Mary negli anni ’90, è una storia prima di tutto di amicizia. È il racconto di due persone molto diverse fra loro che le circostanze della vita portano ad avvicinarsi e che costruiscono un rapporto che farà crescere entrambi. Una storia ‘classica‘, certo, ma nel senso più positivo del termine: una di quelle narrazioni che non stanca mai, per quanto tu la veda.
L’amicizia tra Tony Lip e ‘Doc’ Shirley è appassionante e offre davvero tanti spunti di riflessione. Allo stesso tempo riesce perfettamente a intrattenere, condita com’è di qualche pizzico de La strana coppia e My Fair Lady. Mantiene comunque una sua identità ed è interessante come, nonostante quanto possa sembrare, l’evoluzione riguardi entrambi i protagonisti in egual modo.
“Occhi sulla strada”
Il meccanismo che sorregge la sceneggiatura di Green Book è, come dicevamo, perfettamente congegnato. Né Tony, né Doc sono dei personaggi assolutamente positivi all’inizio, tuttavia ci mettono pochissimo a conquistare lo spettatore e piano piano farlo affezionare alla loro storia. I loro difetti diventeranno oggetto di gag nel continuo contrasto tra le loro due forti personalità, ma saranno anche la base per la crescita dei due protagonisti.
Il viaggio nel profondo Sud degli Stati Uniti, ancora fortemente segnato dalle politiche segregazioniste porta alla luce i lati più oscuri dell’animo umano. Non si tratta solo del razzismo ‘evidente’ quello subito da Doc Shirley nei bar o negli alberghi che non lo accettano, o ancora dalle forze dell’ordine stesse. Green Book punta un faro ancora di più sull’ipocrisia di chi celebra pubblicamente il pianista, per poi discriminarlo ancora più duramente nel privato.
Forse si poteva fare di più, dando maggiore impatto ad alcune scene o semplicemente aggiungendone ulteriori sullo stesso tema. Tuttavia, le sequenze che sono presenti riescono assolutamente a passare il messaggio e a colpire duramente lo spettatore. Tra le più emozionanti, troviamo sicuramente il discorso di Doc Shirley sotto la pioggia, uno sfogo trattenuto per fin troppo tempo dal personaggio, che esplode in una potenza incredibile.
Ovviamente, colonne portanti di tutta la pellicola sono le due interpretazioni maschili, senza le quali il film perderebbe più di metà del suo fascino. Le performance di Viggo Mortensen e Mahershala Ali sono fuori scala, eccezionali, imperdibili. La chimica tra i due è perfetta e restituisce un’immagine bellissima e coinvolgente del rapporto tra i due personaggi, spingendo anche alla commozione sul finale.
Pareri finali
Green Book è una storia toccante ed emozionante, raccontata con uno stile leggero, ma non per questo inefficace nel passare un profondo messaggio di rispetto e tolleranza. I due protagonisti sono davvero eccezionali e regalano al pubblico due delle migliori interpretazioni della stagione.
Non stupisce assolutamente che sia uno dei principali protagonisti di questa Award season. Resta da vedere se riuscirà a sbancare agli Oscar 2019 portandosi a casa qualche premio di peso, sebbene la concorrenza (anche nelle categorie attoriali) sia piuttosto agguerrita.
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