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Encanto, il nuovo musical animato targato Disney| Recensione

Ecco cosa ne pensiamo del nuovo e coloratissimo film d'animazione Disney

Disney ci porta in Colombia per il suo 60esimo Classico Encanto, che ci ha incantato (scusate, troppo facile) con i suoi colori e il ritmo delle canzoni scritte da Lin-Manuel Miranda. Un vero e proprio musical animato più che un film d’animazione con qualche canzone orecchiabile, che riesce a usare la magia Disney per raccontare del rapporto fra i membri di una famiglia che ci sembra subito di conoscere. Un film che rischia di far piangere anche i genitori o i parenti che accompagnano i bambini al cinema. Vi raccontiamo (senza spoiler) cosa ne pensiamo di Encanto in questa recensione.

La recensione di Encanto: la famiglia al centro

Mirabel fa parte di una famiglia magica, letteralmente: i Madrigal. Una forza antica dona un potere unico a tutti i membri della famiglia, che ricevono il proprio regalo soprannaturale quando sono ancora bambini, direttamente dalla ‘casita‘ magica in cui abitano. Basta toccare la maniglia di una porta perché la casa, che è senziente e piena di magia, dia un potere incredibile. La superforza, la possibilità di far nascere fiori ovunque, quella di parlare con gli animali. Persino quella di vedere il futuro.

Mirabel spiega tutta questa dinamica magica in una esplosiva canzone iniziale, per poi arrivare ad ammettere contro voglia che lei è l’unica senza questo potere. Ma questo non significa che non sia speciale. Con l’aiuto della ‘casita’, un vero e proprio personaggio in questo mondo fantastico, si dimostrerà fondamentale per il futuro della sua famiglia.

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Una famiglia con personaggi davvero magici

L’animazione Disney ha fatto una transizione al 3D ormai da anni, ma non ha perso il suo stile unico nel realizzare i personaggi graficamente. Mirabel ha gli occhi grandi di tutte le principesse Disney (anche se lei non ha sangue reale), oltre al sorriso carico di speranza che ci fa subito fare il tifo per lei. Ma si vede che gli animatori diretti da Bryon Howard e Jared Bush, con la co-direzione di Charise Castro Smith, hanno prestato moltissima attenzione nel realizzare i personaggi di questo 60° classico Disney.

Mirabel non ha il look delicato ma un po’ generico che spesso le protagoniste Disney hanno avuto nel passato. Dalla punta dei capelli all’orlo della sua colorata gonna non rappresenta un finto ideale di bellezza, ma una sua versione più reale e più genuina. Anche la ‘perfettissima’ Isabela si scosta dai dettami Disney più classici, con la forzuta Luisa che offre un esempio di femminilità che di solito non vediamo nell’animazione di Topolino.

Ma la complessità dei personaggi non si vede solo nell’estetica. Rispetto alla stragrande maggioranza dei classici Disney, qui non abbiamo un cattivo facilmente identificabile e da detestare. La famiglia, oltre ad avere poteri diversissimi e perfetti per le gag visive, ha caratteri diversi e variegati. Che quindi si scontrano, come succede in tutte le famiglie anche reali.

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I conflitti nascono da qui, dalle aspettative che i personaggi hanno dei propri familiari e da quelle di cui si sentono investiti. La magia serve solamente a delineare meglio questi problemi, che sono molto ‘normali’ e suscitano la nostra empatia.

Tanto che nello scrivere questa recensione ci siamo domandati se Encanto piacerà di più ai bambini o agli adulti che li accompagnano. Il peso delle responsabilità familiari di solito arriva più avanti, quando si compiono le prime scelte nel mondo degli adulti. Ma forse come il piccolo Antonio anche i bambini più piccoli riescono a capire quanto questi conflitti siano fondamentali, sebbene appaiano di portata minore rispetto ai conflitti che di solito ci presentano i film Disney.

Recensione di Encanto: un musical animato

Noi abbiamo apprezzato molto l’impegno dimostrato dal team di questo film animato Disney di voler “abbassare i rischi” e rendere il conflitto al centro di questo film familiare, in tutti i sensi del termine. Ma ancora di più ci è piaciuto come lo hanno fatto.

Quasi tutti i classici Disney hanno canzoni e numeri musicali, ma questo è uno dei pochi a essere strutturato davvero come un musical. Non solo perché ci mostra i conflitti interni dei personaggi soprattutto attraverso le canzoni di Lin-Manuel Miranda, ma anche per come configura questi momenti musicali. Le coreografie sono ricche di cambi di scena, spesso sfruttando tecniche più teatrali: occhio di bue su chi canta, personaggi secondari che fanno i cori nello sfondo e altro ancora. Non qualcosa di assolutamente nuovo, ma di grande effetto artistico.

Ma ciò che ci ha stupito in positivo sono le canzoni in sé.

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Siamo molto parziali al lavoro di Miranda: adoriamo Hamilton e In The Heights, ci troviamo spesso anche a canticchiare le canzoni di Oceania. Quindi ci rendiamo conto che potremmo essere prevenuti. Ma dall’altro lato, proprio per questo pensiamo di essere stati più esigenti nel valutare il suo lavoro in questo film animato.

Infatti, se la prima canzone di presentazione ha giocato bene fra ritmo e comicità, la seconda non ci ha particolarmente colpito. È la classica canzone “voglio di più” da principessa Disney, nella melodia quanto nel testo. Ma una volta superato il primo atto, il livello si alza davvero.

Mischiando i bassi da hip-hop con le melodie sudamericane, marchio di fabbrica di Miranda, ci siamo ritrovati a battere il piede a ritmo e canticchiare il ritornello dopo pochi secondi. Ogni canzone rivela il personaggio in maniera intima, ma senza rinunciare a essere divertente e ad avere un ritmo originale, che non abbiamo mai sentito in un film Disney.

Se dopo le prime canzoni avevamo pensato che Miranda avesse ceduto allo stile Disney, alla fine del film abbiamo invece capito che l’amalgama fra le due sensibilità ha portato qualcosa di nuovo e davvero interessante. Anzi, pensiamo che le canzoni dell’autore di Hamilton abbiano influenzato la trama del film, non solo il contrario.

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Il 60esimo film d’animazione Disney è familiare, ma nuovo

La decisione di far nascere il conflitto dentro la famiglia, invece di inventare un’altra magica minaccia esterna, sembra una decisione fresca per Disney. Che secondo noi funziona alla grande, grazie soprattutto alla caratterizzazione unica dei personaggi, aiutata da una colonna sonora che conferma il genio assoluto di Lin-Manuel Miranda.

Ma come detto, non possiamo scrivere una recensione di un film come Encanto senza dirci che, con ogni probabilità, non siamo noi il pubblico di riferimento per questa pellicola. I film Disney coinvolgono tanto i bambini quanto i nonni che li accompagnano. E sospettiamo che per i più piccoli (e anche per qualche adulto che preferisce narrative più dirette), questo conflitto intergenerazionale fra i membri della famiglia Madrigal possa risultare meno ‘epico’ del solito. Ma dall’altro lato, siamo certi che ci saranno altri grandi e altri piccoli che apprezzeranno molto questo cambio di passo.

Il film non è perfetto, ma ha un carattere tutto suo, che emerge benissimo dall’animazione e dalle scelte musicali. Se ogni tanto la trama più familiare sembra sforzarsi troppo per restare dentro la ‘casita’ (che per quanto magica, è uno spazio confinato), il film ha abbastanza cuore da farci passare oltre questi problemi di ritmo.

Anche Frozen aveva un dramma famigliare al centro, ma aveva anche un cattivo contro cui puntare il dito e una trama strutturalmente più classica. Encanto fa il passo successivo, raccontandoci una realtà che ogni adulto conosce. I veri nemici sono le incomprensioni, le aspettative mal riposte. Disney in qualche modo ha reso questa normalità magica e splendida in Encanto. Che non forse non è una storia per tutti. Ma nessuna storia è per tutti. Questa di sicuro ha cuore (e ritmo) da vendere.

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Stefano Regazzi

Il battere sulla tastiera è la mia musica preferita. Nel senso che adoro scrivere, non perché ho una playlist su Spotify intitolata "Rumori da laptop": amo la tecnologia, ma non fino a quel punto! Lettore accanito, Nerd da prima che andasse di moda.

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