Come ogni anno, siamo arrivati anche nel 2022 all’Earth Day, o Giornata della Terra, dove si celebra il nostro pianeta, l’ambiente e la sua salvaguardia. Ma come siamo messi nella lotta al riscaldamento globale e al cambiamento globale, la minaccia probabilmente più importante e grande che l’umanità deve affrontare entro la fine del secolo?
Il punto della situazione per l’Earth Day 2022
Per farci un quadro generale della situazione possiamo usare il rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), il principale organismo internazionale per la valutazione dei cambiamenti climatici. Il sesto report, uscito quest’anno e che potete leggere qui con le varie spiegazioni date da diversi scienziati italiani, è da subito chiaro su un fatto: non siamo sulla buona strada per limitare il riscaldamento climatico a 1,5°C.
Traducendo: la comunità scientifica ha identificato nella soglia di 1,5 °C, inteso come aumento medio delle temperature rispetto all’epoca pre-industriale, il limite entro il quale i cambiamenti climatici saranno presenti, importanti, gravi, ma comunque relativamente gestibili e controllabili. Purtroppo le emissioni medie annuali continuano invece ad aumentare, e la prospettiva per il 2100, se continueranno ad aumentare anche dopo il 2025, è di un riscaldamento medio di 3.2 °C.
Per limitare il riscaldamento a 1.5°C sarebbero necessari cambiamenti massicci e rapidi, dovuti anche al fatto che nei decenni passati si è temporeggiato e ora il lavoro da fare è molto più concentrato. Le emissioni globali di gas serra, idealmente e con queste premesse, dovrebbero avere il picco massimo entro il 2025 per poi diminuire, arrivando entro il 2030 a dei livelli più bassi di quelli del 2019 di almeno il 43%.
Idealmente, l’obiettivo zero emissioni nette, dove ovvero tutte le emissioni sono eliminate o compensate, dovrebbe essere raggiunto entro i primi anni del 2050. Uno scenario complessivo purtroppo abbastanza irrealistico, dato l’attuale andamento.
L’Italia del futuro
Sempre il rapporto IPCC identifica quattro rischi-chiave per l’Europa e l’Italia, con gravità dipendono dal livello di riscaldamento globale che avremo in futuro. Il primo rischio riguarda le ondate di calore, che già adesso colpiscono popolazioni ed ecosistemi ed è particolarmente rilevante per l’Europa Meridionale, di cui l’Italia fa parte.
Aumenteranno i problemi poi legati alla produzione agricola e alla scarsità di risorse idriche. Per quest’ultimo caso già oggi una domanda che supera la disponibilità. In maniera apparentemente paradossale, aumenterà allo stesso tempo la frequenza e l’intensità delle inondazioni, a causa del cambiamento delle precipitazioni e dell’innalzamento del livello del mare, con disagi e pericolo per le strutture e le persone che abitano sulla costa e vicino ai corsi d’acqua.
Non tutto è perduto
Cercando di guardare il lato positivo, sicuramente la consapevolezza e l’importanza delle tematiche ambientali sono molto aumentate sia da una punto di vista della popolazione che di rappresentanza politica. Dal 2010 tecnologie chiave come l’energia solare, l’eolico e le batterie hanno ridotto il loro costo (fino all’85%), diventando in diversi casi e regioni la fonte di energia più economica, oltre che più sostenibile.
Gli investimenti in questi settori sono ancora troppo pochi, ma i capitali globali sarebbero in teoria sufficienti per agire e limitare il riscaldamento a 1.5 o 2 °C. Tutti i settori, dall’energia, all’agricoltura ai trasporti all’edilizia, hanno già ora delle opzioni per dimezzare le emissioni entro il 2030.
Si stanno poi facendo passi avanti nel settore della Carbon Capture and Storage (CCS), ovvero tutte quelle tecnologie che permettono di sottrarre anidride carbonica dall’atmosferica e immagazzinarla, compensando quelle fonti di emissioni che non è possibile sostituire, sul breve termine o addirittura mai. Passi avanti che però sono molto contenuti e che non rendono pensabile un futuro ad emissioni nette zero senza comunque un enorme taglio del consumo di fonti fossili.
Le speranze quindi ci sono, ma per realizzarle è necessario ancora molto lavoro e, soprattutto, un impegno serio come politica, società, umanità nell’andare nella giusta direzione. In questo senso, ci riserviamo di aspettare il prossimo 22 aprile prima di adottare un atteggiamento ottimista.
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