Oggi, nel positivo e pittoresco scenario dell'Idroscalo di Milano, si sta svolgendo proprio mentre leggete queste righe (sempre che le stiate leggendo oggi, domenica 10!) il mirabolante Flugtag, organizzato da Red Bull: una grande sfida aperta a tutti coloro che si sentono abbastanza sicuri di sé per dimostrare di saper costruire un apparecchio volante rigorosamente antropopropulso, in cerca di gloria (o di un bagno). Una manifestazione così tanto stramba ed epica non poteva certo volare al di sotto del radar di Orgoglio Nerd, e infatti aspettatevi un gustosissimo report su queste pagine, e potete naturalmente seguirci fin d'ora sul nostro feed di Twitter e su Facebook.
Intanto, mentre i nostri intrepidi inviati sono in missione, in attesa di sapere di più sull'evento, approfittiamo dell'occasione per raccontare qualcosa sui veri pionieri dell'aviazione, i mitici fratelli Wilbur e Orville Wright.
Forse sarà una rivelazione per qualcuno di voi, ma i due NON sono appartenenti alla specie degli albatros, bensì purtroppo (sì perchè diciamocelo, sarebbe stato veramente spettacolare se due albatros avessero inventato il volo motorizzato!) sono degli esseri umani, nati verso la fine del Diciannovesimo secolo in una casa con una possente biblioteca e una madre appassionata di ingegneria.
Sfatiamo subito un altro mito, questa volta un bel po' più serio del precedente: i fratelli Wright non erano dei geni che hanno creato il volo grazie alle loro idee visionarie e rivoluzionarie che nessun altro nel loro tempo comprendeva o condivideva. Erano invece dei brillanti ingegneri, esperti, pazienti, studiosi, pionieri di un campo nuovo ma di interesse sempre crescente, con delle idee sì innovative, ma che derivavano da una fittissima conoscenza dello stato della scienza aeronautica a loro precedente. Insomma: non c'è stato nessun “eureka”, ma un'opera minuziosa e paziente di rielaborazione e di sperimentazione. Tutto questo lo diciamo non tanto per rapinare i fratelli dell'immagine poetica dei due rivoluzionari sognatori in grado di concepire e realizzare qualcosa di straordinariamente oltre il proprio tempo, ma anzi per rendere giustizia alla loro meticolosità e ai loro successi, quelli veri. Dire che gli Wright non fossero oltre il proprio tempo (e non lo erano: mentre i due erano al lavoro sui propri alianti, numerosi altri pionieri dell'aeronautica stavano conducendo i propri esperimenti altrove nel mondo) non vuol dire che non abbiano fatto la storia e lasciato tutti a bocca aperta, né che non abbiano avuto alcuna intuizione davvero originale. Ne hanno avute eccome, altrimenti non sarebbero riusciti a realizzare ciò che nessuno aveva ancora mai realizzato. E a discapito di contraddirci, aggiungiamo che in effetti i due hanno avuto anche il proprio piccolo “momento eureka” personale, che ha avuto un grande impatto sul lavoro loro e di tutti i loro colleghi. E' un aneddoto interessante e, crediamo, poco conosciuto, e lo condividiamo volentieri.
Prima di tutto è necessario dire che il lavoro dei fratelli Wright, quello con cui portavano a casa il pane mentre si dedicavano ai loro studi sul volo era… costruire e vendere biciclette. Anche quel campo aveva appena compiuto un balzo in avanti notevole, perchè si era appena riusciti a trovare il modo di costruire biciclette stabili con due ruote delle stesse dimensioni, e questo consentiva di superare lo scomodo e insicuro modello con la ruotona davanti e la ruotina dietro. Il settore era quindi in esplosiva espansione, e i due ci si sono tuffati a pesce. Fatta questa premessa, passiamo all'aneddoto vero e proprio: uno dei problemi irrisolti delle macchine volanti, all'epoca, era il sistema di controllo, ossia come virare quando si pilotava un aliante. L'idea che andava per la maggiore considerava le macchine volanti come posate su un piano singolo, non diverso dalla terraferma, solo in aria. Quindi, per cambiare direzione veniva considerato sufficiente “curvare”, ossia far ruotare la macchina volante attorno ad un perno immaginario posto in verticale al centro. Per gli Wright quest'idea non era convincente. A loro parere le macchine volanti dovevano, imitando gli uccelli, piegarsi da una parte o dall'altra, ossia rollare, per cambiare direzione. In fondo era un po' quello che si faceva anche in curva con le biciclette. Ma come ottenere questo effetto? Il “momento eureka” avvenne quando Wilbur, alambiccandosi il cervello, torse sovrappensiero il primo oggetto che si trovò in mano, ossia la confezione di una camera d'aria di uno pneumatico per biciclette. Quella torsione diede ai fratelli l'idea per il cosiddetto “svergolamento alare”, ossia della variazione d'assetto delle ali di un velivolo, del tutto simile ad una vera e propria torsione, che permise appunto di ottenere il rollio nei loro prototipi, caratteristica che gli altri pionieri concorrenti non si stavano nemmeno sognando.