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Doubt: il dolore è giapponese.

Internet brulica di video più o meno divertenti che ci mostrano show televisivi giapponesi in cui i protagonisti si fanno male. “Perché?” è la domanda che sorge spontanea dopo la perplessità e le eventuali  risate che scaturiscono durante o dopo la visione di tali spettacoli. Ebbene, non sapremo mai se la serie di umiliazioni, prove dolorose, scene insensate hanno un motivo sociologico o psicologico che vada oltre il compenso e la “gloria” di farsi vedere in tv. O meglio, non è questa la sede per discuterne. Noi vogliamo solo ricordarvi quanti e quali episodi di questo tipo sono degni di nota, ma per divulgazione, perché se c’è un merito in tutto questo è la creatività, chiamiamola così, degli autori, e noi vogliamo rendere omaggio anche a questo tipo di estro dell’Estremo Oriente. Takeshi's Castle insegna.
Tutti voi sarete sicuramente frequentatori assidui di youtube, pertanto vi sarete certo imbattuti almeno una volta nel celeberrimo programma Downtown no Gaki no Tsukai ya Arahende!! o semplicemente Gaki no Tsukai, show nipponico appunto, nel quale essenzialmente ci si fa male. All’interno della trasmissione ci sono varie tipologie di prove e le più ricorrenti, famose e dolorose sono innanzitutto i Batsu Games, che presuppongono una punizione a ogni errore commesso dai giocatori. L’episodio più noto è forse quello in cui i concorrenti devono ripetere uno scioglilingua in pochi secondi e se sbagliano o sforano dal tempo dato ricevono un sonoro colpo… in mezzo alle gambe. Ouch. 
La sotto categoria più famosa dei Batsu Games, con cadenza annuale, è il No Laughing Game: come si evince dal nome, scopo della prova è non ridere. Popolarissimo in rete è l’episodio in cui i gareggianti si trovano in un’aula scolastica e devono assistere a scene esilaranti come quella in cui un attore comico legge frasi in inglese neanche con un accento pessimo, ma proprio pronunciando cose insensate. Ogni volta che giocatori non riescono a trattenere le risate, vengono chiamati fuori dai banchi e sculacciati con un bastone di bambù. 
Il successo di questo genere di programma si evince dalle citazioni e dagli spunti presenti in molti fumetti, film, serie tv, come per esempio l’ottava puntata della quinta stagione di Supernatural dove i protagonisti si trovano a dover affrontare uno di questi famigerati show televisivi giapponesi, tra le risate del pubblico e il loro notevole disagio, il tutto contornato e farcito da colpi bassi e pubblicità di patatine di gamberi.
Questa inclinazione lesionista portata all’eccesso e con una tendenza più horror che umoristica, è espressa poi in un manga nel quale viene proposto un gioco inventato ad hoc, ma assai di moda nel Giappone fittizio della vicenda narrata: parliamo di Rabbit Doubt, che poi è il titolo del manga, conosciuto anche solo come Doubt, opera del 2007 di Yoshiki Tonogai e in Italia edita quest’anno da J-Pop. Inizialmente si tratta di un gioco per cellulare, in cui i concorrenti fingono di far parte di una colonia di conigli, ma tra di essi si nasconde un lupo sotto mentite spoglie. Turno dopo turno i conigli vengono ingannati, messi in difficoltà e uccisi dal lupo, mentre cercano di capire chi è l’infiltrato: ogni tentativo sbagliato è una morte nuova. Questo sarebbe un gioco tranquillo rispetto ai citati dolorosi game show, finché un gruppo di amici appassionati di Rabbit Doubt decide di incontrarsi di persona, e fra loro si cela un vero lupo che inizia a uccidere davvero i partecipanti. I sei protagonisti, tre ragazzi e tre ragazze, si risvegliano e recano  in maniera più o meno cosciente in un seminterrato di un edificio pieno di porte chiuse, apribili solo con i codici a barre “monouso”,  che scoprono misteriosamente impressi sul loro corpo. Si svolge così un gioco pericolosissimo e fatale di enigmi che porta verso un finale sempre più sovrannaturale che ben si discosta dalla semplice idea di un programma televisivo doloroso. Il dato inquietante è che molti lettori hanno chiesto se esista davvero questo gioco e dove ci sia la possibilità di metterlo in pratica. Per fortuna, sembra una moda relegata a pochissime realtà online e niente più. Ma alla luce di tutto questo, resta irrisolta la domanda “Ma perché diavolo devono farsi sempre così male?”.

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