La 79° Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia accoglie Fuori Concorso uno dei titoli più attesi della stagione. Stiamo parlando di Don’t Worry, Darling, seconda opera da regista per Olivia Wilde alle prese con un cast ricco di star. Noi eravamo presenti alla proiezione del film e siamo pronti a raccontarvi qualcosa su questo progetto. E ora via con la nostra recensione di Don’t Worry, Darling.
Don’t Worry, Darling: un mondo perfetto che mostra delle crepe
Alice e Jack sono una coppia innamoratissima, che sembra vivere la vita perfetta. Una grande casa, un buon lavoro (per lui), tanti amici come vicini che a loro volta vivono la vita perfetta. Un quadretto familiare che sembra uscito da un film di propaganda americana degli anni ’50. Feste, shopping, mai una nuvola in cielo. Insomma, un sogno.
Tutto questo è possibile grazie a Frank. È il fondatore della comunità idilliaca dove vive la coppia, una grande cittadina nel deserto, con tutti i comfort, nonché il capo dell’azienda dove tutti gli abitanti (maschi) lavorano. Una figura carismatica, idolatrata da tutti, più un profeta che un semplice dirigente.
Ma un’esistenza così perfetta porta, come spesso accade, delle crepe. Qual è davvero il lavoro che fanno Jack e tutti gli altri? Perché non si può uscire dai confini della città? Cosa significano certi eventi misteriosi nella città? Gli eventi porteranno Alice a indagare, per scoprire la verità dietro questa città ideale…
Quella di Don’t Worry, Darling è una storia sulla carta intrigante. Da una parte, un thriller con una vicenda appassionante da risolvere. Minuto dopo minuto, l’intrigo si fa sempre più fitto. Precipitiamo in una spirale dove siamo sempre più curiosi di scoprire quali siano i segreti della cittadina di Jack e Alice che si fa sempre più inquietante.
Dall’altra, un racconto che fin dal titolo promette di affrontare di petto un certo tipo di concezione della coppia e della famiglia. In quel “Non preoccuparti, cara” è contenuta tutta un’idea del marito come capofamiglia, che si occupa di portare a casa il pane mentre la moglie gestisce la casa. Un concetto che è importante decostruire e approfondire, oggi più di ieri.
Purtroppo però il film non va molto oltre queste premesse.
Un’opera vittima delle sue aspettative?
Come detto, questo era probabilmente uno dei film più attesi della Mostra, se non della stagione cinematografica che sta iniziando. Intorno all’opera si erano generate quindi grandi aspettative e curiosità, ma la cruda verità è che Don’t Worry, Darling è un film che non impressiona come si sperava.
Il concetto della cittadina ideale, perfetta, troppo perfetta, che nasconde un segreto è sì intrigante sulla carta, ma non è certo la prima volta che viene affrontato. Tanti sono stati negli anni film che ci hanno presentato sobborghi idilliaci simili (che fossero artificiali o ‘spontanei’). Anche I Simpson hanno ripreso l’idea in uno degli episodi più iconici, in cui Homer faceva la conoscenza di (Fr)Hank Scorpio e delle sue conoscenze sulle amache.
Sia chiaro: Don’t Worry, Darling non stiamo dicendo che sia un film prevedibile. La trama è decisamente coinvolgente e scoprire il mistero che si nasconde dietro la città è appassionante. Però al di là dei dettagli più minuti, la struttura generale del film è quella che è facile immaginare. E questo toglie potenza a tutto il racconto.
Lo stesso si può dire dell’aspetto più ‘sociale’ della pellicola. Non offre un grande approfondimento rispetto alla premessa e a ciò che si deduce da quella. Anzi, alcuni aspetti che avrebbero potuto offrire spunti ulteriori vengono appena accennati, senza esplorarli davvero.
Don’t Worry, Darling è un compitino, ma non molto di più
Forse quindi il grosso problema del film di Olivia Wilde sta proprio nel non essere straordinario (nel senso letterale di “fuori dall’ordinario”). Un buon thriller, ma nulla più con un grande mistero da risolvere che si svela passo passo con nuovi bizzarri avvenimenti, diretto in maniera degna e supportato da un cast all’altezza.
Grande merito va a Florence Pugh, che dà la migliore interpretazione del gruppo. Senza di lei probabilmente il film non starebbe in piedi e le va riconosciuto. Anche Chris Pine riesce a convincere in un ruolo più oscuro di altri della sua carriera. Harry Styles non regala la performance della vita – ed è un peccato, perché avrebbe potuto essere il ruolo che ne lanciasse definitivamente la carriera cinematografica – ma porta comunque a casa il risultato.
Qualche scricchiolio dal punto di vista della sceneggiatura rimane. Più ci allontaniamo dalla proiezione, più emergono dubbi su alcuni passaggi. Alcuni eventi restano senza spiegazioni (o solo parziali) facendo nascere il dubbio che manchino dei pezzi, rimossi nel montaggio o direttamente in produzione.
È ingiusto bocciare totalmente Don’t Worry, Darling. Cercando di essere il più oggettivi possibile, si tratta di una pellicola piacevole, con un cast in parte e solido. A fine proiezione però resta una spiacevole sensazione amara, per quello che il film prometteva di essere e che purtroppo non è stato.
- Roussos, Eleni (Autore)