Il 2019 è stato un anno interessante per le donne nel cinema, soprattutto quelle dietro la cinepresa. Analizzando i 100 maggiori film dello scorso anno (per incassi) il 10% è stato diretto da donne, più del doppio rispetto al 2018 e alla media dal 2007 ad oggi (Fonte). È presto per definirla una svolta, bisognerà aspettare qualche anno per valutare se questi circa 10 film sono una fortunata coincidenza o un cambio di passo, e a prescindere festeggiare un 10% lascia davvero molto amaro in bocca. Vale tuttavia la pena di parlare di uno dei generi che sta vivendo di più questo cambiamento, e dove forse si può evidenziare un vero e proprio trend: i cinecomic.
Sia il DC Extended Universe che il Marvel Cinematic Universe possono vantare i propri cinecomic al femminile, ma la DC c’è sicuramente arrivata prima con Wonder Woman, diretto da Patty Jenkins, che vede come attrice protagonista Gal Gadot. Dopo Wonder Woman è stato il turno dell’MCU nel 2019 con Captain Marvel. Codiretta da Anna Boden e Ryan Fleck questa pellicola si è distinta per una percentuale particolarmente alta di donne coinvolte nella produzione: dal cast alla sceneggiatura, fino alla colonna sonora. Dopotutto Marvel aveva parecchio da farsi perdonare. L’MCU esisteva già da oltre dieci anni, da pochi meno Vedova Nera faceva parte degli Avengers eppure ancora non c’era traccia di un film che la vedesse protagonista (ora sta arrivando, ma ce n’è voluto di tempo).
Infine arriviamo al più recente e “rosa” di tutti, e forse anche quello più interessante da discutere, Birds of Prey e la fantasmagorica rinascita di Harley Quinn, uscito nelle sale italiane da circa un mese. L’idea è sostanzialmente nata da Margot Robbie, interprete di Harley Quinn in Suicide Squad, che nel 2015 l’ha proposta alla Warner Bros. In un’intervista ha descritto la sua proposta così: “un film R-rated su una gang di ragazze fra cui Harley, perché ho pensato ‘ad Harley servono delle amiche’, a lei piace molto interagire con le persone quindi non fatele fare un film da sola”. Un’idea che rispecchia molto il risultato finale, e sulla quale la Robbie ha continuato a lavorare per tre anni, diventando poi co-produttrice del film.
Birds of Prey è quindi arrivato nelle sale, con Cathy Yan alla regia, in un periodo dell’anno non fortunatissimo per il cinema e accompagnato da un titolo che metteva decisamente in secondo piano il nome di Harley Quinn, il personaggio più riconoscibile dal grande pubblico. Warner Bros si è poi accorta dell’errore, e ha cambiato il titolo per molti cinema in “Harley Quinn: Birds of Prey”, ma probabilmente troppo tardi. Il film ha incassato a livello mondiale 191,2 milioni di dollari (dato aggiornato al 6 marzo 2020), a fronte di un costo di produzione di meno di 100 milioni di dollari. Un risultato non dissimile da Le Mans ’66 – La grande sfida, ad esempio, con un budget anch’esso di 100 milioni e $225.4 milioni di incassi. Perché soffermarci su questi dettagli? Perché Birds of Prey, a differenza di Le Mans ’66 – La grande sfida, è stato considerato un clamoroso flop per via dei suoi incassi. Quando al budget si aggiungono i costi di promozione e marketing, che raddoppiano circa i costi e si considera che un film come Birds of Prey punta a ottenere incassi interessanti (mentre Le Mans ’66 – La grande sfida puntava a raccogliere premi e riconoscimenti) è chiaro che BoP sia stato una delusione dal punto di vista economico. Al netto di ciò rimane tuttavia interessante la differente percezione del “flop”. Il pericolo è che questa percezione dia maggiore forza a quei produttori che si opponevano ai film con protagoniste (e registe e sceneggiatrici e altro ancora) donne perché considerati non remunerativi. Certo, Captain Marvel ha fatto più di un miliardo di dollari e WW è stato il maggior incasso DC per lungo tempo, ma basta un passo falso per farli tornare alla carica.
Nonostante Birds of Prey abbia ricevuto una buona risposta da parte della stampa e del pubblico, il flop ha legittimato tutta una serie di critiche da parte del fandom, che troviamo comuni a tutti i film con protagoniste femminili citati fin’ora. Una fra tutte queste critiche, e forse la più emblematica, riguarda l’aspetto fisico di Harley, che alcuni hanno trovato non sufficientemente “attraente”, rispetto ad esempio a Suicide Squad. Una critica che non aveva risparmiato nemmeno la Captain Marvel di Brie Larson, un anno prima.
Questa osservazione, per quanto non condivisibile, è sicuramente fondata su qualcosa di veritiero, ed è ciò che la rende particolarmente interessante. L’aspetto di Harley Quinn è molto meno sessualizzato perché Birds of Prey è un film scritto con una prospettiva femminile, in cui Harley non è oggetto di attrattiva per il protagonista, bensì una ragazza che (a modo suo) si diverte assieme alle sue amiche. Questo significa che ci sono film da donna e film da uomo? Che le donne pensano in un modo diverso che gli uomini non possono capire? No, significa che siccome la stragrande maggioranza dei registi sono uomini siamo abituati a vivere la prospettiva maschile sul mondo come quella neutra, e considerare qualsiasi altra prospettiva come “una cosa da donne”. Questo influenza la nostra critica, soprattutto quando non ne siamo consapevoli e quindi guardando un film notiamo qualcosa di strano, senza capire cosa sia. Birds of Prey è un film strano, in questo senso, come lo era Captain Marvel, e come si spera saranno tanti altri cinecomic d’ora in poi. Non stiamo dicendo che questa è la ragione del flop di Birds of Prey, ma è un esempio recente e molto calzante di tanti dei meccanismi che i cinecomics con protagoniste femminili vivono. Per questo ha senso parlarne. Non perché ogni film scritto, diretto e narrato da donne debba piacere a tutti da qui alla fine dei secoli, ma perché si tenga in mente questo cambio di prospettiva quando si entra al cinema.
Ci auguriamo che quel 10% con cui abbiamo aperto l’articolo sia il segno di un vero cambiamento positivo. Nel mondo dei cinecomic, sia DC che Marvel, molte delle prossime pellicole in arrivo saranno dirette da donne e con donne protagoniste (Black Widow, Wonder Woman 1984, Thor: Love and Thunder, Batgirl…) quindi il cambiamento sta arrivando e il mondo dei cinecomic, che lo ha già capito, potrebbe fare da traino . Ci auguriamo che d’ora in poi sempre più registi di film mainstream siano donne e facciano parte di minoranze, ma questo cambiamento non è gratis, essendo qualcosa a cui non siamo assolutamente abituati (di nuovo, stiamo festeggiando un 10%). Richiede uno sforzo e una consapevolezza che dobbiamo portare con noi assieme ai pop corn quando entriamo in sala, la consapevolezza che quanto abbiamo vissuto fin’ora non era la visione neutra. Piano piano arriveranno altri punti di vista e altri temi che fin’ora il cinema aveva trascurato. Non tutto deve piacerci, ma possiamo sforzarci di comprendere le motivazioni dietro alle cose che a prima vista ci appaiono strane. E chissà, magari un giorno ci saranno più di cinque donne nominate come registe nella storia degli Oscar.