Ho scoperto il complotto in una gelida sera di gennaio.
Me ne stavo sprofondato sotto il kotatsu nel mio piccolo
monolocale da sei tatami. Era una notte triste e solitaria.
L’avvento del nuovo millennio non mi dava alcuna speranza.
Avevo anche mangiato la tradizionale zuppa di mochi, ma
mi veniva da piangere lo stesso.
Ero un ventiduenne disoccupato che aveva abbandonato
gli studi e che sentiva dentro di sé solo il freddo tagliente
dell’inverno.
Nella mia stanza le pareti puzzavano di fumo, c’erano vestiti
sparpagliati alla rinfusa sul pavimento e c’ero io, in mezzo a
tutto questo sudiciume, che continuavo a sospirare «Aaah…»
Ma come ho fatto a ridurmi così?
Non facevo che pensare a questo.
«Aah…» E piagnucolavo.
Se non mi sbrigo a cambiare qualcosa nella mia vita, diventerò
un emarginato sociale. Resterò indietro, più indietro di quanto
non lo sia già, dopo avere abbandonato gli studi a metà, come un
fallito. Devo cercarmi subito un lavoro e tornare in carreggiata.
Però, proprio non ci riesco.
Ma perché? Perché no?
Facile. Perché io sono uno hikikomori.
Hikikomori. Il più scottante fenomeno sociale del momento.
Ecco, questo sono io.
Una categoria molto in voga sulla pagine di costume. Quello
sono io.
Stando agli ultimi dati, oggi in Giappone ci sarebbero
all’incirca due milioni di persone che vivono nella condizione
di hikikomori. Un numero impressionante. Secondo il calcolo
delle probabilità, quindi, ogni volta che si lancia un sasso per la
strada si potrebbe colpire uno hikikomori.
Ma no, non può essere. Loro non escono mai!
Be’, comunque…
Io sono parte di ciò che sta affliggendo il Giappone contemporaneo.
Una parte importante, un vero e proprio veterano.
Esco solo una volta alla settimana, quando vado al konbini..
[Estratto da] Welcome to the NHK – La Nascita del Guerriero di Tatsuhiko Takimoto – Edizioni J-Pop