Dopo aver parlato (qui) di Age of Ultron non ci potevamo credere quando abbiamo saputo che avremmo incontrato il suo regista; Joss Whedon è probabilmente nel suo momento di maggior popolarità, conosciuto dai fan fin dai tempi di Buffy, ha prodotto perle del calibro di Firefly o Dr Horrible, tristemente incomprese e cancellate dai canali di diffusione televisivi.
Dopo aver costruito una carriera creando personaggi molto spesso dotati di superpoteri (la stessa Buffy, River Tam…) si è finalmente trovato perfettamente a suo agio nel girare la sua versione dei Vendicatori.
In effetti non è certo la sua prima esperienza in casa Marvel. Forse non tutti sanno che dietro alla creazione della testata Astonishing X-Men c’era proprio lui, Whedon, che ha scritto i primi 24 numeri.
Whedon entra e sorride, con la beatitudine di chi annienta pacificamente il tuo personaggio preferito, ma è talmente gentile e affabile che gli perdoni tutto.
Si rivela per l’uomo adorabile e di una calma da “celestiale” (…)
Qualche appunto biografico: l’Italia non è un luogo ignoto per il regista, l’adolescente Whedon trascorreva con la madre le estati in Italia, in un paesino dalle parti di Cortona. Quando poi è andato alla ricerca di una location adatta, il castello di Bard si è rivelato il luogo perfetto.
D’altra parte siamo così accoglienti e affabili da queste parti…
Le riprese in effetti sono spettacolari e a quanto scopriamo sono stati utilizzati dei droni, in particolare nelle scene riprese in Corea e in Gran Bretagna. Dei giocattoli davvero fantastici, se non usati per bombardare persone. E hanno permesso di girare delle scene che altrimenti non sarebbe stato possibile ottenere in quel modo.
Così anche nel secondo capitolo dei Vendicatori il risultato è davvero ottimo, fedele allo “spirito Marvel” con cui Whedon dichiara di sentirsi a proprio agio. Spirito che consiste nella possibilità di giostrarsi tra tanti generi diversi; così come è presente l’elemento politico, o la fantascienza, tutte all’interno della stessa storia.
È evidente come sin da piccolo Whedon sia stato un avido lettore di fumetti e lo rivendica più volte con orgoglio.
È evidente come sin da piccolo Whedon sia stato un avido lettore di fumetti e lo rivendica più volte con orgoglio.
Questi supereroi sono personaggi già pre-esistenti da decenni, con una grande passato alle spalle; la vera sfida è consistita nel non stravolgerli ma arricchirli. Come con la Vedova Nera, a detta del regista, uno dei suoi personaggi preferiti in quanto si tratta del membro della squadra fisicamente più debole e dal passato oscuro e doloroso.
Tutti aspetti che si prestano a una scrittura decisamente interessante, che ovviamente a tratti può scoprire il fianco a svariate critiche.
Ma la ricerca è tensione verso l’epico divertimento.
Senza spoiler: tantissimi personaggi si avvicendano nell’ultimo capitolo di casa Marvel, ma è una scelta ben consapevole, dovuta alla volontà di coinvolgere dei personaggi che non amino incondizionatamente da subito gli Avengers. La tensione verso l’espansione piuttosto che la concentrazione sui personaggi già noti consente di creare tensioni interne, mettendo in difficoltà i nostri eroi, senza che siano sempre accettati acriticamente da tutti.
Quando si fa un film derivato da un libro o da un fumetto, spesso viene criticato aspramente per ogni licenza e libertà che l’autore si è preso rispetto all’originale. Ma fa parte dei giochi; sarebbe meglio adottare una prospettiva più ampia: il mondo del fumetto e del cinema possono convivere pacificamente, influenzandosi e costruendosi a vicenda. Non esiste la situazione in cui un particolare arco narrativo venga ostacolato dal film o viceversa. Certo, è bene che rimanga una certa coerenza dei personaggi, ma se qualcosa di nuovo nasce nei film può tranquillamente confluire nel fumetto e viceversa. Non sono mondi in conflitto, anzi possono completarsi vicendevolmente.
È vero qui Ultron viene costruito da Tony Stark e non da Ant Man, ma è davvero un dettaglio così compromettente?
Qualcuno ha individuato Ultron e Visione come alter ego di Tony Stark; la dinamica che Whedon ha voluto ricreare è in qualche modo familiare. Visione è la realizzazione del progetto di Stark, nella stessa misura in cui un figlio agli occhi del genitore è il futuro, la versione migliore di se stessi.
In chiusura si è parlato della ormai nota tendenza di Whedon a usare spesso gli stessi attori. Ecco come si è dichiarato: “un tempo cercavo di non coinvolgere sempre gli stessi attori. Non volevo che sembrasse sempre che si trattasse di una festa a casa mia. Poi ho fatto un film che era una festa a casa mia. Col tempo mi sono reso conto è importante lavorare con persone che sanno fare bene il proprio lavoro e con cui ci si intende e allora perché non affidarsi a quelle persone?”
Come dargli torto.
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Io spero che questa maggiore coralità venga mantenuta anche dai prossimi film Marvel (magari “Black Panther” e “Dottor Strange” in maniera minore, visto che sono ancora abbastanza isolati, e quindi servirà un po’ di presentazione prima di integrarli), Whedon in questo film ha mostrato che sono chiaramente gestibili, anche personaggi che appaiono solo per un paio di scene, se nei momenti giusti, hanno comunque l’effetto di ricordare che è un universo vasto e che anche altro sta accadendo.