Un ultimo viaggio ad Atlantide e dintorni, per chiudere un capitolo. Aquaman e il regno perduto non è infatti solamente il nuovo film dedicato a questa incarnazione del personaggio, ma anche l’ultimo del “vecchio” universo DC. Quello che qualcuno definì Extended, qualcuno SnyderVerse, qualcuno a un certo punto anche Worlds of DC. Un saluto al passato che arriva senza fanfara, senza grande campagna promozionale e – diciamolo – senza una vera attesa del pubblico, che sta già nel migliore dei casi guardando al futuro.
Aquaman e il regno perduto, di cosa parla il nuovo film?
Sono passati diversi anni da quando Arthur Curry ha definitivamente assunto il suo ruolo da supereroe, ma soprattutto da Re di Atlantide. Vive una vita tranquilla, combattendo contro i pirati, gestendo le noiose questioni burocratiche imposte dal suo ruolo e soprattutto ritrovando quell’equilibrio familiare che ha cercato fin da quando era bambino. Ma naturalmente tutto questo non può durare per sempre.
Qualcuno sta riemergendo dal suo passato, che non ha dimenticato quanto fatto da Aquaman e ancora esige vendetta. E nel portare avanti i suoi piani, fa riemergere qualcos’altro dal passato, questa volta non di Arthur ma del suo Regno, Atlantide. Un segreto oscuro, dimenticato negli eoni del tempo, che metterà in pericolo l’intera umanità.
Il nuovo film di Aquaman nasce chiaramente con l’idea di creare un “more of the same”, un secondo capitolo di uno dei principali successi del franchise (fu il primo a sfondare il miliardo di dollari al box office internazionale). Si tratta di una nuova avventura che riporti in scena il personaggio, mostrando tutto ciò che il pubblico ha amato del primo.
C’è ancora il concetto di film d’avventura e caccia al tesoro in giro per il mondo. C’è ancora la grande mitologia del Regno Sommerso da espandere. Non manca neanche l’umorismo, affidato soprattutto al protagonista, ancora più comico che nel primo capitolo.
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Tutto scappa però di mano. La storia si riempie di nuove parti, con tante tematiche affrontate (dal riscaldamento globale al conflitto con la superficie), qualche tentativo di essere meta e un tono che salta continuamente dal comico al drammatico, riuscendo solo in parte in ciascuno. In pratica, se si potevano vedere degli echi di Indiana Jones nel primo Aquaman, in questo nuovo film ci sono più che altro echi di Indiana Jones e il regno del teschio di cristallo.
Uno ci prova anche a non pensarci, ma…
C’è poi la grande questione della posizione di Aquaman e il regno perduto come ultimo film di un universo narrativo che si è chiuso (almeno) mesi fa e andato avanti in “esercizio provvisorio”. Un aspetto che andrebbe lasciato fuori dalla sala, che sia una visione per piacere o per una recensione. Ma è il film stesso che in qualche modo continua a ricordarcelo.
Non perché ci sia qualcosa nella narrazione che accenni a una chiusura, sia chiaro. Anzi è assolutamente evidente come questo fosse un film che si costruisce sull’idea di avere dei successi prima di sé e di creare a sua volta opportunità future.
Tuttavia c’è sempre quella sensazione che tutto sia stato completato solo perché la lavorazione e gli accordi erano troppo avanti per rinunciarci del tutto. E quindi sì, finiamolo, ma non stiamo proprio a pulire ogni angolo, che domani questa casa la lasciamo a qualcun altro.
Questo è particolarmente palese nella cura degli effetti speciali. I fili che si vedono citati nel titolo di questa recensione, non sono da intendersi in senso letterale, ma quasi. La CGI di gran parte della pellicola è evidentemente su un livello inferiore rispetto a quanto possa offrire il genere, tanto più in un universo come quello di Aquaman così carico di opportunità.
E i fili, in maniera ancora più metaforica, si vedono anche in rapporto ad altre questioni dietro le quinte. Perché tra le tante difficoltà che hanno colpito Aquaman e il regno perduto c’è stato anche tutto il caso relativo ad Amber Heard. È difficile credere che il ruolo originale del personaggio di Mera fosse quello che vediamo sul grande schermo ed è viceversa (fin troppo) facile notare le scene in cui l’attrice è sostituita da una controfigura.
Aquaman e il regno perduto chiude la porta in silenzio
Il nuovo film di Aquaman è un’opera che si rivolge a un pubblico che non esiste. O meglio, che avrebbe potuto esistere e che per un attimo sembrava anche stesse per nascere, ma che purtroppo non si è mai concretizzato. Un pubblico che creasse un piccolo culto intorno se non all’universo DC, quantomeno all’eroe acquatico. Che citasse il film, che scrivesse fan fiction, che volesse sapere ogni virgola della storia di Atlantide. Quella stessa speranza che aveva dato il via libera a uno spin-off horror sui Trench, fermato prima che entrasse davvero in produzione.
Ora, rimasto l’ultimo a tenere la bandiera di un franchise alla sua conclusione e circondato da un pubblico che sta già guardando oltre, sceglie di non innalzarla. Di arrivare, fare quello che deve, inchinarsi e uscire dal retro del palco, in silenzio. In attesa del reboot.
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