Se avete seguito le mie avventure/disavventure sulla pagina facebook Furibionda, saprete certamente che ho trascorso alcune settimane in Cina, a Guiyang, capoluogo della provincia di Guizhou. Ma perché andare fin là? Vi sarete chiesti. I motivi sono molti, ma la ragione principale è quella di reperire più cose possibili per ultimare il mio libro Mi parli del Tutto.
Sì, ho scritto proprio “cose” infrangendo ogni regola di bella scrittura, perché all’inizio si trattava solo di approfondire uno studio ormai iniziato sette anni fa sul romanzo Viaggio in Occidente, ma col passare dei giorni e delle settimane mi sono accorta che quello che stavo facendo era una ricerca molto più vasta e onnicomprensiva.
Ma questa è una rubrica sul trash!
Sento già qualcuno che protesta.
Vero e infatti ho colto con gioia tutti i frutti dal grande albero del cattivo gusto, ma del trash vero made in China vi avevo già parlato a suo tempo; sicuro le chicche non sono finite, né smetterò di raccontarvele. Vi posso dare intanto qualche assaggio dal grande paniere di nuove entrate, come i nomi di negozi che vogliono suonare occidentali e un po’ copie di marchi famosi (come Engbanboy con il logo di un coniglietto) oppure i tentativi di cucina fusion che fanno approdare mango o durian sulla pizza.
Tuttavia, pur rimanendo fedele e affezionata alle varie meraviglie trash che questo Paese è in grado di offrire, ci sono altre ragioni, un po’ più profonde, che mi hanno spinta a recarmi fin là.
L’ispirazione è senza dubbio quel che cercavo tra le montagne e i templi che almeno in foto comparivano in questa regione che non avevo mai visitato prima. D’altro canto però, avevo bisogno anche di ulteriore materiale, più recente e approfondito rispetto a quanto avevo già raccolto.
La realtà è stata, com’è naturale, un po’ più complessa del previsto, ma in mezzo a tutto mi sono accorta di alcune pieghe della scrittura che prima non avevo mai scorto.
Partiamo dalla mia borsa per esempio: non mancano mai quaderno e penna (meglio se entrambi buffi) perché mi piace appuntare idee, ispirazioni momentanee e piccoli eventi. Eppure redigere qualcosa in maniera strutturata è un’altra faccenda.
Quando scrivo, indipendentemente dall’argomento, lo faccio solo dopo varie ricerche, o molto più spesso, continuando a cercare e cercare informazioni sul tema.
Lì era certo il posto migliore dove attingere le nozioni di cui avevo bisogno, eppure, qualcos’altro è successo.
Ho fatto visita al tempio di Confucio di Guiyang. Edifici in perfetto stile, statue imponenti, un museo nuovissimo e interattivo, tante ricostruzioni del tempo, moltissime informazioni e citazioni rimaste indelebili nella scuola del pensatore cinese, che tuttora influenza fortemente la mentalità e l’educazione di questa nazione. Durante la visita, mi ha particolarmente colpito un pensiero della filosofia confuciana riguardante la creatività e la conoscenza, ossia che piuttosto che cercare di perseguire la prima, è molto meglio coltivare e raccogliere la seconda.
Sul momento ho solo pensato che era un po’ strano come pensiero, lontano dal nostro eterno elogio all’estro, ma in fondo in fondo, l’eterna secchiona che è in me ha un po’ gongolato. Una volta tornata nella mia stanza, ho iniziato a scrivere e subito però mi sono bloccata perché non avevo abbastanza informazioni a mia disposizione ancora.
Cambio scena, stessa città, visita a una montagna popolata per lo più da turisti e scimmie in libertà.
Il luogo ideale per scherzare sullo Scimmiotto e fare tante foto ridicole senza aspettarmi di vivere niente di più che sano divertimento.
All’improvviso, gli alberi si diradano, i macachi dispettosi spariscono, i turisti urlanti si spengono: nessun annuncio, nessuna spiegazione, solo un tempio buddista immenso, dal quale si propagano colonne di incenso profumato, il tempo scandito da rintocchi di campane e un richiamo genuino alla preghiera e meditazione.
Non so quanto tempo abbia trascorso al suo interno, ma quel che è certo è che quando sono rientrata in camera a scrivere, mi è sembrato di sapere un po’ meglio quel che stavo facendo.
Naturalmente non basta una passeggiata tra scimmie e incensi per raggiungere un qualche tipo di illuminazione, né una grossa e rassicurante statua di Confucio è sufficiente per comprendere anche solo lontanamente quel che è il frutto di migliaia di anni di tradizione.
Tuttavia nell’immenso mare di contraddizioni della Cina, a volte la magia sta nel trovare una barchetta fatta di precari equilibri tra fogli non ancora scritti e libri da leggere.