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Magic the Gathering: vent’anni e non sentirli

Facciamo una premessa importante: chi vi scrive gioca ininterrottamente a Magic: The Gathering dalla prima espansione del ciclo di Invasione (per gli spiritosi, “ininterrottamente” nel senso che non ha saltato neanche un'espansione, non che sta giocando non stop dal 2000). Chi vi scrive ha quindi avuto modo di vivere una fetta importante della storia del gioco di carte e di vederne molte delle sue evoluzioni sia dal punto di vista grafico, che di gioco, che di narrativa, che di rapporto con i giocatori stessi.
Detto questo, passiamo alla domanda che sta alla base di questo articolo, che è questa: come sta Magic the Gathering?
Magic è un gioco ormai vecchiotto, ha ormai compiuto i suoi (primi) vent'anni, ed è quindi tempo di bilanci: quanto bene è invecchiato? Non vi costringiamo a leggere tutto l'articolo per arrivare alla risposta, anche se speriamo naturalmente che lo facciate lo stesso: la risposta, per quanto ci riguarda, è un sonoro benissimo.
Dal punto di vista del gioco vero e proprio, i ragazzi dell'R&D sono riusciti a pulire e perfezionare tutto l'accrocchio di regole che nelle lontane origini del gioco erano talmente poco usate da non suscitare grossi problemi, ma che man mano che il tempo passava, e nuove carte venivano stampate, e nuove meccaniche venivano inventate, stavano crescendo fino a rendere tutto il gioco poco chiaro e molto contorto. L'opera minuziosa di streamlining del gioco si rivelava quindi sempre più preziosa: dall'introduzione di nuove keyword al maggiore controllo dei tipi di creatura passando per una più precisa gestione della color pie, più il gioco è cresciuto più paradossalmente è diventato snello e agile. 
Come nessuno si sorprenderà di scoprire, naturalmente, buona parte dei giocatori non ha accolto queste piccole e grandi modifiche positivamente, anzi. Il coro di critiche all'introduzione di keyword come cautela “a che serve? Basta scrivere che attacca senza TAPpare!”, velo “a che serve? Si può scrivere tranquillamente che non può essere bersaglio di magie o abilità!”, legame vitale “questa è pure dannosa, perchè nella forma estesa è cumulabile, mentre ora non più!” è risuonato fragoroso ogni volta che la Wizards andava ad aggiustare qualcosina qua e là, e per quanto ci riguarda questo atteggiamento non è solo miope (ora si può, ad esempio, far guadagnare o perdere cautela ad una creatura con una sola riga di testo invece delle CINQUE che servivano prima) ma anche fastidioso: i giocatori di Magic tendono, più spesso che no, ad avere un atteggiamento vittimista e da bastian contrari rispetto a qualunque novità introdotta nel gioco semplicemente perchè è una novità. Certo, qualche ragione ce l'hanno anche loro: quando i tipi di creatura non erano regolamentati si potevano trovare chicche come creatura-morto che cammina, mentre ora questo fantastico ed evocativo termine è stato ridotto al ben più misero creatura-zombie. E' innegabile che la gestione più stretta e convenzionata del regolamento ha condotto ad un Magic meno magico, ma il gioco in realtà ne ha guadagnato in leggibilità ed efficienza, e c'è solo da convincersi che in fondo è meglio così.
Lo stesso discorso si può fare riguardo tutto quello che circonda il gioco vero e proprio senza farne direttamente parte, ovvero il marketing (in senso lato), le iniziative, i prodotti periferici e corollari al gioco classico, dalle espansioni per multigiocatore ai videogiochi, dai deck-builder toolkit alle bustine plastificate ed i playmat originali. E' lo stesso discorso perchè anche in questo caso i giocatori più duri e puri ciclicamente insorgono, denunciando la commercializzazione del gioco, l'inutilità di tutti questi prodotti e minacciando di abbandonare per sempre Magic perchè “non è più come prima”. Quello che non capiscono è che non tutti i prodotti legati a Magic devono per forza essere diretti a tutti i giocatori di Magic: è chiaro che lo spike, cioè il giocatore da torneo, dei mazzi Planechase non se ne fa nulla, così come è chiaro che il giocatore che gioca da anni non troverà stimoli dei videogiochi della serie Duels of the Planeswalkers: sono prodotti pensati per altre categorie di giocatori, rispettivamente i giocatori da “tavolo della cucina”, che sono più interessati a giocare con gli amici, magari tutti insieme, piuttosto che a minmaxare un mazzo da torneo, e quelli che hanno iniziato da poco a giocare ed hanno piacere a farsi le ossa in un ambiente chiuso e controllato come quello dei videogiochi. Spendiamo una parolina in più su Duels of the Planeswalkers, visto che è stato da poco annunciato il prossimo capitolo della serie: si tratta di ottimi prodotti, pensati molto puntualmente per la fascia di giocatori che descrivevamo prima. E' vero che non si possono creare mazzi da zero, ma rendetevi conto che di giochi che vi permettono di fare questo già ce ne sono in abbondanza, ufficiali e non, gratuiti e non. Duels of the Planeswalkers si propone di essere un'altra cosa: un'eccellente introduzione al gioco in grado di divertire e di fungere da panchina di allenamento per tutti i nuovi giocatori, i quali verranno opportunamente ingolositi e spinti a cercare altre fonti dove quietare la loro sete di Magic e quindi verranno spinti verso il livello superiore. E' un bene che questi prodotti esistano, e facciamo notare che in una forma o l'altra sono sempre esistiti: chi ricorda il meraviglioso intro pack di Sesta Edizione, quello con il Rhox foil con il disegno alternativo? Siamo certi che i giocatori “esperti” di dieci anni fa si saranno lamentati dell'inutilità di quel prodotto tanto quanto quelli di oggi si lamentano per DotP. Eppure è stato proprio grazie a quello che molti hanno imparato a giocare, compreso questo redattore.
Insomma: Magic è bello perchè è vario. E' naturale che ogni categoria di giocatore ponga attenzione al suo “cortile”, cioè che i giocatori da torneo storcano il naso all'ennesima trovata per multigiocatore che la Wizards commercializza, o viceversa che i giocatori casual trovino ridicolo che una magia che fa scartare una singola carta al costo di due punti vita sia rara. Ma troviamo che la Wizards stia facendo un lavoro egregio nell'accontentare tutti senza infastidire nessuno. In conclusione, quindi, non possiamo che dichiararci più che soddisfatti della maturazione di uno dei nostri giochi preferiti: Magic sa cambiare dove serve, non ha paura di sperimentare e correggersi in corso d'opera ed è francamente incredibile come anno dopo anno l'R&D della Wizards sia in grado di stupirci ed esaltarci ancora sfornando idee nuove e davvero fresche. Coloro che seguono la scuola del “Magic non è più com'era quando ho iniziato, quindi non ci gioco più” non sanno cosa si perdono. Peggio per loro.

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Gabriele Bianchi

Lettore, giocatore, conoscitore di cose. Storico di formazione, insegnante di professione, divulgatore per indole. Cercatelo in fiera: è quello con la cravatta.

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Commenti

  1. Beh, a parte tutto il discorso sui whiners che si trova in qualsiasi ambiente, sono d’accordo che la Wizards abbia le palle quadrate per quanto riguarda magic. Anche se è un po’ che non gioco, seguo comunque le uscite, e con qualche alto e qualche basso, ogni nuova edizione ha qualcosa di interessante da proporre ^^

    e mi mancano le chiacchierate sulla color pie TT____TT

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