Ed eccoci a un altro speciale dedicato ai Nani dello Hobbit. Questa volta indovinate un po’…tocca al nano Bifur.
Bifur non è di sangue nobile, i suoi legami famigliari non sono nemmeno troppo chiari, di certo si sa solo che è il cugino di Bofur e Bombur.
Ha combattuto nella Battaglia dei Cinque Eserciti ed è sopravvissuto; gli è però rimasta una ferita di guerra: porta ancora conficcate in fronte dei pezzi dell’ascia di un Orco e come conseguenza di queste ferite, ha perso l’abilità della parola (eccezione fatta per il linguaggio segreto dei Nani).
Non può parlare ma può suonare, infatti il nano è un bravo musicista e il suo strumento è il clarinetto.
Per l’occasione dunque, ci concentreremo su questa passione di Bifur: la musica.
La musica è linguaggio universale, può essere potenzialmente capita da chiunque, e come vediamo anche in questo caso, chi ha perso la capacità di comunicare verbalmente non è ostacolato dal praticarla,anzi.
Fin dagli albori dell’umanità la musica è sempre esistita e archeologi e antropologi si sono trovati ad aver a che fare con strumenti antichissimi ricavati da tronchi d’albero, legnetti, ossa e sassi.
Il bisogno di creare suoni pare essere un elemento che l’uomo si porta nel suo bagaglio genetico da sempre.
Man mano che l’umanità si è evoluta, si sono evoluti con essa gli strumenti musicali, ma così la concezione della musica stessa, il suo studio teorico, e si sono cercate delle risposte per individuarne un’origine.
Chi è stato il primo uomo a suonare qualcosa? Come gli è venuto in mente?
Prima di arrivare a metodo scientifico, ricerca ecc.., l‘uomo queste domande se le faceva comunque, solo che le risposte tendevano ad essere un po’ più fantasiose.
I più bravi di tutti con le leggende erano i Greci, e per fortuna gli uomini che hanno popolato il mondo europeo medievale, erano ancora più bravi a trascrivere e registrare al meglio quello che i loro antenati ellenici, da cui pendevano dalle labbra, avevano detto.
La maggior parte degli strumenti musicali medievali (viella, flauti di varia foggia, liuti) derivavano proprio dagli strumenti musicali greci, come la lyra, la kithara e l’aulos.
Quindi le spiegazioni e i miti creati dagli uomini che abitavano sulla terra d'Egeo, ci sono arrivate grazie a questi pazienti copisti.
Tra i tanti miti creati per spiegare l'origine di quello che gli uomini avevano di più caro, ce ne sono di famosi e popolari, come quello della nascita dela lyra e dell'aulos, i due strumenti imprescindibili per la musica greca, e successivamente medievale, in forme diverse e più complesse (l'aulos evolverà in vari tipi di flauto, la lyra prenderà la forma di vari strumenti a corda quali arpe e lire).
Il mito sulla nascita della lyra vede protagonisti due fratelli: Apollo e Hermes.
Un giorno Hermes, il furbissimo dio dei ladri, rubò un’intera mandria di mucche ad Apollo, facendolo infuriare.
Dopo aver compiuto il misfatto, Hermes trovò una tartaruga con cui si mise a giocare per un po’, ma una volta stancatosi, la uccise e ne vuotò il guscio.
Al guscio vuoto fissò due bracci di canna tra i quali tese sette corde; pizzicando le corde, forse anche grazie al cruento sacrificio dell’animale, usciva un suono bellissimo. Allora il dio la regalò al fratello per farsi perdonare per il furto delle vacche, e così da quel momento la lyra diventò lo strumento sacro ad Apollo, dio della poesia lirica.
Invece l’aulos, un flauto a canna doppia, sarebbe frutto di una trovata della dea Atena che voleva imitare il canto di Medusa, di cui era molto invidiosa, non contenta di averla trasformata in un mostro orribile per la gelosia.
Ma una volta che si trovò a suonare sulla riva di un lago, vide il suo riflesso nell’acqua e si accorse di come il soffiare nelle canne le gonfiava le guance dandole una spetto ridicolo, cosa assolutamente inaccettabile per una dea.
Gettò via lo strumento, che fu però recuperato dal satiro Marsia, il quale ebbe l’infelice idea di sfidare il sopra citato Apollo in una gara di musica. Potete immaginare chi ne uscì vincitore (e comunque non sarebbe potuto essere altrimenti, dato che gli dei baravano), e per punire il perdente Marsia, Apollo lo scuoiò vivo, appendendone la pelle a un ramo come monito.
La pelle di Marsia pare continuasse a emettere suoni in balia del vento, come se il suo soffio nell’aulos potesse continuare anche dopo la morte.
Le cruente storie della mitologia classica furono tramandate lungo il corso del medievo per arrivare fino a noi, come testimonianza dell’importanza che quest’arte ha sempre rivestito e sempre rivestirà per l’uomo, in ogni sua forma e con qualsiasi strumento sia creata.
L’ambivalenza che la musica può avere, la sua capacità di suscitare turbamento e passioni (negative e positive) nell’uomo era ben presente agli antichi, come testimonia anche il mito di Orfeo: passaggio per mondi ignoti e sconosciuti, ottima compagna di viaggio verso l’aldilà o verso la ricerca che i nostri Nani e Bilbo dovranno intraprendere.
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