Nico lavora sodo per avere un fisico “perfetto” e non riesce a capire perché sua sorella Marisol non riesca a prendersi cura del proprio aspetto. Ma cosa succederebbe se il giudizio della società si ribaltasse, con Marisol che diventa una modella e Nico che diventa quella “sbagliata”? Ilaria Palleschi ha ribaltato il concetto di body-switching in Conforme, il suo graphic novel edito da Bao Publishing che ci ha raccontato in questa intervista durante la quale ci ha spiegato come ha creato questo mondo al contrario, partendo dall’analisi di quello in cui viviamo.
Ilaria Palleschi ci racconta Conforme | Intervista
Marisol ha ricevuto un invito da sua sorella Nico. Non per un caffè e quattro chiacchiere, ma per una lezione in palestra. Una palestra piena di poster motivazionali e discorsi che sembrano pensati apposta per mortificare Marisol, insicura riguardo al proprio aspetto nonostante l’amore di Livia e il supporto dei suoi amici. Ma non di sua sorella, che invece la lascia sola per allenarsi.
Un incidente, però, ribalta la situazione. Dopo una brutta caduta, Nico si sveglia in un mondo diverso dal nostro. Un modo dove le principesse delle favole hanno corpi rotondi e le streghe sono longilinee, dove i prodotti al supermercato si vantano dei grassi aggiunti e dove la prendono in giro per il suo essere magra. Non è più “in forma”, non perché cambi corpo ma perché la forma ideale diventa quella che ha Marisol.
Questa svolta permetterà a Nico di valutare in maniera diversa il mondo in cui vive. Ma soprattutto, le farà capire qualcosa di profondo su sua sorella e sul loro rapporto, qualcosa che va molto più in profondità della pelle a buccia d’arancia.
Un mondo al contrario, con due sorelle al centro
Con Conforme, Ilaria Palleschi ha scritto un libro dove ogni dettaglio è curato e scelto con intelligenza, e durante questa intervista ci ha spiegato come lo ha creato. Partendo da un percorso personale e uno studio attento delle dinamiche della nostra di società. Ma anche lasciando che le due sorelle al centro della storia prendessero il sopravvento, con il loro rapporto forte e complesso che le ha fatto ripensare la trama.
Abbiamo cercato di evitare di riportare spoiler per farvi godere questo graphic novel, anche se alcuni riferimenti sono inevitabili – ma non dovrebbero rovinarvi la lettura, consigliatissima. Noi l’abbiamo divorato alla prima lettura e apprezzato ancora di più nel rileggerlo dopo l’intervista con Ilaria Palleschi a Lucca Comics & Games, scoprendo le ragioni dietro ad alcune sue scelte. A cominciare da quella principale, che determina la struttura del graphic novel.
- Palleschi, Ilaria (Autore)
Ci sono tante storie di body-switching, dove due persone agli antipodi si scambiano il corpo per capire cosa prova l’altro. Invece, in Conforme i corpi restano gli stessi e cambia il modo in cui la società li giudica. Perché questa scelta?
Questo escamotage narrativo è tipico dei film di inizio millennio con cui sono cresciuta, come Freaky Friday. Lo trovo divertente e immediato, magari per qualcuno potrebbe essere un incipit semplice, ma per me è sempre efficace. Io, però, ho voluto cambiare la percezione della collettività, invece che invertire i corpi delle protagoniste.
Questo perché il problema, a parer mio, non è nell’individuo ma nella società. Bisognerebbe provare a mettersi nei panni di tutt* e non giudicare nessuno, a prescindere. Nel graphic novel, il modo più facile per farlo era ribaltare il problema perciò ho creato questo capovolgimento esterno.
Altrimenti si sarebbe rischiato di far passare il concetto che il problema era nel corpo, non nel giudizio.
Esatto. Far pensare che il problema fosse di quel tipo corpo o quell’altro tipo di corpo… Invece è problematico il fatto che la società ci dica che l’aspetto di qualcuno va bene, ma di qualcun altro no, quando in realtà ogni corpo è valido – questo è il messaggio a cui aspiro, spero che arrivi.
Arriva, si sente molto. Anzi, è un libro semplice da consigliare sia a chi sente il peso di questo giudizio sui corpi, sia a chi vorrebbe capire la tematica ma potrebbe spaventarsi davanti a discorsi complessi e termini tecnici.
Quando ne parlo durante le presentazioni o lo descrivo a qualcuno, tendo a mettere in chiaro i vari trigger warning, perché sono la prima che vuole rispettare la persona che ha davanti. Ho voluto mettere apposta alla fine del libro un piccolo indice di saggi che per me sono stati fondamentali per approfondire questi temi.
Un approccio a questo tipo di argomenti non è semplice: è un percorso e una scelta.
Con il mezzo del fumetto, magari, più persone potrebbero avvicinarsi a prescindere, che stiano vivendo un disagio o meno. “Conforme” vuole essere anche un richiamo all’empatia.
Come spiegavi, al termine di Conforme consigli alcuni saggi che parlano del tema centrale del tuo libro, ma hai forti ispirazioni culturali, ogni capitolo cita film e serie TV. Cosa ti ha aiutato di più a creare la storia di Conforme? Come hai bilanciato questi due elementi?
Ho cercato di studiare il più possibile per parlarne in maniera corretta, perché certi bias li interiorizziamo, e anche se involontario, c’è un forte rischio di usare male le parole – ero terrorizzata. Poi mi sono detta: “Ok, prova a parlare a te stessa”. La cosa bella di scrivere è che fai per te, ma poi ti trovi accanto a persone che leggono le tue storie e che, magari, hanno passato e vissuto le stesse emozioni. Quindi ho raccontato questa storia come mi sarebbe piaciuto sentirla, e soprattutto avevo bisogno di normalizzare il mio percorso: avevo bisogno di leggerezza. L’onestà è sempre la scelta migliore.
Mi sono ispirata alla mia adolescenza e ai film che vedevo in quel periodo, per me anche le commedie più esilaranti sono capaci di trasmettere un messaggio. Sono poi i lettori e le lettrici a trovare il valore nelle storie.
Nella storia seguiamo sempre il punto di vista della persona discriminata dalla società, prima Marisol e poi Nico. Perché?
All’inizio Nico doveva essere la cattiva. Poi mi sono posta il problema di scrivere un personaggio del genere, che nella mia testa è diventata un essere umano e quindi ho cominciato a empatizzare anche con lei. Mi sono chiesta se non stessi dando per scontato che persone che sono più o meno “conformi”, non abbiano gli stessi problemi che hanno tutti. Certo, in maniera diversa, perché sicuramente in questo mondo ha più privilegi una persona magra rispetto a una persona grassa.
Era un modo per mettere a confronto lo stesso problema, ma dal punto di vista di due persone diverse. Marisol è una persona estremamente sensibile, mentre Nico, convinta di voler essere perfetta a tutti i costi, ha un carattere deciso che però piano piano si sgretola nel nuovo mondo. Volevo raccontare come il giudizio a cui siamo sottoposti alla fine condiziona tutt*.
Livia e Luca sembrano gli unici nella storia ad aver capito come fuggire alla pressione sociale legata al peso. Cosa rende questi personaggi diversi?
Alcuni lettori mi hanno detto una cosa bella: Marisol potrebbe essere più felice di sua sorella avendo trovato delle persone importanti nella sua vita. Accanto a lei c’è Livia, che ha iniziato un percorso di consapevolezza. Ma, per citarla, è una strada che ha degli alti ma anche dei bassi profondissimi, io ad esempio mi rivedo un po’ in lei.
Luca, invece, ha una differenza importante: è un ragazzo. Storicamente il disagio legato all’aspetto è maggiormente femminile, per via delle imposizioni dei canoni di bellezza, però è sempre più evidente che stia iniziando a coinvolgere anche moltissimi uomini. E – scusa la battutaccia – ma forse quando sarà un problema debilitante anche per il genere maschile, inizieremo a prenderlo sul serio.
Nel graphic novel, sembra che ogni dettaglio imponga un’estetica precisa: i poster in palestra, i manichini nei negozi, persino le etichette al supermercato. Nella tua vita di tutti i giorni hai notato questi dettagli quando hai iniziato a scrivere questa storia? Oppure hai sempre riconosciuto questa pressione sociale?
Si notano, perché non siamo cieche. Sono talmente presenti, da sempre, che si tende a interiorizzare il disagio: è colpa mia se sono fatta in un certo modo. Ci vuole tempo a decostruire queste micro(manco tanto)aggressioni, per capire che si tratta di un problema più grande di noi, ma quando poi cominci a riappropriarti di te stessa è bellissimo.
Anche tramite un confronto con l’altro: io non direi mai a una mia amica o un mio amico che oggi è brutto e non vale niente. Quindi perché lo dico a me stessa? Quando ho cominciato a pensare davvero a me, ho provato a farlo come se fossi una mia amica, e mi sono resa conto di tutte le torture a cui mi sottoponevo per la cellulite, ad esempio. Ho provato a far tacere quella vocina nella mia testa mi diceva che era giusto tormentarmi “per il mio bene”, ma non si muore di buccia d’arancia!
È un modo per mascherare un giudizio fingendo un interesse per la salute?
Sì. Ci ho fatto davvero caso quando mi è capitata una situazione molto classica, che sarà capitata a molti, ovvero quando un’amica o un amico vive un periodo stressante e perde peso, e iniziano a scrosciare complimenti. Un giorno, invece di unirmi ai complimenti, mi sono avvicinata e ho solo chiesto all’amica in questione come stava, e lei – dopo avermi raccontato il momento terribile che stava passando – mi ha detto che era tentata di continuare a saltare i pasti visti tutti i complimenti ricevuti.
Nel libro c’è una citazione alla serie Fleabag: “Quanta gente scambierebbe cinque anni della propria vita in cambio di un corpo perfetto“. E, paradossalmente, ci dicono che devi avere il corpo perfetto per essere in salute, ma ci vendono la salute attraverso un marketing che ci avvelena.
Per chi l’ha vissuta in prima persona, la grassofobia ormai è talmente interiorizzata che basta davvero poco per generare dei comportamenti che poi la fanno perdere davvero la salute.
Ci mancherebbe: si sente che ti sta a cuore, è uno dei motivi per cui il libro è ben riuscito.
Conta che io non lo volevo scrivere perché mi vergognavo. Mi dicevo: “non posso ammettere al mondo che sono grassa”. Ma sono contenta di avere iniziato un percorso che mi ha fatto credere in me stessa. E così mi è venuta voglia di scrivere questo fumetto.
Meno male, altrimenti non saremmo qui a parlare di Conforme e delle ragioni che ti hanno spinto a scriverlo.
Non è facile perché servono le giuste coincidenze. Non a tutte e a tutti succede, purtroppo. Però, sono contenta ci sia ancora più attenzione. La grassofobia è arrivata solo di recente a essere inglobata nella discussione femminista. Ma grazie al concetto di intersezionalità, ormai ci sono (e seguo) tantissime attiviste meravigliose che se ne occupano.
Al giorno d’oggi sembra che sia cambiato il linguaggio (fat shaming, body positive), ma non la sostanza. Pensi che vivremo mai in mondo meno ossessionato dalla conformità dei corpi?
Penso che giudicare gli altri illudendosi di farlo per “il loro bene”, sia un tarlo difficile da eliminare. Però, da Millennial, vedo la Generazione Z molto più attenta, i giovanissimi si stanno riappropriando di una certa autodeterminazione che a me mancava. A partire da genere e identità sessuale, vedere questa sensibilità nei confronti di se stessi e degli altri, per me è una cosa salvifica. So che ci saranno persone sempre più gentili e consapevoli.
Forse dipende anche dall’età. In Conforme dicono a Nico “al liceo non ti importava del giudizio degli altri”. Anche io ero così, in quegli anni ho vissuto una bellissima ribellione adolescenziale. Crescendo, succede di rinunciare a una parte di sé, sentendosi poi meno unici e speciali. L’assurdità del voler essere conformi è che ci fa dimenticare di quello che ci rende diversi l’uno dall’altra. Che è una delle cose più interessanti: sai che noia essere tutti uguali.
La musica sembra giocare un ruolo importante nella storia, a volte nascondendo qualcosa (come quando Marisol va in bagno) e altre rivelando quello che provano i personaggi. Come hai scelto queste tracce?
Ecco, quella è proprio la parte adolescenziale di cui parlavamo. Ho messo i pezzi che ascoltavo da ragazzina, perché mi ricordano ciò che volevo realizzare.
Tutte le canzoni hanno un loro significato: per esempio, i Supertramp con Logical Song raccontano proprio l’assurdità del conformarsi. Quando invece arrivano Nico e i Velvet Underground con I’ll be your mirror, la questione diventa più didascalica. È stata una canzone che mi ha accompagnato nel momento in cui mi sono detta: “Io non tratto male una mia amica, perché allora tratto male me stessa?”.
Ho messo le due sorelle davanti allo specchio, una davanti all’altra, con gli stessi problemi. E oltre al giudizio nei confronti di loro stesse vedono anche l’amore che nutrono nei confronti dell’altra. Queste canzoni mi hanno aiutato ad aggiungere quel tocco in più che mi serviva.
Questa storia arriverà a lettori diversi in modo diverso, a seconda di come vivano il giudizio della società sul proprio corpo (o su quello di chi sta loro accanto). Cosa vorresti si portassero a casa?
Spero che arrivi una leggerezza che non venga scambiata per superficialità. Mi piacerebbe che il libro venisse preso come un primo passo per affrontare l’argomento, soprattutto per chi guarda questo problema da fuori o per chi ha appena cominciato un percorso.
Spero che quello che resti sia un messaggio di empatia. Smettiamo di giudicare i corpi, smettiamo di esprimere giudizi. E se viene di farli, magari prima fate un respiro. E magari, proviamo a chiedere più spesso “Come stai?”. Non ci vuole poi molto, a livello individuale.
Invece affrontare questo problema a livello di società è più difficile: se si pensa di trovare una soluzione immediata, si ha dato poco valore alla complessità della questione. Ma come diceva Toni Morrison “Vi state muovendo in direzione della libertà e la funzione della libertà è rendere liberi gli altri”. Io spero di aver dato un piccolo contributo in un mare di iniziative e impegni. Ma intanto, penso che avere le giuste persone attorno sia la migliore arma per difenderci.
Potete trovare Conforme di Ilaria Palleschi sul sito di Bao Publishing.
- Palleschi, Ilaria (Autore)
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