L’irreversibilità della morte, almeno in alcuni suoi aspetti, è stata messa in discussione da un nuovo esperimento. Utilizzando un nuovo sistema basato su sangue sintetico, i ricercatori sono stati in grado di riattivare gli organi di alcuni maiali dopo ore dalla loro morte.
Il sangue sintetico resuscita gli organi di alcuni maiali
La possibilità di riportare in vita un essere o almeno parte del corpo dopo la morte è un tema su cui gli scienziati lavorano da molto tempo, con successi alterni. Alla base del problema ci sono i danni causati alle cellule dalla mancanza di ossigeno. Quando il sangue smette di circolare, per un po’ gli organi possono sopravvivere grazie al sangue che già presente al loro interno. Quando però l’ossigeno trasportato dall’emoglobina finisce, inizia la degradazione, seguita dalla morte. Questo è un problema, oltre che per salvare il possessore di quegli organi, anche per quanto riguarda i trapianti, tra attesa e trasporto degli organi.
Per cercare di invertire o almeno arrestare questo processo, i ricercatori hanno provato a far ripartire la circolazione e quindi l’ossigenazione degli organi, anche attraverso sistemi artificiali di ECMO (Ossigenazione ExtraCorporea a Membrana), che estraggono il sangue, lo riossigenano rimuovendo anche l’anidride carbonica e lo reimmettono nel corpo. Il problema è che le cellule, dopo un po’ che non ricevono ossigeno, possono essere danneggiate anche dal riceverlo, in un fenomeno chiamato danno da riossigenazione. Il fenomeno è sia chimico che struttuale, con i vasi sanguigni più piccoli che collassano quando smette di circolare il sangue e non si si riprendono anche quando riprende la circolazione.
I risultati
Il nuovo studio, pubblicato su Nature, arriva da un gruppo di medici ricercatori dell’Università di Yale su 100 maiali recuperati da un allevatore locale. Con uno shock è stato indotto un arresto cardiaco negli animali, che sono poi stati lasciati morti per un’ora.
Dopo questo periodo di tempo, i corpi sono stati divisi in diversi gruppi, associati a due diversi sistemi di circolazione artificiale. Un gruppo ha utilizzato dei tradizionali sistemi ECMO. Un altro ha invece usato un sistema più innovativo, chiamato OrganEx e basato su sangue artificiale, mischiato in proporzione 1:1 con il sangue normale, contenente emoglobina sintetica e diverse molecole per la protezione delle cellule. Altri maiali non hanno invece ricevuto nessun trattamento, e sono stati usati come gruppi di controllo.
Dopo sei ore, i ricercatori hanno studiato i tessuti degli animali. Gli organi del gruppo ECMO ha presentato diversi segni di degradazione, con molti vasi più piccoli collassati. La storia è diversa per i maiali del gruppo OrganEx. In questo caso il cuore ha mostrato segni di attività elettrica, anche se parziali. In altri organi il metabolismo ha ripreso a funzionare, con una risposta al glucosio maggiore degli altri gruppi, e il fegato aveva prodotto più albumina. Alcuni organi, come i reni, hanno addirittura mostrato una riparazione a livello cellulare dei tessuti.
Il cervello, nonostante OrganEx abbia contribuito a preservarne l’integrità, non ha invece mostrato segni di attività. Sono stati osservati movimenti involontari di testa, collo e tronco dopo l’iniezione di un colorante di contrasto per visualizzare meglio il cervello. Gli scienziati pensano però che gli impulsi arrivino dal midollo spinale, piuttosto che dal cervello.
Oltre la morte cardiaca
Lo studio è la in realtà la prosecuzione di un lavoro fatto nel 2019 dagli stessi scienziati, che tramite il sistema BrainEx, predecessore dell’OrganEx, erano riusciti a rianimare il cervello di altri maiali quattro ore dopo la morte. Grazie ai risultati di questo studio, il team di ricerca ha poi pensato all’ultimo esperimento, puntano alla preservazione degli altri organi e mettendo in discussione il concetto di morte cardiaca.
Siamo ancora lontani dalla sperimentazione umana di questi sistemi, ma il passo in avanti, almeno per ambiti come i trapianti, è evidente. Questo sistema potrebbe essere infatti la chiave per mantenere più a lungo in vita e in salute gli organi da donare.
Il prossimo passo sarà quello di capire perché l’attività elettrica nel cervello è risultata assente. I ricercatori ipotizzano che tra i fattori determinanti potrebbero esserci la temperatura della soluzione (28 °C), più bassa di quella corporea, e la presenza di composti anestetici e bloccanti neuronali che potrebbero aver soppresso l’attività celebrale a prescindere dall’ossigenazione.
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